Quali sono i rischi sempre più frequenti che si corrono quando si cedere una proprietà, o quote aziendali e soldi a figli e parenti per pagare meno tasse
Le operazioni di trasferimento di proprietà, quote aziendali o somme di denaro a figli e parenti sono frequentemente adottate con l’intento di ottimizzare la fiscalità e proteggere i patrimoni familiari. Tuttavia, tali scelte possono celare criticità giuridiche di rilievo.
L’accelerazione normativa e l’intensificarsi dei controlli fiscali hanno ridotto i margini di manovra per chi compie operazioni il cui scopo principale è l’elusione o l’evasione tributaria. Non solo la posizione del soggetto che effettua la cessione, ma anche quella dei beneficiari viene oggi analizzata con attenzione da parte dell’Agenzia delle Entrate e delle autorità giudiziarie.
L’anticipazione del passaggio generazionale, la volontà di proteggere i beni da possibili pignoramenti o la scelta di ridurre la tassazione sulle successioni sono motivazioni tipiche che spingono molte famiglie e imprenditori a trasferire proprietà, quote societarie o fondi a figli e parenti. In contesti caratterizzati da instabilità economica e pressioni fiscali crescenti, queste scelte mirano a preservare il valore degli asset nel tempo e a garantire la continuità del patrimonio.
Spesso gli strumenti prescelti per effettuare tali operazioni sono le donazioni dirette (ad esempio, di immobili), le donazioni indirette (quali bonifici per l’acquisto di un’abitazione), le vendite simulate o il ricorso a usufrutti riservati. In altri casi si adotta la cessione di quote sociali per anticipare il passaggio generazionale d’azienda in modo fiscalmente efficiente.
Le operazioni che comportano un trasferimento di quote o soldi non adeguatamente pianificate e formalizzate espongono a rischi che si articolano su tre fronti principali: civile, fiscale e penale.
Sotto il profilo civile, le donazioni mancate o strutturate frettolosamente possono essere soggette a revoca da parte dei creditori o a impugnazioni dagli eredi legittimari per violazione della quota legittima.
Dal punto di vista fiscale, l’Agenzia delle Entrate può riqualificare come simulazioni le operazioni che, pur essendo formalmente lecite, risultano finalizzate solo al risparmio d’imposta. Questo comporta la disapplicazione dei benefici fiscali e l’applicazione di imposte, sanzioni e interessi.
In ambito penale, la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte si configura quando si realizzino atti dispositivi fittizi o simulati per sottrarre la garanzia patrimoniale al fisco, specie se collegati a debiti tributari superiori alle soglie di punibilità.
Gli strumenti più esposti sono le donazioni, le vendite fittizie tra familiari e i trasferimenti di somme importanti senza adeguata motivazione o registrazione, soprattutto se preceduti o seguiti da situazioni di insolvenza.
L’uso di donazioni dirette, cessione dell’usufrutto o vendite simulate come metodi per trasferire la ricchezza familiare si rivela spesso inefficace e fonte di vulnerabilità. Le donazioni di immobili sono facilmente attaccabili: la legge prevede la possibilità di revoca per atto pregiudizievole ai creditori fino a cinque anni e una notevole difficoltà nella rivendita futura, anche per l’assenza di tutela nei confronti di finanziatori terzi.
L’usufrutto rappresenta una soluzione solo apparente: il bene resta “bloccato” dal punto di vista gestionale e resta esposto al rischio di azioni esecutive sui debiti del pieno proprietario o dell’usufruttuario. Le vendite fittizie, nelle quali vi è disallineamento tra il prezzo dichiarato e quello realmente versato, sono facilmente qualificate come nulle e soggette a revocatoria o riqualificazione fiscale.
La sentenza n.29943 emessa dalla Corte di Cassazione il 29 agosto 2025 segna un punto di svolta nell’interpretazione delle operazioni dispositive compiute con intento elusivo o fraudolento.
La Corte ha ribadito che qualsiasi atto di cessione o donazione a parenti o affini, in assenza di una causa reale giustificativa e se strettamente collegato a situazioni di difficoltà economico-fiscali, può essere considerato privo di validità e qualificato come elusivo.
I giudici hanno, infatti, spiegato che la forma dello stratagemma di intestazione di quote aziendali o cessione di soldi a figli e parenti per non pagare le tasse non esula da condanne, perché comunque rappresenta una sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Un elemento centrale della pronuncia riguarda la valutazione della simulazione e della frode alla legge: la Cassazione ha affermato che, anche quando la forma dell’operazione appare ineccepibile, è legittima la riqualificazione a fini fiscali e la disapplicazione dei benefici se vi è prova che lo scopo predominante era lo spossessamento per sottrarsi alle pretese dell’erario. La giurisprudenza ha ribadito inoltre l’importanza della documentazione delle motivazioni sottese agli atti patrimoniali e l’onere di dimostrare la liceità e la congruità della transazione.