Il 2026 si preannuncia un anno cruciale per le banche italiane, strette tra sfide economiche, nuovi vincoli fiscali e incertezze globali. Analisi delle cause, conseguenze e strategie.
Segnali provenienti dai principali istituti di credito e dall'Associazione Bancaria Italiana (Abi) prefigurano una fase di inedita complessità per gli operatori finanziari. Secondo Andrea Orcel, amministratore delegato di uno dei maggiori gruppi bancari, le condizioni macroeconomiche, tra i tassi in discesa e una persistente inflazione, complicano ulteriormente il quadro.
A questi si aggiunge un clima di incertezza geopolitica che condiziona le scelte di investimento e la propensione al rischio.
In questo contesto, il settore bancario dovrà affrontare non soltanto pressioni sui margini ma anche nuove esigenze di solidità patrimoniale e rispettare normative sempre più stringenti. La prospettiva delineata dall'Abi e dal suo presidente Patuelli sottolinea una possibile crescita delle crisi d'impresa, destinata a impattare su tutta la filiera economica nazionale, dai dipendenti ai clienti fino alle imprese. L'attenzione alle dinamiche che interesseranno le banche italiane nel 2026 diventa dunque centrale, sia per comprendere l'evoluzione del sistema creditizio sia per valutare i potenziali effetti sull'intero tessuto economico.
Diversi fattori concorrono a rendere la situazione particolarmente complessa. Innanzitutto, la curva dei tassi d'interesse discendente riduce i margini di redditività per gli istituti di credito, poiché il differenziale tra raccolta e impieghi si assottiglia. La politica della Banca Centrale Europea prevede graduali tagli dei tassi, con un impatto diretto sui profitti bancari nel medio termine. Inoltre, la persistenza dell'inflazione crea difficoltà nell'erogazione del credito e nella gestione dei piani di rientro per famiglie e imprese, comprimendo il potere d'acquisto e accrescendo la rischiosità dei prestiti.
Le sofferenze bancarie, come segnalato anche dall'Abi, mettono sotto pressione la qualità degli attivi e impongono agli istituti requisiti di accantonamento più stringenti. Il rischio che alcune imprese non riescano a onorare i propri impegni finanziari si fa più concreto, a causa anche delle difficoltà ad accedere a nuova liquidità.
La componente geopolitica rappresenta un ulteriore elemento di incertezza. Investimenti industriali e finanziari sono messi in discussione da eventi che vanno dai conflitti internazionali alle tensioni sui mercati globali delle materie prime. Questo clima di instabilità genera diffidenza da parte degli investitori e rafforza la necessità di una maggiore resilienza patrimoniale.
Infine, si aggiungono sfide legate all'adozione di tecnologie innovative e alle esigenze di sicurezza informatica, con investimenti spesso onerosi e difficilmente pianificabili in scenari di incertezza macroeconomica.
In definitiva, la sinergia di questi fattori accentua i rischi di un 2026 segnato da difficoltà crescenti. I margini di flessibilità delle banche diminuiscono, mentre la pressione sugli assetti organizzativi e patrimoniali richiede strategie di adattamento rapide e continuative.
Nel 2026 il sistema bancario si troverà al centro di una nuova stagione di interventi fiscali e regolatori. La legge di bilancio ha previsto un mix di contribuzioni, tra cui l'aumento delle imposte dirette come l'aliquota Irap per banche e intermediari finanziari. Il gettito atteso dalla sola componente aggiuntiva dell'imposta regionale sulle attività produttive è stimato in 4,4 miliardi di euro per il solo 2026.
Oltre all'aumento dell'Irap, il quadro normativo introduce un nuovo regime di deducibilità sui crediti deteriorati, da spalmare su più esercizi, e la limitazione della possibilità di riporto fiscale delle perdite. Tali misure finiscono per ridurre il margine operativo degli istituti e incidono sulle loro strategie di allocazione del capitale.
Non meno rilevante è l'introduzione dei contributi “volontari” sugli extraprofitti, alternativi alla tassazione straordinaria varata nel 2023. Le banche potranno scegliere di liberare le riserve accantonate, versando un'imposta ridotta sul capitale distribuito, ma la decisione dipenderà dai risultati d'esercizio e dalle strategie di remunerazione degli azionisti.
L'aggravio fiscale rischia di rendere ancor più difficile la realizzazione di piani di investimento a lungo termine e di comprimere ulteriormente la redditività delle banche, soprattutto di quelle con strutture patrimoniali meno solide. La tensione tra stabilità finanziaria e necessità di contribuzione fiscale pone le banche davanti a scelte complesse sul piano operativo e strategico. Secondo autorevoli fonti del settore e agenzie di rating, l'impatto di queste misure sarà significativo soprattutto nel delicato periodo di transizione che il sistema bancario affronterà nel 2026.
Le tensioni che potrebbero investire il sistema bancario nel 2026 avranno ricadute sia all'interno degli istituti sia sull'intera economia reale. Gli effetti più immediati possono essere sintetizzati nei seguenti punti:
Alla luce dei rischi imminenti, gli istituti bancari più rilevanti hanno da tempo avviato strategie di rafforzamento e potenziamento della resilienza. Come dichiarato da Orcel, il focus delle principali banche è stato indirizzato verso investimenti che permettano di sostenere la crescita anche in contesti avversi. Gli strumenti adottati comprendono:
Guardando oltre il 2026, la traiettoria del settore bancario dipenderà dalla capacità degli istituti di adattarsi a un contesto di forte evoluzione regolamentare, fiscale e tecnologica. Alcuni scenari prevedono che i nuovi paradigmi della digitalizzazione, insieme all'eventuale ritorno a una fase di tassi stabili, potrebbero consentire una ripresa graduale dei volumi creditizi e una migliore sostenibilità finanziaria.
Tuttavia, la permanenza di elementi di rischio, dal debito pubblico ai continui shock geopolitici, continuerà a richiedere attenzione alla qualità del credito e all'efficienza organizzativa. Dalla gestione delle crisi d'impresa dipenderà molto della solidità del tessuto produttivo; sarà quindi centrale monitorare la collaborazione tra banche, imprese e istituzioni nella ricerca di soluzioni condivise per la sostenibilità del credito.
Le scelte di politica fiscale e le evoluzioni del quadro normativo, a livello sia nazionale sia europeo, costituiranno altrettanti fattori determinanti. In prospettiva, una maggiore integrazione dei mercati finanziari europei potrebbe fornire nuove opportunità di crescita e diversificazione, a patto che il sistema creditizio italiano mantenga elevati standard di trasparenza e affidabilità.
La sfida sarà quindi quella di rafforzare un modello bancario in grado di sostenere famiglie e aziende, salvaguardando al contempo la solidità patrimoniale degli istituti in uno scenario sempre più esigente dal punto di vista normativo, economico e tecnologico.