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Chiudere una partitiva iva forfettarie: tutti i modi per farlo, istruzioni e procedure, costi e tempistiche a confronto

di Marcello Tansini pubblicato il
chiudere partita iva forfettaria

Chiudere una partita IVA forfettaria comporta una serie di valutazioni: quando opportuno farlo, quali sono le procedure, i costi, i rischi in caso di errori, e cosa accade dopo la chiusura. Approfondimento su ogni aspetto.

La cessazione di un’attività gestita con regime fiscale semplificato rappresenta spesso un passaggio determinante nel percorso di un lavoratore autonomo o imprenditore individuale. Comprendere tutte le procedure, i documenti e gli obblighi connessi a questa operazione è essenziale, sia per evitare errori sia per scongiurare sanzioni e adempimenti posticipati. La normativa, infatti, richiede una comunicazione puntuale e corretta alle autorità, offrendo, allo stesso tempo, strumenti che garantiscono trasparenza e tracciabilità delle operazioni. In questa analisi, vengono illustrati punti salienti, tempistiche e costi legati alla chiusura, offrendo un quadro preciso di tutte le procedure indispensabili e degli effetti conseguenti alla cessazione della partita IVA forfettaria.

Quando e perché chiudere la partita IVA forfettaria

La necessità di porre termine a una posizione fiscale semplificata può sorgere in diverse circostanze. Le ragioni più frequenti riguardano la cessazione dell’attività, la trasformazione dell’impresa o anche la mancata operatività protratta nel tempo. È importante distinguere la data di cessazione reale da quella della fatturazione o dall’ultimo pagamento ricevuto: la chiusura deve infatti corrispondere al momento in cui sono incassati tutti i crediti e completate le attività. 
Nel dettaglio, si rende necessario procedere nel caso di:

  • cessazione definitiva dell’attività autonomamente intrapresa;
  • trasformazione della struttura imprenditoriale (ad esempio passaggio a società);
  • cambiamento sostanziale del codice ATECO o della natura dell’attività;
  • assenza di operazioni, fatturazioni o dichiarazioni per almeno tre anni consecutivi, che può comportare la chiusura d’ufficio da parte dell’Agenzia delle Entrate;
  • cessazione o trasferimento della residenza fiscale in altro Stato.
La mancata chiusura formale, nonostante la cessazione dell’attività, espone al rischio di ricevere richieste di contributi, imposte e diritto camerale, anche in assenza di operatività. Effettuare la chiusura nel rispetto dei termini previsti (normalmente entro 30 giorni dalla data effettiva), consente di regolarizzare definitivamente la posizione fiscale, contributiva e amministrativa, interrompendo ogni ulteriore obbligo nei confronti di enti e autorità.

Tutte le procedure per chiudere la partita IVA forfettaria

La procedura da seguire prevede diverse fasi, che possono variare in presenza di iscrizione ad albi o alla Camera di Commercio. Nella maggior parte dei casi, le operazioni fondamentali sono:

  • presentare all’Agenzia delle Entrate la comunicazione di cessazione utilizzando il modello AA9/12 (per imprenditori individuali, liberi professionisti e lavoratori autonomi);
  • se iscritti al Registro delle Imprese, effettuare la cancellazione tramite ComUnica, la piattaforma che notifica automaticamente la chiusura anche a INPS e INAIL;
  • qualsiasi eventuale adempimento aggiuntivo verso ordini professionali e casse previdenziali di riferimento.
Ognuna di queste operazioni richiede attenzione sia nella compilazione dei moduli che nel rispetto delle tempistiche. Per alcune categorie, ad esempio i liberi professionisti iscritti a un ordine, è indispensabile comunicare la cessazione sia all’ordine sia alla cassa previdenziale. Le modalità di trasmissione possono essere telematiche, via PEC, direttamente in ufficio o tramite raccomandata, con richiesta di allegare eventuale documentazione, come la copia di un documento d’identità o la firma digitale.

Comunicazione all’Agenzia delle Entrate: modalità e tempistiche

Il primo e più importante passaggio è la trasmissione della comunicazione di cessazione attività all’Agenzia delle Entrate. Il modello da utilizzare è l’AA9/12 per lavoratori autonomi e ditte individuali. Questo documento può essere:

  • compilato e inviato telematicamente tramite i servizi online (Fisconline/Entratel), previo possesso delle credenziali digitali;
  • trasmesso via PEC alla Direzione Provinciale territorialmente competente, allegando copia di un documento di riconoscimento se firmato a mano;
  • consegnato a mano presso un ufficio dell’Agenzia;
  • spedito tramite raccomandata con ricevuta di ritorno.
Il termine massimo per l’invio è di 30 giorni a decorrere dalla data effettiva di cessazione (art. 35 DPR 633/72). Si raccomanda di indicare la data reale di conclusione delle operazioni economiche, considerando tutte le fatture, incassi e gli adempimenti effettivamente terminati. 
Al termine della procedura verrà attribuito un codice di cessazione, conferma utile per eventuali futuri accertamenti. In caso di errori o omissioni, l’integrazione delle dichiarazioni è consentita, ma può comportare sanzioni se tardiva. Non presentare la comunicazione, per quanto non sanzionato nel regime attuale, può causare controlli e complicazioni amministrative.

Cancellazione dalla Camera di Commercio e INPS: iter e obblighi aggiuntivi

Nel caso di soggetti iscritti al Registro delle Imprese (commerciali, artigiani, ditte individuali), la cancellazione va effettuata tramite il portale ComUnica. Questa procedura consente di:

  • comunicare in modo unificato la cessazione anche a INPS e INAIL;
  • richiedere la cancellazione dal ruolo artigiani ove previsto;
  • archiviare automaticamente le posizioni contributive associate (evitando richieste di pagamento per esercizi successivi alla chiusura).
Il mancato completamento di queste formalità comporta la persistenza degli obblighi verso Camera di Commercio e INPS, inclusi il pagamento di diritto camerale annuale e contributi minimi. Per chi opera in qualità di libero professionista non iscritto ad albi, la comunicazione alla Camera di Commercio non è necessaria; tuttavia, chi è iscritto a un ordine dovrà informare la cassa previdenziale di riferimento per poter interrompere i versamenti dovuti fino alla chiusura.

Costi della chiusura e confronto delle spese: casi pratici e variabili in gioco

Chiudere la posizione fiscale in regime agevolato può risultare gratuito se gestito autonomamente, ma alcune casistiche comportano spese accessorie. Analizziamo i costi principali nei diversi scenari:

Adempimento Costo indicativo (€)
Presentazione AA9/12 all’Agenzia Entrate 0 (gratuito)
Diritti di segreteria Camera di Commercio
(se iscritti)
18 - 30
Marca da bollo per pratica ComUnica 17,50 - 30
Servizi di consulenza professionale 50 - 500
Costi di canc. da casse professionali Variabili
Spese postali per invio raccomandate 5 - 10

I liberi professionisti senza iscrizione alla Camera di Commercio generalmente non devono sostenere costi obbligatori, a meno dell’eventuale onorario del consulente. Al contrario, le ditte individuali iscritte, artigiani o commercianti devono considerare:

  • costi tra 35 e 90 euro complessivi per bolli, diritti e pratiche telematiche;
  • pagamento di eventuali annualità residue per il diritto camerale, che resta dovuto fino al completamento della cancellazione;
  • eventuali costi delle procedure con la propria cassa previdenziale (alcune casse richiedono, ad esempio, la copertura dell’intero contributo annuale, anche per cessazioni avvenute a metà anno);
  • possibilità di detrarre alcune spese nella dichiarazione reddituale finale.
Affidarsi a un commercialista può implicare un compenso che, in base alla complessità delle pratiche, varia generalmente tra 50 e 300 euro. La consulenza riduce rischi di errori e irregolarità nella gestione documentale e nei rapporti con gli Enti.

Cosa succede dopo la chiusura: obblighi fiscali, documenti e dichiarazioni residue

La cessazione della posizione fiscale non annulla automaticamente tutti gli obblighi verso il Fisco. Dopo la chiusura, restano alcuni adempimenti da completare:

  • presentare la dichiarazione dei redditi relativa all’ultimo anno in cui l’attività è stata esercitata, includendo ogni reddito maturato fino alla cessazione;
  • archiviare e conservare la documentazione contabile, tra cui fatture e registri, per almeno 6 anni, in ottemperanza ai termini di prescrizione tributaria;
  • eventualmente completare liquidazioni IVA residue, se nella fase precedente si era usciti dal regime semplificato;
  • curare l’autofatturazione di beni rimasti inutilizzati e la corretta contabilizzazione, in caso si imponga per normativa di settore.
Le operazioni effettuate dopo la chiusura – ad esempio incassi relativi a lavori terminati precedentemente – devono essere trattate amministrativamente secondo le indicazioni delle circolari dell’Agenzia. La gestione dei rapporti con le casse previdenziali varia in base alle categorie: per chi versava in gestione separata INPS, non è necessaria un’ulteriore richiesta specifica, mentre per altre casse è opportuno seguire regolamenti e scadenze previsti dai singoli enti. Rimane essenziale conservare, anche digitalmente, tutte le ricevute, comunicazioni e attestati di cessazione per eventuali richieste future.

Chiusura d’ufficio e casi particolari: partita IVA inattiva, sospensione e riapertura

La normativa fiscale prevede la chiusura coatta delle posizioni che risultino inattive per almeno tre anni consecutivi. L’Agenzia delle Entrate invia in questi casi una comunicazione formale al titolare, che può offrire chiarimenti entro 60 giorni. In assenza di riscontro, la posizione viene chiusa d’ufficio. Questa procedura annulla anche la possibilità di effettuare operazioni intracomunitarie (perdita della posizione VIES) e limita l’utilizzo di crediti fiscali in compensazione. 
Non è prevista la sospensione temporanea della partita IVA: la legge non consente di "mettere in pausa" la posizione fiscale, quindi l’unica alternativa all’operatività è la vera chiusura. In caso di riapertura, è possibile reiterare il regime agevolato rispettando i limiti e requisiti attuali, ma decade il beneficio dell’aliquota agevolata al 5% se la nuova attività viene avviata entro tre anni dalla chiusura precedente.

Sanzioni e rischi per chi non chiude correttamente la partita IVA

L’omessa o erronea comunicazione di cessazione può comportare diverse conseguenze. Nonostante alcune sanzioni siano state abolite negli ultimi anni, permangono rischi collegati a:

  • mancato aggiornamento degli archivi disponibili agli enti fiscali;
  • ricezione di richieste di pagamento per quote annuali e contributi non dovuti;
  • sanzioni amministrative per ritardi negli adempimenti contributivi e amministrativi;
  • eventuali verifiche sulla legittimità delle dichiarazioni precedenti e delle ultime operazioni, specie in presenza di crediti fiscali residui.
Le principali sanzioni amministrative, a titolo di esempio, possono andare da 100 a 500 euro per il mancato invio della comunicazione di cessazione a INPS o Camera di Commercio, oltre a eventuali interessi su contributi non dovuti. La gestione tempestiva e completa della procedura è, di conseguenza, il miglior modo per evitare contestazioni e ulteriori addebiti.