L'assenza ingiustificata dal lavoro implica rischi e sanzioni secondo regole e prassi ben definite. Aspetti normativi, procedure, conseguenze disciplinari, ruolo degli enti, giurisprudenza e tutele.
Con l'evoluzione della normativa e l'introduzione di nuove misure restrittive, imprese e dipendenti sono chiamati a rispettare regole e tempistiche ben precise. Comprendere le corrette modalità di gestione delle assenze è essenziale non solo per prevenire sanzioni, ma anche per garantire un ambiente lavorativo sano e trasparente.
Le aziende, oltre a dover affrontare gli aspetti pratici della produttività, devono tutelarsi rispetto a responsabilità legali e possibili abusi. Di contro, i lavoratori sono tenuti a conoscere gli obblighi previsti dalla legge e dal proprio contratto collettivo per proteggere i propri diritti ed evitare conseguenze disciplinari.
Affinché l'assenza di un dipendente possa essere qualificata come ingiustificata, è necessario che vengano meno specifici obblighi previsti dalla normativa e dalla contrattazione collettiva. L'assenza priva di motivazione è quella situazione in cui il lavoratore, senza fornire preavviso o idonea documentazione, manca al proprio posto di lavoro. Secondo la legge, due sono gli obblighi fondamentali da rispettare:
La giurisprudenza e la prassi chiariscono che l'eventuale invio tardivo di certificazioni o comunicazioni, pur non legittimando in sé il comportamento, va sempre valutato alla luce delle cause ostative (ad esempio sopraggiunte difficoltà oggettive, eventi di forza maggiore o gravi inadempienze datoriali).
La corretta qualificazione dell'assenza presuppone, quindi, un'attenta analisi del contesto e delle specificità previste, sia dalla legge che dal contratto collettivo nazionale applicato.
La corretta gestione delle assenze passa da procedimenti chiari sia per il lavoratore che per l'azienda. I passaggi essenziali previsti dalla normativa e dalla prassi sono:
La normativa italiana, integrata dalle previsioni contrattuali collettive, prevede un quadro sanzionatorio progressivo per le assenze non giustificate:
Casi particolari si registrano qualora l'assenza segua a un trasferimento non condiviso o a contestazioni pregresse: la valutazione della legittimità del provvedimento sanzionatorio richiede la verifica puntuale di eventuali motivi di forza maggiore o inadempianze datoriali.
Recenti interventi legislativi (legge n. 203/2024 - Collegato Lavoro) hanno introdotto una disciplina innovativa per i casi in cui un lavoratore si assenti ingiustificatamente per un periodo superiore al termine previsto dal CCNL o, in assenza di specifica previsione, oltre 15 giorni consecutivi.
La novità consiste nella possibilità per il datore di lavoro di considerare la prolungata assenza come dimissioni di fatto (o per fatti concludenti), previa comunicazione all'Ispettorato Territoriale del Lavoro, che può verificarne la legittimità. L'effetto è la risoluzione del rapporto su presunta volontà del lavoratore, escludendo il diritto all'indennità di disoccupazione.
Permangono, tuttavia, dubbi interpretativi rilevanti:
La privazione del diritto alla Naspi emerge come conseguenza diretta della risoluzione del rapporto per dimissioni di fatto (salvo che il lavoratore dimostri l'impossibilità di comunicare l'assenza per causa di forza maggiore o per comportamento contestabile del datore di lavoro).
È quindi essenziale che il lavoratore documenti il più possibile sia l'impossibilità di giustificare l'assenza sia eventuali inadempienze datoriali per non perdere la copertura dei sussidi di disoccupazione.
L'Ispettorato Nazionale del Lavoro svolge un ruolo di controllo e garanzia nei procedimenti relativi alle assenze prolungate. La comunicazione obbligatoria da parte del datore di lavoro di assenze oltre i termini previsti è la precondizione per la risoluzione del rapporto sulla base delle nuove regole.
La facoltà discrezionale dell'ITL nelle verifiche sulle segnalazioni presenta margini di incertezza e necessita di specifiche linee guida operative, attese da ulteriori circolari. Sul punto, la presenza della contrattazione collettiva diventa centrale: essa può definire termini superiori o diverse modalità di gestione, sempre nel rispetto delle tutele di legge.
L'equilibrio tra potere datoriale e diritti dei lavoratori, nella gestione delle assenze non giustificate, dipende sempre dalla puntuale applicazione di entrambe le fonti.
Negli ultimi anni, la giurisprudenza italiana ha più volte affrontato le problematiche legate alle assenze non giustificate, fornendo interpretazioni utili. Particolare attenzione merita l'orientamento del Tribunale di Milano, che ha ribadito che l'assenza prolungata e immotivata, in presenza di tutti i presupposti di legge e contratto, consente al datore di lavoro di interrompere il rapporto senza preavviso e con esclusione del diritto alla Naspi. La posizione milanese si allinea all'approccio della Corte d'Appello di Catanzaro, che aveva già escluso la configurabilità della dimissione implicita prima dell'entrata in vigore della nuova normativa.
Ulteriori conferme si ritrovano nelle sentenze del Tribunale di Udine (n. 20/2022) e Cremona (n. 333/2024), in cui si è ribadito il concetto di cessazione del rapporto non come licenziamento disciplinare ma come volontà presunta del lavoratore, con tutte le conseguenze in termini di perdita dei diritti previdenziali.