Affrontare un contenzioso per una cartella esattoriale è una scelta che comporta risvolti tecnici e pratici di rilievo. Occorre essere consapevoli delle conseguenze che possono sorgere laddove il giudice non accolga le ragioni esposte dal contribuente. Tra gli aspetti più significativi figurano il carico economico aggiuntivo connesso alle spese di lite, il possibile aggravio delle sanzioni e delle somme dovute, nonché le ripercussioni sulle future azioni esecutive da parte dell’agente della riscossione.
La notifica di una cartella esattoriale segna l’avvio di tutele e rischi specifici. Innanzitutto, essa determina il decorso di un termine di 60 giorni entro cui il destinatario può proporre ricorso davanti al giudice tributario competente. Superato tale periodo senza impugnazione, la cartella esattoriale assume efficacia esecutiva, consentendo all’agente della riscossione di procedere con pignoramenti o altre misure cautelari, come il fermo amministrativo e l’ipoteca sugli immobili.
| Crediti statali | 10 anni prescrizione |
| Tributi locali | 5 anni prescrizione |
| Bollo auto | 3 anni prescrizione |
Una volta ricevuta la cartella, il contribuente può intraprendere diverse strade, che sono:
Il ricorso giurisdizionale permette di sottoporre il proprio caso al giudice per valutare la correttezza della cartella fiscale. Tuttavia, è necessario conoscere i potenziali rischi qualora il giudizio sia sfavorevole al contribuente. In presenza di rigetto:
In caso di ricorso respinto, oltre all’adempimento iniziale, possono maturare:
Precisiamo che si tratta di ulteriori somme legate alla cartella iniziale e non scaturite dal ricorso fiscale perso. Chi presenta un ricorso contro una cartella esattoriale ricevuta e lo perde, non può, infatti, subire un aggravamento della sua posizione.
Stando a quanto stabilito, infatti, dalla normativa vigente il giudice dell’impugnazione (per esempio, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in caso di appello contro una sentenza di primo grado) non può modificare la posizione della parte appellante, rendendola peggiore di quella prima dell’appello.
Anche la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.13325 del 20 maggio 2025, ha confermato tale posizione.
Secondo i giudici, se il contribuente fa ricorso contro una sentenza che gli è parzialmente sfavorevole e l’Agenzia delle Entrate o un altro ente impositore coinvolto non presenta un appello incidentale per contestare la parte della sentenza che le ha dato torto, il giudice di secondo grado non può modificare la sentenza peggiorando le sanzioni fiscali per il contribuente.
Se, a seguito della decisione sfavorevole, il contribuente non provvede al pagamento del debito complessivo (capitale, interessi, sanzioni e, se dovute, spese legali), l’Agenzia delle Entrate Riscossione dispone di ampi poteri per il recupero coattivo:
Ulteriori effetti: