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Chi sono i lavoratori più stressati, le cause e le soluzioni per evitare malattie correlate come depressione e stati di ansia

di Marcello Tansini pubblicato il
Depressione e stati di ansia

Pressioni, scadenze e incertezze rendono lo stress lavoro-correlato un fenomeno crescente in Italia, con ripercussioni che vanno dalla salute mentale al benessere fisico. Chi sono i più colpiti, le cause e le possibili soluzioni per affrontare ansia, depressione e burn-out all'interno dei contesti lavorativi.

Secondo le indagini condotte su scala europea, una quota di lavoratori nel Paese percepisce la propria attività come fonte di stress, ansia e disagio psicologico. Con una percentuale del 63,3%, superiore alla media europea, il fenomeno assume una rilevanza sempre più ampia, influenzando la soddisfazione professionale e il coinvolgimento nelle dinamiche aziendali.

Le sfide legate alla conciliazione fra esigenze personali e carichi lavorativi, insieme alla percezione di uno squilibrio tra capacità individuali e aspettative, contribuiscono ad accentuare stati di affaticamento e demotivazione trasversali a tutte le fasce d'età. Il crescente interesse per la qualità della vita nei contesti aziendali evidenzia oggi la necessità di un rinnovato impegno verso la promozione della salute psico-fisica dei lavoratori.

Chi sono i lavoratori più stressati: profili, età e settori maggiormente colpiti

Analizzando i dati più recenti, emergono con chiarezza alcuni tratti che distinguono le categorie più soggette a stress. I risultati dell'ottavo Rapporto Censis-Eudaimon e delle principali ricerche internazionali mostrano una prevalenza di disagio psicologico tra i dipendenti più giovani: il 47,7% degli under 35 ha sperimentato forme di esaurimento o distacco dal lavoro, un dato superiore a quello delle fasce di età più avanzate. Seguono gli adulti tra 35 e 54 anni, con il 28,2% di casi di burnout, mentre tra i lavoratori over 55 la percentuale si attesta al 23%. Queste percentuali sottolineano una correlazione tra età e vulnerabilità allo stress:

  • Giovani lavoratori: Esposizione più alta a forme di stress dovuta a carichi elevati, instabilità contrattuale e incertezza nel futuro professionale.
  • Adulti e senior: Anche se con numeri inferiori, manifestano segnali di disagio, spesso legati a responsabilità crescenti e difficoltà nell'adattarsi ai cambiamenti organizzativi.
Non sono da sottovalutare le differenze tra settori: chi opera nella sanità, istruzione, servizi sociali e in comparti ad alta intensità relazionale presenta maggiori rischi di affaticamento mentale. All'interno delle aziende, impiegati e operai riferiscono livelli di stress paragonabili a quelli dei ruoli dirigenziali, a conferma della dimensione trasversale del fenomeno. Infine, la presenza di un buon clima organizzativo e la possibilità di accedere a modalità di lavoro flessibile risultano fattori determinanti per attenuare la percezione di disagio.

Principali cause di stress, ansia e burn-out sul lavoro

L'identificazione delle cause alla base dello stress lavorativo è essenziale per comprendere il quadro di sofferenza diffuso. Tra i fattori più segnalati emergono:

  • Mancanza di supporto da parte dell'azienda: Il 67,3% dei lavoratori indica l'assenza di aiuto come catalizzatore di malessere e demotivazione.
  • Ambiente lavorativo percepito come poco sano: Il 68,5% attribuisce allo scarso benessere organizzativo una delle ragioni di difficoltà emotiva.
  • Carico di responsabilità e pressione costante: Il 73,9% denuncia eccessiva pressione durante l'attività professionale, a cui si associa la sensazione di non riuscire a gestire gli impegni.
  • Squilibrio tra vita lavorativa e privata: Il 76,8% trova difficile mantenere una separazione tra gli ambiti, con ripercussioni dirette sullo stato d'animo.
  • Senso di scarso riconoscimento: Mancanza di valorizzazione e di possibilità di sviluppo personale e professionale alimentano frustrazione.
Accanto a queste, la rigidità degli orari, l'impossibilità di usufruire di smart working o flessibilità, la stagnazione dei salari reali e la difficoltà nell'accesso a servizi di supporto psicologico contribuiscono ad aggravare l'esposizione al rischio di burn-out. Le cause tendono spesso a sovrapporsi, amplificando i livelli di ansia e predisponendo allo sviluppo di disagi mentali di diversa intensità. In particolare, il progressivo slittamento dei confini tra vita personale e lavoro facilita la cronicizzazione dello stato di stress.

Impatto dello stress lavorativo sul benessere mentale e fisico

L'incidenza dello stress sulle condizioni psicofisiche dei lavoratori appare ormai inequivocabile. Disturbi come l'ansia, la depressione e il burnout non riguardano più fenomeni eccezionali, ma rappresentano le conseguenze più frequenti di un contesto lavorativo poco bilanciato. Secondo i dati disponibili, il 31,8% dei dipendenti ha sperimentato sintomi riconducibili all'esaurimento mentale.

Sotto il profilo mentale, si riscontrano ridotta capacità di concentrazione, perdita di motivazione e crescita del senso di inadeguatezza. Dal punto di vista fisico, le manifestazioni possono essere molteplici:

  • Cefalee ricorrenti
  • Disturbi del sonno
  • Tensioni muscolari
  • Problemi gastrointestinali
La presenza di uno stato di stress prolungato può portare all'insorgenza di comportamenti poco salutari, tra cui sedentarietà, abuso di sostanze e alimentazione squilibrata. Il rischio di cronicizzazione di alcune malattie, come quelle cardiovascolari, risulta più elevato nei soggetti esposti a carichi lavorativi pressanti.

Nonostante l'impatto documentato, solo una minoranza accede periodicamente a servizi di counseling o psicoterapia, segnale di una cultura aziendale ancora poco attenta alla prevenzione del malessere psico-fisico:

Disturbo

Percentuale

Ansia e stress

73%

Burn-out

31,8%

Ricorso al supporto psicologico

36,7%

La sindrome da corridoio: quando lo stress supera i confini del lavoro

Un aspetto crescente è rappresentato dalla cosiddetta sindrome da corridoio, che identifica la permeabilità tra ansie lavorative e problemi personali. Il fenomeno riguarda circa tre milioni di lavoratori, i quali si trovano a vivere una sovrapposizione continua delle fonti di preoccupazione, con impatti negativi sia sulla performance sia sulle relazioni extralavorative.

Le statistiche mostrano come il 36,1% dei lavoratori trasporti problemi professionali nella sfera domestica, condizionando in modo significativo la qualità dei rapporti familiari e amicali. Viceversa, il 25,7% dichiara di subire le ripercussioni di tensioni personali durante lo svolgimento dell'attività d'ufficio. I giovani, in particolare, risultano i più esposti a questa commistione, manifestando con maggiore frequenza segnali di esaurimento e distacco emotivo.

Soluzioni e strategie per ridurre lo stress

Le attese sulle condizioni di lavoro stanno rapidamente mutando: oggi una larga maggioranza dei dipendenti attribuisce valore prioritario al benessere olistico derivante dalla propria occupazione. L'83,4% degli intervistati riconosce la centralità della salute mentale e fisica come dimensione imprescindibile dell'esperienza professionale. Emergono inoltre alcune richieste specifiche:

  • Maggiore equilibrio tra tempi di vita e lavoro
  • Flessibilità oraria e possibilità di lavoro agile
  • Adozione di pratiche di ascolto e sostegno da parte delle aziende
  • Accesso a servizi di welfare, meditazione, counseling o attività integrative come yoga
  • Valorizzazione delle competenze individuali e riconoscimento dell'autonomia
Le nuove generazioni mostrano aspettative più elevate in termini di benessere organizzativo, chiedendo ambienti inclusivi e caratterizzati da attenzione alla persona. Il desiderio di rafforzare legami interni e la ricerca di rapporti di qualità con colleghi e superiori rappresentano un ulteriore elemento chiave: per il 94,6% la presenza di relazioni positive è determinante per il benessere soggettivo.

Il contrasto agli effetti dello stress lavorativo passa oggi attraverso l'adozione di strategie innovative da parte delle aziende. Il tema del welfare organizzativo emerge come uno degli strumenti più efficaci. La crescente consapevolezza riguardo alle sue potenzialità è confermata dall'85,8% dei dipendenti che auspicano l'introduzione o l'allargamento dei benefit.

  • Welfare aziendale: Implementazione di benefit personalizzati, servizi per la salute e il benessere, convenzioni sanitarie e soluzioni integrative che favoriscano il bilanciamento tra lavoro e vita privata.
  • Supporto psicologico: Promozione di counseling, accesso agevolato a percorsi psicoterapeutici e sensibilizzazione su pratiche preventive come meditazione e yoga.
  • Flessibilità organizzativa: Possibilità di usufruire di smart working, orari adattabili e riduzione dei carichi continuativi.
  • Sviluppo delle soft skill: Programmi formativi su gestione dello stress, time management e capacità relazionali.
Le aziende che investono su questi aspetti vedono ricadute positive sia in termini di produttività che di fidelizzazione, riuscendo ad attrarre e trattenere talenti anche tra le fasce più giovani. Un approccio olistico, che valorizzi la dimensione personale e relazionale, diventa pertanto elemento distintivo per chi intende posizionarsi come datore di lavoro sensibile e attento.