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Buoni pasto a 10 euro, il vero guadagno non è tanto dei lavoratori ma delle lobby e aziende del settore

di Marcello Tansini pubblicato il
Lobby e lavoratori

Il beneficiario primario, il lavoratore, ottiene un vantaggio netto ma limitato: circa 2 euro in più al giorno di esenzione, che tradotti in termini annuali restano una somma modesta ma comunque positiva.

Nel disegno della Manovra 2026 il governo ha innalzato la soglia di esenzione fiscale dei buoni pasto digitali, portandola da 8 a 10 euro. Tale misura è stata messa in campo con l'argomentazione che l'inflazione alimentare e il costo medio della pausa pranzo - vicino ai 12,50 euro - avrebbero reso necessaria una correzione normativa. Nel contempo la soglia per i buoni pasto cartacei è rimasta ferma a 4 euro, a indicare una scelta netta verso la digitalizzazione del sistema e verso la migrazione dell'uso da “buono cartaceo” a “benefit digitale”.

Le società emettitrici, unite nell'associazione ANSEB, avevano da tempo richiesto tale adeguamento, facendo riferimento alla media europea di circa 11 euro e sottolineando come la propria marginalità fosse sotto pressione. Non ultimo, la filiera del welfare aziendale ha visto nei buoni pasto uno strumento largamente utilizzato: circa 3,5 milioni di lavoratori coinvolti, 700.000 nel settore pubblico, presuppongono un potenziale impatto.

I retroscena economici e il modello di business del settore

Qualsiasi analisi approfondita sui buoni pasto non può trascurare il fatto che la legge sulla concorrenza, entrata in vigore il primo settembre, ha fissato un tetto massimo del 5 % alle commissioni che le società emettitrici possono applicare agli esercenti convenzionati. In passato si registravano commissioni che oscillavano tra il 12 e il 21 % nei casi più estremi, soprattutto nel settore pubblico. Con la nuova soglia il modello economico di queste società è stato sottoposto a forte tensione, tanto da far prevedere - secondo ANSEB - un aggravio dei costi per le imprese clienti di almeno 180 milioni di euro all'anno e il possibile effetto di tagli al welfare aziendale.

Mentre gli esercenti, rappresentati da organizzazioni come FIPE-Confcommercio, valutavano la misura come un passo verso un mercato più sano e competitivo, le emettitrici vedevano quella norma come una seria minaccia. Ecco dunque che l'intervento governativo sull'esenzione da 10 euro assume una duplice funzione: da una parte “premia” il lavoratore, dall'altra rappresenta un'esplicita compensazione per le piattaforme che hanno visto erosa la marginalità diretta.

Gli effetti reali e le ripercussioni future

Il beneficiario primario, il lavoratore, ottiene un vantaggio netto ma limitato: circa 2 euro in più al giorno di esenzione, che tradotti in termini annuali restano una somma modesta ma comunque positiva. Lo Stato, seppure conceda minor gettito IRPEF nell'immediato, stimato tra 75 e 90 milioni di euro, conta su un effetto traino dei consumi che potrebbe generare un aumento di Iva tra 170 e 200 milioni, portando un saldo potenzialmente positivo tra 95 e 110 milioni. Tuttavia questi calcoli derivano da studi commissionati da soggetti del settore e pertanto vanno letti con cautela. Le società emettitrici, invece, appaiono tra i veri vincitori: grazie all'aumento della soglia esentasse, il prodotto buono pasto diventa ancor più appetibile per le imprese acquirenti, compensando in larga parte la perdita di redditività generata dal tetto alle commissioni.

Inoltre, la scelta di favorire esclusivamente il formato digitale spinge verso un'accelerazione della migrazione tecnologica, rafforzando la posizione delle piattaforme che gestiscono l'infrastruttura. Per quanto concerne gli esercenti, alcuni guadagnano per via della commissione ridotta che alleggerisce il costo di accettazione dei buoni, ma restano esposti a tempi di pagamento e condizioni operative che possono incidere sul flusso di cassa.

Infine, la concorrenza tra emettitrici e piattaforme è un banco di prova per la regolazione futura: se il tetto al 5 % sarà applicato, se la trasparenza sulle commissioni accessorie sarà garantita e se l'accesso al circuito resterà aperto anche ai piccoli operatori, allora l'intervento potrà essere valutato come moderatamente equilibrato; in assenza di queste garanzie, la misura rischia di consolidare un oligopolio digitale.