Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Aumento bonus mamme lavoratrici: 480 euro mensili, novità, requisiti e procedura

di Marcello Tansini pubblicato il
480 euro mensili per le mamme

Il bonus mamme lavoratrici per il 2025 prevede un aumento significativo: 480 euro mensili per chi ha almeno due figli. Nuove regole, requisiti aggiornati ed esoneri contributivi delineano le novità e gli aspetti pratici.

Con l'entrata in vigore del Decreto-Legge 30 giugno 2025, n. 95, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 149, l'intervento, pensato per garantire un supporto diretto alle famiglie, introduce un contributo di 40 euro al mese per ogni mese o frazione di mese lavorato, calcolato sull'intero anno solare e destinato a essere liquidato in un'unica soluzione a dicembre. La misura non è universale: si rivolge a chi soddisfa precisi requisiti familiari e reddituali, e punta a colmare una fascia scoperta delle politiche sociali, quella delle lavoratrici che non possono beneficiare dell'esonero contributivo totale previsto per i contratti a tempo indeterminato con tre o più figli.

Il passaggio dal pagamento mensile a quello annuale è una rottura con il passato. Se prima il bonus veniva percepito mese per mese, ora la somma viene accumulata lungo tutto l'anno e accreditata in un'unica tranche. Chi avrà lavorato per dodici mesi pieni potrà ricevere fino a 480 euro netti, importo che non subirà trattenute fiscali né contributive e che non influirà sul calcolo dell'ISEE. Questa scelta, se da un lato concentra il beneficio in un momento specifico dell'anno, dall'altro richiede alle beneficiarie un'attenzione particolare alle scadenze e alla corretta presentazione della domanda.

Requisiti stringenti: chi può accedere e per quanto tempo

Il nuovo bonus mamme lavoratrici, anche per partite Iva e professionisti, non è destinato a tutte, ma solo a chi rientra in categorie precise. Per poterlo richiedere, è necessario avere un reddito annuo da lavoro non superiore a 40.000 euro e almeno due figli fiscalmente a carico. Le madri con due figli, indipendentemente dal fatto che siano dipendenti o autonome, potranno beneficiarne fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Le madri con tre o più figli hanno diritto al contributo fino alla maggiore età del figlio minore, ma solo se non hanno un contratto a tempo indeterminato, poiché in quel caso resterebbe attivo l'esonero contributivo previsto dalla Legge di Bilancio.

Questa distinzione, apparentemente tecnica, risponde a una logica di equilibrio tra le due misure. Chi ha un contratto stabile e tre figli, infatti, gode già di un risparmio contributivo consistente fino a un massimo di 3.000 euro annui, pari a circa 250 euro al mese, che si traduce in uno stipendio netto più alto. Il nuovo bonus, invece, mira a supportare chi, pur avendo carichi familiari rilevanti, non rientra nelle condizioni per accedere a quell'esonero. È una forma di compensazione che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe ridurre le disparità tra le diverse tipologie contrattuali e di situazione lavorativa.

Erogazione e procedura: come richiederlo e cosa serve

Il pagamento del bonus non è automatico. Le lavoratrici interessate dovranno presentare domanda all'INPS, utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS. L'istituto verificherà la presenza dei requisiti e procederà con l'erogazione a dicembre. Per la compilazione della richiesta sarà necessario avere a disposizione un ISEE aggiornato, lo stato di famiglia, la documentazione relativa al rapporto di lavoro (busta paga o contratto per le dipendenti, visura o partita Iva per le autonome), e i dati anagrafici dei figli con le relative date di nascita.

La modalità di pagamento è stata pensata per essere rapida e diretta: l'importo sarà accreditato sul conto corrente indicato nella domanda o, in caso di lavoratrici dipendenti, potrà essere erogato direttamente in busta paga di dicembre. Non essendo soggetto a tassazione o contribuzione, l'importo corrisponde interamente alla cifra spettante. Questo significa che una lavoratrice che abbia svolto attività per tutto il 2025 riceverà 480 euro netti, mentre chi ha lavorato per un periodo inferiore riceverà la quota proporzionata ai mesi, anche se parziali, di attività.

L'esonero contributivo resta in vigore per alcune categorie

Parallelamente al nuovo bonus annuale, resta operativo l'esonero del 100% dei contributi IVS per le lavoratrici con almeno tre figli e contratto a tempo indeterminato, fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio minore e con un tetto massimo di 3.000 euro annui. Questa misura, introdotta con la Legge di Bilancio 2024 e prorogata fino al 31 dicembre 2026, non riduce l'ammontare dei contributi versati all'INPS dal datore di lavoro, quindi non penalizza il calcolo della pensione. Il beneficio si riflette sulla busta paga.

Il meccanismo è semplice: la quota di contributi IVS che la lavoratrice normalmente verserebbe viene trattenuta a zero e l'importo corrispondente resta in busta paga. In questo modo, una madre con contratto indeterminato e tre figli ottiene un vantaggio economico mensile immediato e stabile, senza bisogno di presentare domanda, poiché l'esonero viene applicato automaticamente dal datore di lavoro. La compresenza di questo sgravio e del nuovo bonus annuale crea un doppio binario che distingue in modo netto le platee beneficiarie.

Criticità e importanza delle tempistiche

Il principale rischio legato alla nuova formula è legato alla scadenza. Poiché il bonus viene erogato solo a chi presenta la domanda nei tempi stabiliti dall'INPS, il mancato rispetto di tali termini comporta la perdita dell'intero importo. Non è prevista, infatti, alcuna forma di recupero retroattivo. Questo aspetto impone alle lavoratrici un'attenzione puntuale alla pubblicazione delle istruzioni operative da parte dell'INPS e alla preparazione anticipata della documentazione necessaria.

Un'ulteriore criticità riguarda le esclusioni. Restano fuori dal beneficio molte lavoratrici con contratti atipici, part-time ciclici o redditi discontinui, che non riescono a soddisfare il requisito dei mesi lavorati o quello reddituale. Per loro, il rischio è di rimanere in una sorta di “terra di nessuno” in cui né il bonus né l'esonero contributivo risultano accessibili. Il provvedimento, pur rappresentando un passo avanti nel sostegno alla maternità, non risolve tutte le lacune del sistema di welfare, che ancora fatica a intercettare le situazioni di maggiore precarietà.