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Assenza ingiustificata sul lavoro: quando si configura e cosa si rischia secondo normative e giurisprudenza

di Marcello Tansini pubblicato il
Assenza ingiustificata sul lavoro

L'assenza ingiustificata dal lavoro implica rischi e sanzioni secondo regole e prassi ben definite. Aspetti normativi, procedure, conseguenze disciplinari, ruolo degli enti, giurisprudenza e tutele.

Con l'evoluzione della normativa e l'introduzione di nuove misure restrittive, imprese e dipendenti sono chiamati a rispettare regole e tempistiche ben precise. Comprendere le corrette modalità di gestione delle assenze è essenziale non solo per prevenire sanzioni, ma anche per garantire un ambiente lavorativo sano e trasparente.

Le aziende, oltre a dover affrontare gli aspetti pratici della produttività, devono tutelarsi rispetto a responsabilità legali e possibili abusi. Di contro, i lavoratori sono tenuti a conoscere gli obblighi previsti dalla legge e dal proprio contratto collettivo per proteggere i propri diritti ed evitare conseguenze disciplinari.

Quando si configura l'assenza ingiustificata: definizione e presupposti secondo la legge

Affinché l'assenza di un dipendente possa essere qualificata come ingiustificata, è necessario che vengano meno specifici obblighi previsti dalla normativa e dalla contrattazione collettiva. L'assenza priva di motivazione è quella situazione in cui il lavoratore, senza fornire preavviso o idonea documentazione, manca al proprio posto di lavoro. Secondo la legge, due sono gli obblighi fondamentali da rispettare:

  • Obbligo di avviso tempestivo: Il dipendente deve informare il datore di lavoro dell'assenza in modo sollecito, preferibilmente entro le 24 ore dal manifestarsi dell'impedimento, utilizzando strumenti che garantiscano la tracciabilità della comunicazione (come PEC o email con richiesta di conferma di ricezione).
  • Obbligo di presentazione della certificazione: Nel caso di assenza per malattia, va trasmesso all'INPS, tramite il medico curante, il certificato elettronico di malattia entro 48 ore dall'inizio dell'assenza.
Il mancato rispetto di questi adempimenti determina la contestazione della condotta e, di fatto, configura l'assenza ingiustificata sul piano giuslavoristico. Nelle situazioni in cui vengano meno i requisiti di tempestività o idoneità della giustificazione, il datore di lavoro può avviare la procedura disciplinare.

La giurisprudenza e la prassi chiariscono che l'eventuale invio tardivo di certificazioni o comunicazioni, pur non legittimando in sé il comportamento, va sempre valutato alla luce delle cause ostative (ad esempio sopraggiunte difficoltà oggettive, eventi di forza maggiore o gravi inadempienze datoriali).

La corretta qualificazione dell'assenza presuppone, quindi, un'attenta analisi del contesto e delle specificità previste, sia dalla legge che dal contratto collettivo nazionale applicato.

Procedure e obblighi di comunicazione: cosa deve fare il lavoratore e il datore di lavoro

La corretta gestione delle assenze passa da procedimenti chiari sia per il lavoratore che per l'azienda. I passaggi essenziali previsti dalla normativa e dalla prassi sono:

  • Comunicazione tempestiva dell'assenza: Il lavoratore ha l'onere di avvisare il datore di lavoro appena possibile, specificando le ragioni dell'assenza e la prevista durata.
  • Deposito della giustificazione: In caso di assenza per malattia, il medico invia telematicamente il certificato all'INPS, cui segue la possibilità di anticipare il codice identificativo al datore per evitare ritardi.
  • Raccolta e conservazione della documentazione: Tutte le comunicazioni e i documenti vanno conservati per eventuali verifiche successive, sia da parte del dipendente che dell'azienda.
  • Iniziativa datoriale in caso di mancata comunicazione: L'azienda, nei casi di assenza ingiustificata, contatta il dipendente, raccoglie la documentazione degli sforzi fatti per rintracciarlo, e avvia, se necessario, il procedimento disciplinare.
Il rispetto scrupoloso delle procedure tutela entrambe le parti nelle eventuali controversie. È consigliabile che ogni passaggio venga tracciato in modo puntuale.

Le conseguenze dell'assenza ingiustificata: disciplina sanzionatoria, recidiva e casi particolari

La normativa italiana, integrata dalle previsioni contrattuali collettive, prevede un quadro sanzionatorio progressivo per le assenze non giustificate:

  • Sanzioni conservative: Un primo episodio può dar luogo a provvedimenti come multa o sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
  • Sanzioni espulsive (licenziamento): Nei casi più gravi, o in presenza di recidiva, si può procedere al licenziamento per giusta causa. In particolare, dopo tre recidive nell'anno solare, molti CCNL legittimano la cessazione immediata del rapporto, senza diritto al preavviso.
L'assenza prolungata - per periodi superiori a quelli consentiti dalla contrattazione collettiva (in genere oltre 5 giorni consecutivi) - può già di per sé integrare causa di licenziamento anche senza ulteriori richiami o contestazione di recidiva.

Casi particolari si registrano qualora l'assenza segua a un trasferimento non condiviso o a contestazioni pregresse: la valutazione della legittimità del provvedimento sanzionatorio richiede la verifica puntuale di eventuali motivi di forza maggiore o inadempianze datoriali.

Assenza prolungata e dimissioni per fatti concludenti: la nuova normativa e i dubbi interpretativi

Recenti interventi legislativi (legge n. 203/2024 - Collegato Lavoro) hanno introdotto una disciplina innovativa per i casi in cui un lavoratore si assenti ingiustificatamente per un periodo superiore al termine previsto dal CCNL o, in assenza di specifica previsione, oltre 15 giorni consecutivi.

La novità consiste nella possibilità per il datore di lavoro di considerare la prolungata assenza come dimissioni di fatto (o per fatti concludenti), previa comunicazione all'Ispettorato Territoriale del Lavoro, che può verificarne la legittimità. L'effetto è la risoluzione del rapporto su presunta volontà del lavoratore, escludendo il diritto all'indennità di disoccupazione.

Permangono, tuttavia, dubbi interpretativi rilevanti:

  • La discrezionalità dell'Ispettorato nell'attivare controlli sostanziali e il rischio di disparità applicative.
  • I criteri di gestione del preavviso, non sempre chiaramente disciplinati, e le tempistiche di risoluzione effettiva del rapporto.
  • Possibili abusi da parte datoriale (come il mancato pagamento di retribuzioni o la non sicurezza dell'ambiente di lavoro) possono rendere l'assenza eccezionalmente “giustificata”.

Conseguenze sulle tutele: diritto alla Naspi e principali esclusioni

Le recenti modifiche normative incidono profondamente sull'accesso alla Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (Naspi). Il principio cardine della Naspi, disegnata per i casi di disoccupazione involontaria, esclude ora l'indennità nei confronti di chi interrompe il rapporto di lavoro per assenza non giustificata protratta oltre i termini indicati dal CCNL.

La privazione del diritto alla Naspi emerge come conseguenza diretta della risoluzione del rapporto per dimissioni di fatto (salvo che il lavoratore dimostri l'impossibilità di comunicare l'assenza per causa di forza maggiore o per comportamento contestabile del datore di lavoro).

È quindi essenziale che il lavoratore documenti il più possibile sia l'impossibilità di giustificare l'assenza sia eventuali inadempienze datoriali per non perdere la copertura dei sussidi di disoccupazione.

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro svolge un ruolo di controllo e garanzia nei procedimenti relativi alle assenze prolungate. La comunicazione obbligatoria da parte del datore di lavoro di assenze oltre i termini previsti è la precondizione per la risoluzione del rapporto sulla base delle nuove regole.

La facoltà discrezionale dell'ITL nelle verifiche sulle segnalazioni presenta margini di incertezza e necessita di specifiche linee guida operative, attese da ulteriori circolari. Sul punto, la presenza della contrattazione collettiva diventa centrale: essa può definire termini superiori o diverse modalità di gestione, sempre nel rispetto delle tutele di legge.

L'equilibrio tra potere datoriale e diritti dei lavoratori, nella gestione delle assenze non giustificate, dipende sempre dalla puntuale applicazione di entrambe le fonti.

La giurisprudenza: focus sul Tribunale di Milano e altri casi di rilievo

Negli ultimi anni, la giurisprudenza italiana ha più volte affrontato le problematiche legate alle assenze non giustificate, fornendo interpretazioni utili. Particolare attenzione merita l'orientamento del Tribunale di Milano, che ha ribadito che l'assenza prolungata e immotivata, in presenza di tutti i presupposti di legge e contratto, consente al datore di lavoro di interrompere il rapporto senza preavviso e con esclusione del diritto alla Naspi. La posizione milanese si allinea all'approccio della Corte d'Appello di Catanzaro, che aveva già escluso la configurabilità della dimissione implicita prima dell'entrata in vigore della nuova normativa.

Ulteriori conferme si ritrovano nelle sentenze del Tribunale di Udine (n. 20/2022) e Cremona (n. 333/2024), in cui si è ribadito il concetto di cessazione del rapporto non come licenziamento disciplinare ma come volontà presunta del lavoratore, con tutte le conseguenze in termini di perdita dei diritti previdenziali.