Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Chi l'italiano medio nel 2025 secondo il rapporto Censis: cosa fa, pensa e desidera

di Marcello Tansini pubblicato il
Rapporto Censis 2025

Chi l'italiano medio del 2025? Il rapporto Censis ne traccia l'identikit tra cambiamenti socio-economici, evoluzione del ceto medio, nuove aspettative, timori diffusi e tensioni su welfare.

Attraverso una rilettura dei fenomeni socio-economici emersi negli ultimi mesi, il rapporto Censis per il 2025 perfeziona la fotografia di un Paese che, pur mantenendo una composizione sociale relativamente stabile, vede aumentare la complessità e l'autonomia dei comportamenti individuali. Il percorso narrato dal Censis svela una società che si sente intensamente partecipe della propria trasformazione, ma che si trova sospesa tra la difesa dei valori consolidati e la necessità di confrontarsi con nuove sfide.

La figura che emerge dall'indagine, spesso identificata come italiano medio, è centrale nei processi di crescita sociale, educativa ed economica: un segmento che non si definisce esclusivamente tramite il reddito, ma anche grazie all'investimento nell'istruzione, nelle competenze e nella centralità della famiglia. Le tensioni, le insicurezze legate al futuro e la sospensione tra aspettative e realtà tracciano un panorama di evoluzione e di lieve smarrimento, dove istituzioni e cittadini si interpellano sulla direzione da intraprendere. Le testimonianze raccolte sottolineano questa dualità: resistenza e adattamento accompagnano il percorso degli italiani nell'anno appena trascorso.

I cambiamenti socio-economici della società italiana nel 2025

L'evoluzione recente della società italiana, come illustrata dal 59° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, è segnata da trasformazioni profonde e da una crescente segmentazione tra gruppi sociali, comportamenti individuali e prospettive economiche. Il trend più evidente riguarda la crescita dell'individualismo e l'emergere di comportamenti sempre più autonomi nei consumi, nell'informazione e nelle relazioni sociali, portando a una maggiore complessità nei rapporti tra i cittadini:

  • Segmentazione e complessità: rispetto agli anni precedenti, si riscontra un aumento del numero dei soggetti sociali e delle modalità con cui questi interagiscono. Cambiano le relazioni nei consumi e nell'accesso alle informazioni, dando vita a comportamenti molecolari, meno legati alle classiche forme di aggregazione collettiva.
  • Stagnazione dei redditi: più della metà degli italiani che rappresentano la fascia centrale della popolazione ha visto il proprio reddito fermarsi, mentre circa un individuo su quattro ha registrato una diminuzione delle entrate. Solo il 20% dichiara di aver percepito un miglioramento economico nel corso dell'anno.
  • Riduzione dei consumi: il 45% degli appartenenti alla classe intermedia ha dichiarato di aver già tagliato le spese, mentre la maggioranza teme ulteriori riduzioni nei mesi futuri. Questo dato si accompagna a una generale erosione del risparmio, col 46% degli intervistati che segnala minori capacità di accantonare risorse rispetto al passato.
Il valore attribuito all'investimento nella formazione e l'accento sulle competenze rappresentano asset cruciali per la tenuta sociale del Paese, ma si scontrano spesso con una disconnessione crescente tra capitale umano e ricompensa economica. Molti italiani ritengono che il proprio impegno e il sapere acquisito non trovino adeguato riconoscimento nel mercato del lavoro, generando un clima diffuso di insoddisfazione e di difficoltà a progettare il proprio futuro all'interno dei confini nazionali:

Reddito (fascia centrale)

16.000 - 35.000 euro

Reddito (superiore)

36.000 - 50.000 euro

Percentuale laureati nel ceto medio

41%

Percentuale diplomati

50%

L'innovazione sociale e le nuove dinamiche relazionali contribuiscono infine a far emergere bisogni diversificati: la richiesta di sicurezza, protezione e nuove forme di welfare si fa sentire trasversalmente e rafforza il ruolo della famiglia come vero ammortizzatore sociale in assenza di adeguate politiche pubbliche.

Il ceto medio: identità culturale, contraddizioni e percezione di sé

Una delle caratteristiche più sorprendenti emerse dalle analisi del Censis riguarda il modo in cui il ceto medio si definisce rispetto ai cambiamenti in atto. Oggi, ben due terzi degli italiani dichiarano di sentirsi appartenenti a questa fascia, facendo riferimento non tanto al reddito, quanto piuttosto all'identità culturale, al livello di istruzione e alle competenze acquisite. Nel 2025, l'idea di ceto medio si declina attraverso valori condivisi: senso del dovere, priorità nella formazione, attenzione alle opportunità per i figli e impegno nell'accumulare capitale culturale. Tuttavia, si rileva una forte frattura tra ciò che si percepisce e la realtà delle condizioni materiali:

  • Contraddizione tra sapere e riconoscimento: L'82% di chi si definisce inserito nella fascia intermedia lamenta l'assenza di un adeguato premio economico per merito, impegno e professionalità. Il capitale culturale, pur costituendo una risorsa identitaria, non si traduce più in un ritorno economico proporzionato.
  • Galleggiamento sociale: La maggioranza vive una situazione di immobilismo più che di declino: i redditi stagnano, le opportunità di crescita appaiono ridotte e le scelte di consumo sono sempre più improntate alla cautela. Solo il 20% percepisce un miglioramento, a fronte di una progressiva erosione della ricchezza media.
  • Supporto familiare come ancora: Sostenere figli e nipoti, anche dal punto di vista finanziario, è un tratto comune. Oltre il 41% dei nuclei tende a contribuire a spese importanti, mettendo la famiglia al centro della tenuta sociale e, di fatto, compensando le carenze pubbliche.
Questa generosità silenziosa, elemento distintivo della fascia intermedia, si accompagna però a una crescente pressione emotiva: circa il 24% vive in uno stato di ansia legato all'incertezza sul domani. Molti temono che l'impegno non sia più una garanzia per costruire un futuro migliore. Il ceto medio continua così a esprimere vitalità sociale e culturale, ma sperimenta una pericolosa disconnessione tra impegno personale e successo materiale.

Le aspirazioni e le paure dell'italiano medio: lavoro, figli e mobilità sociale

Nel 2025, le domande degli italiani sulla qualità del lavoro, sulla sicurezza dei figli e sulle opportunità di mobilità sociale diventano temi di forte attualità. L'ampia indagine condotta mette in luce che molti genitori si trovano a dover confrontarsi con la prospettiva, spesso dolorosa, di un futuro meno favorevole per i propri discendenti rispetto alle generazioni precedenti:

  • Mancata fiducia nella crescita economica: Il 50% dei soggetti appartenenti alla fascia centrale della società è convinto che i figli saranno svantaggiati dal punto di vista economico. Altrettanti ritengono che le opportunità, una volta garantite dal sistema italiano, oggi siano sempre più difficili da conquistare senza dover guardare all'estero.
  • Sogno dell'altrove: Il cosiddetto mito dell'altrove è ormai radicato: il 35% degli italiani pensa che i giovani dovrebbero realizzarsi fuori dai confini, aspirando a percorsi formativi o lavorativi internazionali, mentre il 53% manderebbe volentieri i figli a studiare in una università straniera. Questo dato rappresenta un cambiamento profondo nell'immaginario collettivo.
  • Sforzo generazionale: Le famiglie continuano a investire su futuro e formazione: il 67% di chi si riconosce nella fascia intermedia sostiene spese straordinarie per assicurare ai figli opportunità migliori, tra formazione scolastica, attività sportive e supporto nelle scelte di carriera. Tuttavia, la fatica di sostenere questi investimenti è sempre più evidente, soprattutto in presenza di incertezze lavorative.
Il lavoro rimane una delle principali risorse per la costruzione di identità e autonomia personale, ma viene percepito sempre meno come strumento di ascesa sociale. La fiducia nelle reti di protezione pubblica è calata, portando a una maggiore ricerca di soluzioni individuali (polizze e fondi pensionistici). Le aspirazioni del ceto medio si scontrano così con un senso di precarietà e con l'inevitabile confronto con la mobilità sociale passata, che oggi sembra rallentare ed essere sostituita dall'esigenza di emigrare per «cercare un altrove».

La pressione fiscale, il welfare e il rischio di nuove disuguaglianze

L'analisi dei dati raccolti mostra come la pressione fiscale rimanga uno dei fattori di maggiore insoddisfazione per la popolazione di fascia intermedia in Italia, con conseguenze dirette sulla fiducia nei confronti delle istituzioni e sulla percezione di equità. Il 70% degli italiani richiede una revisione al ribasso delle imposte sul reddito, lamentando uno squilibrio tra quanto versato e i servizi ottenuti in cambio. L'erosione del potere d'acquisto e la stagnazione dei salari contribuiscono a rafforzare questo sentimento di iniquità, aggravato dalla percezione che lavorare di più non comporti vantaggi in termini fiscali o di benefici sociali:

  • Welfare pubblico percepito come insufficiente: Solo il 18% giudica il sistema attuale in grado di rispondere ai bisogni familiari. Di conseguenza, cresce l'interesse verso soluzioni integrative: circa il 45% delle famiglie dispone di una polizza sanitaria privata o di un fondo pensione, mentre il 36% desidererebbe un ampliamento della copertura sanitaria tramite i contratti collettivi.
  • Il rischio di nuove disuguaglianze: L'accesso a protezioni aggiuntive rischia però di creare un divario tra chi può permettersele e chi rimane scoperto. La persistente erosione del risparmio (il 46% dichiara minori possibilità di accumulazione) e la prospettiva di un futuro ancora più incerto alimentano ansie e insicurezze, soprattutto tra chi si trova nella zona grigia tra la povertà e l'agiatezza.
La domanda di riforme fiscali e di un welfare più sostenibile non riguarda solo il beneficio personale, ma viene intesa dagli stessi intervistati come una priorità per garantire stabilità e coesione sociale all'intero sistema nazionale. Di fronte all'inadeguatezza percepita delle reti di protezione, cresce la convinzione che interventi legislativi mirati, capaci di valorizzare merito e competenze, siano necessari per evitare l'accentuarsi di disuguaglianze e la perdita di fiducia nelle istituzioni pubbliche. Il dibattito su questi temi è destinato a influenzare le scelte politiche e sociali dei prossimi anni.