La sentenza apre un fronte importante in tema di rimborso degli interessi passivi versati in esecuzione di un contratto ritenuto giuridicamente nullo.
La sentenza 12838 del 2025 della Corte di Cassazione è una svolta giurisprudenziale nel panorama dei contratti di credito al consumo, in particolare per quelli stipulati mediante carte di credito revolving. I giudici hanno stabilito l'invalidità di numerosi contratti siglati tra il 2000 e il 2010 e aperto la strada a richieste di rimborso per gli interessi già versati da parte dei consumatori.
Il fulcro della sentenza risiede nella mancata iscrizione all' Ufficio italiano dei cambi dei soggetti che hanno promosso e fatto firmare i contratti, dettaglio giuridico determinante per riconoscerne la nullità. Vediamo meglio:
Il periodo temporale oggetto della pronuncia riguarda i contratti stipulati tra il 2000 e il 2010, ovvero durante la vigenza del decreto legislativo 374 del 1999 e del decreto ministeriale 485 del 13 dicembre 2001, ma prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 141 del 2010, che ha riformato il settore del credito ai consumatori.
In questo contesto normativo, l'apertura di una linea di credito attraverso carta revolving a tempo indeterminato doveva essere promossa da soggetti regolarmente iscritti all'elenco Uic, l'autorità di vigilanza dell'epoca. La deroga concessa ai fornitori di beni e servizi si applicava solo ai finanziamenti finalizzati all'acquisto diretto dei propri prodotti e non ai piani rateali generici offerti tramite revolving.
La sentenza apre un fronte importante in tema di rimborso degli interessi passivi versati in esecuzione di un contratto ritenuto giuridicamente nullo. Possono farne richiesta i consumatori che abbiano sottoscritto contratti revolving presso rivenditori o fornitori non iscritti all'Uic tra il primo gennaio 2000 e il 31 dicembre 2010. La possibilità di ottenere il rimborso dipende da alcuni elementi imprescindibili: la tracciabilità del contratto originale, la dimostrazione dei pagamenti effettuati e soprattutto la prova dell'identità e del ruolo del soggetto che ha promosso la stipula.
La presenza di un modulo firmato all'interno di un punto vendita, magari con intestazione del rivenditore e non dell'intermediario finanziario, può costituire un indizio probante della promozione da parte di soggetto non abilitato. Una volta raccolti gli elementi occorre rivolgersi a un legale specializzato in diritto bancario e finanziario che può predisporre una diffida formale o, in caso di mancata risposta, avviare un'azione giudiziaria volta al rimborso delle somme percepite dalla finanziaria.
In linea teorica, la nullità comporta la restituzione integrale degli interessi versati, anche se in sede giudiziale potrebbe aversi una compensazione con le somme utilizzate dal consumatore per l'acquisto se la finanziaria dimostri l'utilizzo concreto del credito da parte del cliente. I tempi per presentare la domanda, pur non essendo soggetti a prescrizione decennale in caso di nullità radicale, andrebbero comunque valutati con urgenza per evitare contestazioni sulla tardività dell'azione.