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Blocco auto e caldaie contro l'inquinamento? Serve a poco se 36 aziende producono il 50% dell'inquinamento mondiale

di Marianna Quatraro pubblicato il
Carbon Majors report

Mentre i cittadini affrontano limitazioni su auto e riscaldamento domestico per combattere l'inquinamento, emerge un dato sconcertante: solo 36 grandi aziende sono responsabili del 50% delle emissioni globali

Le emissioni globali di CO2 continuano a essere una delle questioni più urgenti nel dibattito sul cambiamento climatico. Mentre governi e cittadini cercano di ridurre la propria impronta ecologica, uno studio recente del Carbon Majors report rivela una statistica sorprendente: appena 36 aziende, principalmente del settore dell'energia fossile, sono responsabili della produzione di metà delle emissioni globali. 

Il ruolo delle 36 aziende nelle emissioni globali di CO2

Secondo i dati del 2023, riportati nel Carbon Majors report, le 36 aziende principali del settore dei combustibili fossili contribuiscono a oltre il 50% delle emissioni globali di CO2. Complessivamente, queste imprese hanno prodotto più di 20 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in un solo anno. La suddivisione delle emissioni rivela che il 41% proviene dall'uso di carbone, seguito dal petrolio con il 32%, il gas naturale con il 23% e il cemento con un contributo più modesto, pari al 4%.

Tra queste aziende spiccano colossi come Saudi Aramco, che da sola emette gas serra in quantità pari a un ipotetico quarto Stato più inquinante al mondo, dietro solo a Cina, Stati Uniti e India. Allo stesso modo, imprese come ExxonMobil generano emissioni comparabili a quelle di interi Paesi, come la Germania.

Una componente secondaria ma critica è rappresentata dal settore del cemento, che contribuisce con un 4% relativamente contenuto ma significativo. Aziende come LafargeHolcim integrano questa categoria, dimostrando come anche settori non direttamente legati all'energia fossile abbiano un ruolo nel panorama delle emissioni. La combinazione di questi fattori accentua il dominio delle principali multinazionali sui gas serra emessi globalmente.

L'impatto delle multinazionali a controllo statale

Tra le 36 aziende identificate come responsabili di metà delle emissioni mondiali, ben 25 sono direttamente controllate da governi nazionali. Questi enti statali, operanti principalmente nei settori del petrolio, gas e carbone, basano le loro strategie su obiettivi economici e geopolitici, spesso in conflitto con gli impegni internazionali di riduzione delle emissioni.

Ad esempio, China Energy, appartenente al governo cinese, domina il mercato del carbone, una risorsa che rappresenta il 41% del totale delle emissioni. Analoghe dinamiche si riscontrano in aziende come Gazprom in Russia, leader nel gas naturale, e National Iranian Oil Company, che concentra le sue operazioni nello sfruttamento del petrolio. Questi attori, sebbene legati a politiche statali, non mostrano piani sufficientemente ambiziosi per la transizione energetica.

La dipendenza economica dei governi da queste compagnie complica ulteriormente la situazione. Questa stretta connessione tra interessi statali e profitti delle multinazionali a controllo governativo rallenta i progressi sulla decarbonizzazione e mantiene attivo un modello economico basato sui combustibili fossili, rendendo difficile l'attuazione di politiche realmente sostenibili.

La necessità di un cambio di rotta e la responsabilità dei governi

Per affrontare l'incremento costante delle emissioni di CO2 causato da un ristretto gruppo di aziende, diventa indispensabile un forte intervento dei governi. Come evidenziato dal Carbon Majors Report, molte delle società più inquinanti sono a controllo statale. Questo pone i governi in una posizione unica per influenzare direttamente riduzioni significative delle emissioni, ma al tempo stesso li rende vulnerabili a conflitti tra interessi economici e obiettivi climatici.

L'attuazione di normative stringenti per limitare le emissioni, come tasse sul carbonio o la graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili, è uno strumento essenziale per incoraggiare la transizione energetica. Tuttavia, le misure adottate a livello globale appaiono ancora insufficienti per raggiungere l'obiettivo fissato dall'Accordo di Parigi, ossia ridurre le emissioni del 45% entro il 2030.

Alcuni governi hanno iniziato ad agire introducendo iniziative di transizione green, investendo in fonti di energia rinnovabile come il solare e l'eolico. Tuttavia, le risorse allocate sono spesso inadeguate rispetto alla scala del problema. Nonostante ciò, esistono esempi positivi, come i fondi per progetti di decarbonizzazione industriale o i piani per eliminare gradualmente i nuovi progetti di combustibili fossili, raccomandati dall'Agenzia Internazionale per l'Energia.

Una governance internazionale più decisa, supportata da politiche locali coerenti, rappresenta un passo obbligato per regolamentare l'operato delle multinazionali e affrontare le problematiche climatiche persistenti, specialmente nei paesi produttori di energia fossile.

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