Negli ultimi mesi il settore dei fondi obbligazionari a scadenza ha visto una netta accelerazione in Italia. Il risparmio gestito registra una raccolta straordinaria, con comparti a scadenza che, ormai, costituiscono circa un terzo dell'offerta disponibile. Questo fenomeno, spinto dalla domanda di sicurezza e rendimento, è diventato uno dei temi principali nel panorama degli investimenti nazionali.
Crescono le domande sulla sostenibilità di tali scelte nei portafogli dei risparmiatori, specie guardando oltre l'orizzonte di breve periodo. L'industria finanziaria, infatti, si interroga su quali possano essere gli effetti a lungo termine della forte concentrazione di obbligazionario nell'allocazione degli attivi e sulle possibili vulnerabilità che potrebbero emergere in futuro.
Crescita record del risparmio gestito e dei fondi obbligazionari aperti
Il mercato italiano del risparmio gestito ha raggiunto il nuovo massimo storico di 2.600 miliardi di euro a settembre, secondo le più recenti analisi elaborate da Assogestioni. Solo nel terzo trimestre, la raccolta ha superato 14,2 miliardi, segnando un deciso incremento rispetto alle stime preliminari. I fondi aperti si confermano la componente trainante: a fine settembre, il patrimonio in questi strumenti ammontava a 1.327 miliardi di euro, sostenuto sia dagli afflussi netti (circa 7 miliardi) sia da un effetto mercato particolarmente brillante (+2,5%), con un incremento del valore delle masse di 32 miliardi.
L'elemento più significativo riguarda i fondi obbligazionari, protagonisti di una raccolta netta di 6,3 miliardi su 7 totali nei fondi aperti nel solo terzo trimestre, portando il saldo annuo a oltre 18 miliardi. Quasi il 30% dell'offerta delle principali società italiane si concentra ora su prodotti a scadenza, un dato che sottolinea quanto profondamente questo segmento abbia modificato le preferenze dei risparmiatori. Questa tendenza, peraltro, si osserva da più di un anno e non accenna a rallentare. Si distingue anche una propensione crescente verso strumenti italiani, con 3 miliardi di nuova raccolta confluiti in veicoli di diritto nazionale o round trip. Il quadro, nel suo complesso, evidenzia una trasformazione strutturale nel modo di gestire la ricchezza finanziaria, orientata verso soluzioni considerate più sicure, seppur meno dinamiche rispetto ad asset class come l'azionario.
Perché gli italiani scelgono sempre più i fondi obbligazionari a scadenza?
Molte famiglie e investitori stanno orientando le strategie di risparmio verso prodotti obbligazionari a scadenza, mossi da alcuni fattori chiave:
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Ricerca di stabilità e sicurezza: i tassi in risalita e le turbolenze degli ultimi anni hanno accresciuto il desiderio di tecniche difensive, con l'obbligazionario a scadenza visto come un porto sicuro.
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Attrattività dei rendimenti: il ritorno di cedole interessanti, specie su BTP e corporate, ha rianimato l'appetito dei piccoli risparmiatori e degli investitori prudenti, dopo una lunga fase di tassi bassissimi.
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Semplicità e trasparenza del prodotto: la struttura dei fondi a scadenza - spesso con durata predeterminata e distribuzione di flussi cedolari periodici - risulta particolarmente facile da comprendere rispetto alle alternative più complesse come prodotti flessibili o multi-asset.
Un altro aspetto è
la crescente disaffezione verso la liquidità: negli ultimi cinque anni si è ridotto il peso del deposito bancario nei portafogli, a favore di strumenti con un rendimento prospettico maggiore. Nel 2024 la crescita della quota di obbligazioni (+83% rispetto al periodo pre-pandemico) testimonia quanto questa asset class abbia riconquistato centralità nelle scelte di investimento.
In questo contesto, il pubblico italiano si dimostra più sofisticato nella composizione del portafoglio, con minor dipendenza dal conto parcheggio e maggiore propensione alla pianificazione finanziaria. Questo si riflette anche nell'aumento dei piani di accumulo (PAC), soprattutto tra le nuove generazioni, e nell'implementazione di una strategia d'investimento più orientata al rendimento e alla protezione del capitale.
Rischi e criticità degli investimenti in fondi obbligazionari nel lungo termine
Affidare una porzione rilevante del proprio portafoglio ai fondi obbligazionari comporta, tuttavia, una serie di rischi e di elementi critici che possono emergere soprattutto nell'ottica temporale di lungo periodo:
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Rischio di tasso d'interesse: nonostante il ritorno di rendimenti attrattivi, una successiva discesa dei tassi potrebbe portare a variazioni inattese nei prezzi dei bond, con ripercussioni sulle performance dei fondi, specie quelli a lunga scadenza.
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Rischio inflattivo: in uno scenario di ritorno dell'inflazione, l'interesse reale garantito dagli strumenti obbligazionari tende a erodersi, riducendo il potere d'acquisto dei flussi cedolari e del capitale restituito a scadenza.
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Lunga durata come doppio taglio: un'alta esposizione a scadenze lunghe, spesso consigliata per intercettare maggiori rendimenti, può tuttavia provocare perdite temporanee significative in caso di fasi di rialzo dei tassi o di turbolenze macroeconomiche.
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Concentrazione dei rischi: una gestione troppo sbilanciata verso l'obbligazionario esclude la partecipazione a rendimenti azionari o di asset alternativi, penalizzando il portafoglio in termini di performance nel corso del ciclo finanziario.
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Rischio specifico dell'emittente: la presenza nei portafogli di bond corporate o titoli di Stato di paesi non investment grade può aumentare la probabilità di default o di perdita parziale del capitale.
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L'illusione della sicurezza: troppo spesso, l'obbligazionario viene percepito come privo di rischi, mentre nella realtà mercati e prezzi possono essere molto più volatili di quanto comunemente ritenuto. L'esperienza recente insegna che variazioni nei tassi d'interesse e nei giudizi delle agenzie di rating possono provocare oscillazioni di valore anche >10% per titoli a lunga scadenza.
In Italia solo il 15% del patrimonio investibile è esposto all'equity contro il 57% degli Stati Uniti, segnalano gli esperti, indicando il rischio che, nel lungo periodo, una scarsa diversificazione e la preferenza per strumenti con rendimento atteso più basso comportino potenziali problemi di sostenibilità.
L'eccesso di obbligazionario nei portafogli: impatti sulla diversificazione e sui rendimenti
L'attuale prevalenza di titoli obbligazionari nella composizione dei portafogli familiari italiani riflette un modello di investimento orientato alla prudenza, ma questa scelta risulta spesso penalizzante dal punto di vista dei rendimenti reali di lungo periodo. Una presenza eccessiva di bond limita infatti la partecipazione alla crescita dei mercati azionari, che storicamente hanno offerto ritorni superiori, e aumenta il rischio di sopravvivere alle proprie risorse finanziarie, specialmente considerando l'allungamento della vita media.
Gli effetti negativi possono essere sintetizzati così:
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Bassa diversificazione: il portafoglio perde equilibrio, esponendosi a rischi specifici del comparto obbligazionario (tassi, emittenti, cicli economici).
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Rendimenti attesi inferiori: la mancata esposizione ad asset class più dinamiche riduce la possibilità di accumulare valore nel medio-lungo termine, soprattutto al netto dell'inflazione.
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Minor resilienza ai cambiamenti di scenario: un portafoglio statico risente maggiormente di fasi congiunturali negative per i titoli fissi, senza il supporto di asset alternativi o azionari.
Questi aspetti sono riportati con chiarezza anche da numerose fonti del settore, tra cui il report dell'Osservatorio Sottoscrittori di Assogestioni, che evidenzia come una diversificazione bilanciata resti la principale garanzia di stabilità e di rendimento nel lungo periodo.
L'asset allocation dinamica e il controllo dei rischi servono a proteggere il patrimonio dalle incertezze macroeconomiche, garantendo anche la possibilità di cogliere opportunità nei diversi segmenti di mercato.
Il ruolo della consulenza finanziaria nella gestione dei rischi
La crescita dei fondi obbligazionari a scadenza pone nuove sfide ai consulenti finanziari, chiamati a rafforzare la qualità del servizio e la formazione dei clienti. Un punto centrale è la necessità di orientare l'investitore verso una visione di lungo termine, superando le reazioni emotive di breve durata che spesso portano a scelte subottimali.
I compiti richiesti ai professionisti includono:
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Educazione finanziaria: aiutare il cliente a comprendere le reali caratteristiche dei prodotti obbligazionari, i meccanismi di rendimento e i rischi collegati, distinguendo la percezione dalla realtà dei mercati.
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Pianificazione personalizzata: costruzione di portafogli realmente in linea con gli obiettivi di vita, la tolleranza al rischio e il ciclo finanziario dell'investitore.
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Promozione della diversificazione: spiegare l'importanza di distributire il capitale su più asset, integrando l'obbligazionario con altre tipologie di investimento in modo da aumentare la resilienza complessiva.
L'esperienza maturata dagli advisor nel contatto diretto con i clienti permette di sviluppare soluzioni concrete e di accompagnare il risparmiatore verso scelte più consapevoli e anti-fragili. Peraltro,
le nuove normative europee MiFID II e la direttiva IDD rafforzano il quadro regolamentare sulla trasparenza, sulle profilazioni e sulla protezione degli investitori.