Lo scudo penale per i medici ridefinisce le responsabilità e le tutele nella pratica sanitaria, con nuove regole su colpa grave, risarcimento, impatto sui pazienti e reazioni da parte di operatori e istituzioni.
Negli ultimi anni, il dibattito intorno alla responsabilità penale dei professionisti della salute nell'ambito della riforma in corso in Italia ha assunto particolare rilevanza, segnando una svolta significativa con l'approvazione di una misura strutturale nota come scudo penale. Questo meccanismo, originariamente introdotto durante l'emergenza pandemica e poi prorogato più volte, mira a ridefinire le condizioni in cui il personale sanitario può essere chiamato a rispondere penalmente per eventi dannosi accaduti nell'esercizio della propria funzione.
La nuova disciplina nasce dall'urgenza di garantire serenità a chi opera in ambito sanitario e di limitare le distorsioni prodotte dalla cosiddetta medicina difensiva, un fenomeno che grava economicamente e organizzativamente sul Servizio sanitario nazionale (SSN) e influisce sulla qualità dell'assistenza ai cittadini.
Con il termine "scudo penale" si designa il nuovo assetto normativo che circoscrive la responsabilità penale dei medici in caso di lesioni personali o decesso di pazienti, prevedendo la punibilità solo per ipotesi di colpa grave. Il recente intervento legislativo deriva dalla volontà di trovare un equilibrio tra la necessità di tutelare chi svolge attività sanitaria e la salvaguardia dei diritti delle persone assistite. Il provvedimento si collega a una revisione del Codice penale e alla modifica delle norme introdotte dalla legge "Gelli-Bianco" (Legge 8 marzo 2017, n. 24), consolidando principi già sperimentati in contesti di emergenza.
I motivi della riforma sono riconducibili a molteplici fattori:
Le norme attualmente in via di definitiva approvazione, insieme alla riforma delle professioni, prevedono che i professionisti sanitari possano essere perseguiti penalmente per lesioni personali o omicidio colposo soltanto nei casi in cui sia dimostrata una colpa grave. Il riferimento centrale è agli articoli 590-sexies e 590-septies del Codice penale, aggiornati dalla recente riforma. Il perimetro della responsabilità viene, dunque, delimitato dalla verifica di alcune condizioni:
Quando si valuta la gravità della colpa in ambito sanitario, i giudici sono chiamati ad un'analisi articolata che prende in considerazione numerosi parametri. La riforma prevede che, ai fini della decisione, vengano tenuti presenti non solo gli standard medico-scientifici, ma anche:
L'introduzione della disciplina basata sul concetto di colpa grave ha profonde ripercussioni sull'assetto del SSN e sulla tutela degli utenti. Uno degli obiettivi è il contrasto alla medicina difensiva, un approccio in cui il timore di responsabilità penali induce i professionisti a prescrivere esami o trattamenti non necessari, con conseguente aumento dei costi e ricadute negative sul funzionamento del sistema. L'attuale normativa si propone di:
L'applicazione dello scudo penale non modifica il diritto dei cittadini ad ottenere un giusto risarcimento di eventuali danni subiti da imperizia o colpa del personale sanitario. La riforma, infatti, distingue tra responsabilità penale e responsabilità civile, lasciando invariato l'accesso alle tutele previste dall'articolo 2236 del codice civile per la rivalsa nei confronti degli operatori.
Il procedimento civile resta accessibile anche nei casi in cui la condotta non sia penalmente rilevante. I criteri di valutazione della colpa civile rimangono invariati rispetto alla normativa vigente. Non viene precluso, quindi, al paziente il diritto di agire per ottenere un indennizzo.
Questa impostazione garantisce un equilibrio tra la necessità di tutela del cittadino e il diritto degli operatori sanitari a non subire procedimenti penali ingiustificati.
L'accoglienza della riforma da parte di medici, associazioni di categoria e sindacati si è rivelata generalmente favorevole. La Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FNOMCeO) ha espresso apprezzamento per il tentativo di restituire serenità al lavoro clinico, ponendo tra le priorità anche investimenti strutturali per il personale. Il sindacato Anaao-Assomed ha sottolineato l'importanza della misura come punto di partenza per una rinnovata attenzione alle condizioni di lavoro e al rapporto medico-paziente. Alcune istituzioni hanno evidenziato il carattere non impunitivo dello scudo, rimarcando la permanenza della responsabilità civile e il rispetto dei diritti dei cittadini. Tra gli esperti si segnala infine la soddisfazione per l'adeguamento del quadro normativo italiano alle principali legislazioni internazionali sul tema.