Chi sono davvero gli italiani più ricchi e più tassati? Redditi, diseguaglianze territoriali tra Nord e Sud e impatto della pressione fiscale sulle diverse categorie di contribuenti secondo CGIA 2025.
La fotografia delle dichiarazioni dei redditi in Italia, fornita dall'analisi della CGIA di Mestre sui dati del 2023, mostra una realtà complessa e caratterizzata da marcate differenze territoriali e sociali. Il totale dell'imposta sulle persone fisiche dichiarata dai contribuenti supera i 190 miliardi di euro, rappresentando circa un terzo delle entrate fiscali nazionali.
L'Irpef si conferma l'imposta principale nell'architettura tributaria italiana, evidenziando una distribuzione del prelievo fortemente influenzata dal livello di reddito. Il sistema fiscale italiano, contraddistinto dalla progressività, penalizza in misura maggiore chi dichiara importi più elevati, mentre cerca di tutelare i nuclei familiari e gli individui con redditi inferiori. Questa configurazione, tuttavia, tende a mettere in luce un divario sempre più profondo tra le aree economicamente più forti del Paese e quelle caratterizzate da minori possibilità economiche.
Sul territorio nazionale si osservano forti differenze nel livello dei redditi dichiarati e nella pressione fiscale effettiva. Le analisi della CGIA indicano che la Città Metropolitana di Milano guida sia per il reddito complessivo medio, con 33.604 euro, sia per il prelievo Irpef medio netto, che raggiunge gli 8.846 euro per contribuente. Seguono nella graduatoria Bologna (reddito medio 29.533 euro, Irpef media netta 6.644 euro), Monza-Brianza (29.455 euro, 6.908 euro), Lecco (28.879 euro, 6.908 euro), Bolzano (28.780 euro, 6.863 euro), Parma (28.746 euro), Roma (28.643 euro, 7.383 euro) e altre realtà dell'Italia centro-settentrionale.
La seguente tabella presenta le prime posizioni per reddito medio dichiarato e Irpef versata:
Provincia |
Reddito Medio (€) |
Irpef Media (€) |
Milano |
33.604 |
8.846 |
Bologna |
29.533 |
6.644 |
Monza-Brianza |
29.455 |
6.908 |
Lecco |
28.879 |
6.908 |
Bolzano |
28.780 |
6.863 |
Parma |
28.746 |
-- |
Roma |
28.643 |
7.383 |
Queste province, considerate veri e propri poli di ricchezza fiscale, si collocano sistematicamente anche nei primi posti per qualità dei servizi pubblici offerti, infrastrutture sociali e investimenti in istruzione. Tale relazione tra livello di tassazione e servizi erogati evidenzia come nelle aree con contribuenti più tassati e più ricchi venga garantito un maggior ritorno in termini di welfare locale e sviluppo territoriale.
Il quadro mette in luce come non solo il reddito medio ma anche l'Irpef media versata rappresentino indicatori importanti delle condizioni socio-economiche di una provincia, sottolineando il peso dei grandi centri urbani nella formazione del gettito fiscale nazionale.
Nelle regioni del Sud la situazione economica risulta più fragile: il livello dei redditi dichiarati è nettamente inferiore alla media nazionale, mentre la quota di contribuenti con redditi bassi è particolarmente elevata. Secondo CGIA, la percentuale di residenti che dichiara meno di 24.830 euro supera spesso il 70% nelle aree meridionali e insulari; in Calabria si arriva al 77,7%. Anche la Città Metropolitana di Cagliari, pur rappresentando la realtà più avanzata del Sud, si colloca solo al 25° posto per prelievo Irpef e al 46° per livello di reddito. Più nel dettaglio:
Le analisi condotte dall'Ufficio studi della CGIA restituiscono un quadro nel quale la disparità tra Nord e Sud appare evidente. In termini di ricchezza, le province settentrionali dominano le classifiche sia per reddito medio che per volume fiscale generato, mentre le regioni meridionali si posizionano costantemente nella parte bassa dei ranking.
A livello nazionale, la media dei contribuenti che dichiarano un reddito inferiore al valore medio è del 65,9%. Tuttavia, basta spostarsi nelle regioni del Sud e delle Isole per trovare percentuali ampiamente superiori al 70%, con picchi come quello calabrese. Al contrario, nelle aree del Settentrione tali valori scendono anche sotto il 60%. Per riassumere:
Va anche sottolineato che la qualità dei servizi pubblici tende ad essere maggiore proprio nelle aree dove la pressione fiscale è più alta, rafforzando ulteriormente il circolo virtuoso tra capacità contributiva e investimenti sociali.
L'ordinamento italiano si fonda su un sistema progressivo di imposizione, in cui chi guadagna di più versa una quota crescente di imposte. L'Irpef, in particolare, si applica tramite scaglioni di reddito che prevedono aliquote dal 23% al 43%. Questa progressività è pensata per garantire equità, consentendo ai contribuenti con capacità finanziaria elevata di contribuire in misura maggiore alla spesa pubblica. Tuttavia, alcune distorsioni esistono: aliquote ridotte su redditi finanziari e altri strumenti agevolati hanno talvolta favorito i redditi più alti, riequilibrando in parte il carico fiscale sulla base di scelte di investimento e tipologia di reddito.
I dati della Commissione Europea mostrano inoltre che i lavoratori con redditi bassi in Italia subiscono un prelievo tra i più pesanti d'Europa a causa sia delle imposte sul reddito sia dei contributi previdenziali. In aggiunta, la presenza di deduzioni e detrazioni ha reso negli anni il sistema particolarmente articolato e talvolta poco trasparente:
I contribuenti Irpef in Italia sono oltre 42,5 milioni, un dato che comprende diverse categorie: lavoratori dipendenti (quasi 23,8 milioni), pensionati (14,5 milioni), autonomi e altri percettori di redditi (1,6 milioni ciascuno). La composizione di queste categorie incide sul gettito e sulla ripartizione della pressione fiscale:
Al netto delle novità attese in manovra finanziaria, il Documento di Economia e Finanza 2025 stima per l'anno corrente una pressione fiscale pari al 42,7% del PIL, in lieve aumento rispetto al 2024. Questo incremento, tuttavia, non è imputabile a un reale aumento delle imposte, quanto piuttosto a modifiche nel modo di contabilizzare alcune misure, come il passaggio dalla decontribuzione ai bonus per redditi più bassi, classificati come spesa anziché minore entrata.
Le principali novità normative dell'ultimo biennio hanno avuto un impatto limitato sul prelievo complessivo, riguardando: