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Referendum Lavoro 2025, cosa cambia per il reintegro dei lavoratori nei casi di licenziamento illegittimo

di Marianna Quatraro pubblicato il
Referendum licenziamento illegittimo

Cosa prevede il requisito del referendum sul lavoro 205 sul reintegro per licenziamento illegittimo e le conseguenze della vittoria del sì o del no

Cosa potrebbe cambiare per il reintegro dei lavoratori nei casi di licenziamento illegittimo con il Referendum sul Lavoro 2025? Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 gli italiani sono chiamati a esprimersi su cinque referendum abrogativi, di quattro riguardano il lavoro e uno la cittadinanza.

I quattro quesiti sul lavoro chiedono l’abrogazione di un punto del Jobs Act che riguarda i licenziamenti; l’abrogazione dei limiti ai risarcimenti per eliminare il tetto massimo, fissato attualmente a 6 mensilità di stipendio; l’abrogazione delle norme sui contratti di lavoro subordinato a termine relativamente alla durata massima e alle condizioni per proroghe e rinnovi con la reintroduzione delle causali; e l'abrogazione dell'esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice. Ci occupiamo di seguito di analizzare l’importanza del primo quesito.

  • Cosa chiede il referendum 2025 per il reintegro dei lavoratori nei casi di licenziamento illegittimo 
  • Cosa cambia se vince il sì

Cosa chiede il referendum 2025 per il reintegro dei lavoratori nei casi di licenziamento illegittimo 

Il primo quesito del referendum sul lavoro 2025 chiede l’abrogazione di uno dei decreti del Jobs act che riguarda il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti introdotto nel 2015. 

L’obiettivo del voto è ripristinare l’obbligo di reintegro del lavoratore nel suo posto di lavoro in tutti i casi di licenziamento illegittimo, com’ era previsto fino al 2015, ed eliminare le disparità di trattamento tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015 in caso di licenziamento illegittimo. 

Oggi, infatti, chi è stato assunto prima di questa data può essere reintegrato, mentre chi è stato assunto dopo non può essere reintegrato e ha diritto solo a un indennizzo. 

Più volte la misura è stata considerata, da diverse sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, incostituzionale e di non applicabilità, ma è sempre rimasta in vigore finora.

In base alla disciplina attualmente vigente, la reintegrazione vale solo nei seguenti casi:

  • per i licenziamenti discriminatori;
  • per i licenziamenti comunicati solo in forma orale;
  • per i licenziamenti nulli per espressa previsione di legge;
  • per i licenziamenti in cui il giudice accerta il difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore;
  • per i licenziamenti disciplinari per cui si dimostrata direttamente in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.

Cosa cambia se vince il sì

Se al referendum vince il no, non cambia nulla e tutto rimane come già attualmente previsto.

Se, al contrario, vince il sì, si aboliscono le norme vigenti che hanno eliminato per le lavoratrici e i lavoratori con più di 15 dipendenti, assunti dopo il 7 marzo 2015, la possibilità di essere reintegrati nel proprio posto di lavoro quando hanno subito un licenziamento illegittimo, sono stati cioè licenziati senza un valido motivo economico o disciplinare.

Questo si traduce nella rinnovata facoltà di reintegro nei casi di licenziamento disciplinare illegittimo, in una maggior tutela nei licenziamenti collettivi, nella possibilità di garantire le stesse tutele a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla data di assunzione, e nell’aumento dell’indennizzo minimo nei casi in cui la reintegra non è prevista.

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