Per poter accedere all’indennità di disoccupazione Naspi, il lavoratore deve trovarsi in uno stato di disoccupazione involontaria, cioè causato da licenziamento, anche per giusta causa o da dimissioni validate da una motivazione oggettivamente grave, come previsto dalla normativa aggiornata al 2025. Il concetto di perdita involontaria del lavoro comprende anche il licenziamento per comportamento disciplinare del dipendente. Restano esclusi, invece, i casi di dimissioni volontarie senza giusta causa.
Costituiscono requisito aggiuntivo:
Come stabilito dall’articolo 2119 del Codice Civile, il datore di lavoro può interrompere il rapporto senza preavviso qualora ricorrano ragioni disciplinari gravi, tra cui, ad esempio, assenza ingiustificata prolungata, furto, grave insubordinazione o diffusione di dati aziendali riservati.
Possono richiedere la Naspi:
Restano invece esclusi:
Il licenziamento per giusta causa viene comunicato senza preavviso quando si configura un comportamento del lavoratore che mina in modo irreparabile il rapporto fiduciario con l’azienda. È il caso di gravi violazioni, insubordinazione reiterata, appropriazione indebita, diffamazione o violenza all’interno del luogo di lavoro. Anche in tali casi, se ricorrono le condizioni contributive e temporali, il diritto all’indennità Naspi è riconosciuto, poiché la cessazione del rapporto è considerata involontaria.
Chi subisce un licenziamento disciplinare per giusta causa può presentare domanda di Naspi all’INPS: la normativa aggiornata al 2025 conferma che l’indennità non decade in caso di licenziamento per giudizio disciplinare, né per giustificato motivo oggettivo né soggettivo.
La casistica di giusta causa è ampia e vede tra i casi frequenti: violazione grave delle norme aziendali, assenza ingiustificata reiterata, furto, minaccia o aggressione a colleghi, danneggiamento di beni aziendali, falsificazione di certificati medici. La gravità della condotta e la rottura definitiva del rapporto fiduciario sono sempre necessarie per la validità del provvedimento. In presenza di contestazioni, il lavoratore può ricorrere al giudice del lavoro entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento.
Le novità introdotte con la Legge di Bilancio 2025 hanno inasprito le condizioni per alcuni lavoratori. Dal 1° gennaio 2025, chi si dimette volontariamente (dimissioni o risoluzione consensuale) e nei successivi 12 mesi trova una nuova occupazione, e poi perde il nuovo posto per licenziamento (anche per giusta causa), può accedere alla Naspi solo se ha maturato almeno 13 settimane di contributi a partire dal nuovo rapporto. In assenza di tale requisito, l’accesso viene negato.
Inoltre, dal 2025 la prolungata assenza ingiustificata (più di 5 o 15 giorni, in base al contratto collettivo) viene assimilata a dimissione volontaria e non più considerata causa legittima per la richiesta della Naspi.
La domanda Naspi deve essere presentata entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto, esclusivamente in modalità telematica sul portale INPS. In caso di licenziamento per giusta causa, la decorrenza dell’indennità è differita: la prestazione parte dal 30° giorno dalla cessazione del rapporto, a differenza di quanto avviene per altre tipologie di licenziamento (naspi tempi di risposta attesa).
Nel caso venga presentata dopo il 30° giorno, la percezione della prestazione decorre dal giorno successivo alla domanda.
L’importo mensile Naspi è calcolato sul 75% della retribuzione media soggetta a contributi degli ultimi quattro anni precedenti alla cessazione (fino al limite massimo stabilito annualmente dall’INPS). La durata non può superare la metà delle settimane di contribuzione versata negli ultimi quattro anni. Per chi ha versato sei mesi di contributi, ad esempio, la prestazione durerà massimo tre mesi (come si calcolano settimane minime Naspi).
Nel 2025, il limite massimo dell’indennità sarà aggiornato annualmente secondo le nuove circolari INPS.
Un licenziamento per giusta causa produce effetti immediati: il rapporto termina senza preavviso e il lavoratore può agire in giudizio entro 60 giorni per un’eventuale contestazione o per richiedere la reintegra laddove il fatto risultasse insussistente (secondo la disciplina post Jobs Act e art. 18 L. 300/1970 per assunti prima del 2015). In alternativa, può essere riconosciuta un’indennità risarcitoria.