I buoni pasto rappresentano uno strumento fiscale e gestionale molto interessante, non solo per le aziende con dipendenti ma anche per liberi professionisti, titolari di partita IVA individuale e ditte individuali, che intendano ottimizzare le spese relative all’alimentazione durante l’attività lavorativa. L’evoluzione normativa e le recenti interpretazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate hanno consolidato questa possibilità, introducendo importanti novità e specifiche modalità di gestione fiscale in base al regime applicato. Comprendere le regole di deducibilità e detrazione applicabili ai buoni pasto per la propria attività è oggi decisivo sia per ridurre il carico fiscale sia per migliorare l’amministrazione delle spese professionali.
I buoni pasto sono titoli di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, che consentono a lavoratori, professionisti e imprenditori individuali di acquistare pasti pronti, alimenti e bevande presso gli esercizi convenzionati (bar, ristoranti, supermercati, take away, e-commerce di alimentari). La normativa di riferimento, con il Decreto MISE 122/2017 e successive modifiche, disciplina in modo preciso la definizione, le caratteristiche e i limiti di utilizzo, permettendo l’utilizzo massimo di 8 buoni per transazione giornaliera.
I buoni pasto non sono cedibili, non possono essere convertiti in denaro e devono essere utilizzati esclusivamente dal titolare. Una delle innovazioni più rilevanti introdotte nel 2025 riguarda l’applicazione estesa anche ai lavoratori autonomi senza dipendenti con partita IVA in regime ordinario o semplificato, riconoscendo la deducibilità del costo secondo limiti specifici. Inoltre, la Legge di Bilancio 2025 ha confermato le soglie di esenzione: fino a 8 euro al giorno per i buoni pasto elettronici e fino a 4 euro al giorno per quelli cartacei, con regole differenziate tra dipendenti e autonomi.
Il trattamento fiscale dei buoni pasto per titolari di partita IVA e professionisti varia in funzione del regime adottato e dell’eventuale presenza di dipendenti:
Per tutti, la deducibilità è subordinata all’effettiva inerenza della spesa, che deve essere collegata a esigenze lavorative documentabili, come trasferte, incontri con clienti o assenza della mensa aziendale.
È fondamentale conservare la documentazione (fatture, ricevute, attestazioni di pagamento), in quanto in caso di controllo dell’Agenzia delle Entrate, il professionista dovrà dimostrare la pertinenza della spesa rispetto all'attività svolta.
Per chi opera nel regime forfettario, invece, non è prevista alcuna deduzione analitica delle spese, inclusi i buoni pasto: il reddito imponibile è determinato applicando un coefficiente di redditività ai ricavi annui, a prescindere dai costi effettivamente sostenuti.
La possibilità di dedurre i buoni pasto dipende in modo sostanziale dal regime fiscale prescelto:
In caso di passaggio dal regime forfettario a quello ordinario, la valutazione circa la convenienza andrà condotta considerando il volume dei costi e il potenziale risparmio fiscale ottenibile tramite la deduzione dei costi professionali reali, come illustrato nell’analisi sulle variazioni di tassazione tra regimi fiscali.
I vantaggi dei buoni pasto per i titolari di partita IVA e i professionisti non si limitano agli aspetti fiscali. Dal punto di vista gestionale, offrono:
L’utilizzo dei buoni pasto contribuisce anche a una più chiara separazione tra le spese personali e quelle professionali, rafforzando l'affidabilità fiscale in caso di controlli e accertamenti.
Restano obbligatorie le buone pratiche di gestione documentale: la fattura d’acquisto deve essere sempre intestata alla partita IVA e il pagamento tracciato. Una registrazione contabile adeguata e la conservazione accurata della documentazione sono essenziali per usufruire negli anni dei benefici fiscali previsti.