Nel contesto della nuova manovra finanziaria, è emersa una proposta di condono mirata all’oro fisico detenuto dagli italiani senza idonea documentazione d’acquisto. Il provvedimento nasce dal confronto politico tra maggioranza e governo per individuare nuove risorse attraverso strategie fiscali innovative e temporanee.
L’attenzione si concentra su lingotti, monete e placchette di metallo prezioso custodite in forma privata, che costituiscono da sempre una significativa riserva di valore per moltissime famiglie e investitori. L’obiettivo è quella di incentivare la regolarizzazione volontaria di questi beni, garantendo una tassazione agevolata, inferiore rispetto al regime standard.
Cos’è e a chi si rivolge la nuova tassa sull’oro da investimento
Il nuovo regime di tassazione agevolata è destinato esclusivamente a chi possiede oro da investimento, vale a dire lingotti, placchette o monete riconosciuti come tali dai mercati finanziari e dalle normative nazionali.
Questa disciplina riguarda prevalentemente le persone fisiche che, nel tempo, hanno accumulato oro fuori dai canali bancari o tramite acquisti privi di fatture o attestazioni formali, spesso custodendolo in casa o in cassette di sicurezza. La platea interessata copre sia piccoli risparmiatori, che hanno visto nell’oro un bene rifugio, sia soggetti con consistenti patrimoni non ancora emersi ai fini fiscali.
Non rientrano in questa misura i prodotti finanziari collegati all’oro, come ETF, ETC o certificati digitali, né i gioielli di uso personale e di valore modesto. La finalità della norma è permette a chi, alla data del 1° gennaio 2026, detiene oro fisico non dichiarato in assenza di una prova del costo di acquisto, di regolarizzare la propria posizione versando un’imposta ridotta entro un termine ben definito. Storicamente, la normativa attuale, in assenza di chiara documentazione d’acquisto, prevede l’applicazione di un’aliquota fiscale massima sull’intero valore ceduto, soluzione che penalizza anche chi ha acquistato oro in periodi di prezzi molto inferiori rispetto agli attuali.
Come funziona la tassazione agevolata al 12,5% o 10% sull’oro non dichiarato
La misura oggetto di discussione introduce la possibilità di dichiarare l’oro detenuto pagando un’imposta sostitutiva significativamente inferiore rispetto al prelievo ordinario. In concreto, chi aderisce all’opzione entro il 30 giugno 2026 potrà beneficiare di un’aliquota ridotta al 12,5% (o, secondo ulteriori ipotesi discusse, al 10%). In sintesi:
- Questa percentuale si applica al valore di mercato dell’oro da investimento per cui manca una comprovata data o prezzo di acquisto.
- L’importo pagato sostituisce completamente ogni altra imposta dovuta sullo stesso oro oggetto di rivalutazione.
- In futuro, in caso di vendita, il tributo viene applicato soltanto su eventuali plusvalenze maturate dopo la ratazione, annullando così la doppia imposizione.
La ratio è favorire l’emersione di oro fisico non tracciato, considerando che, nel quadro normativo attuale, la vendita in assenza di documentazione comporta una tassazione del 26% sull’intero importo ricavato, e non sulla sola differenza tra ricavo e prezzo di ingresso.
Le modalità di pagamento: rateizzazione, scadenze e intermediari coinvolti
Il pagamento della tassa agevolata è concepito per favorire la flessibilità finanziaria dei contribuenti:
- È possibile saldare l’importo in un’unica soluzione oppure suddividere la somma in tre rate annuali.
- Le scadenze prevedono la prima rata entro la data di scadenza per la rivalutazione, mentre gli ulteriori versamenti sono previsti a distanza di 12 mesi l’uno dall’altro.
- Le rate successive alla prima sono gravate da un interesse del 3% annuo.
Il processo di regolarizzazione prevede il coinvolgimento di
intermediari professionali iscritti all’OAM (Organismo degli Agenti e dei Mediatori), incaricati di attestare la valutazione dei beni e di gestire la trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate. Questi soggetti sono fondamentali per garantire trasparenza, corretta stima del valore e rispetto delle tempistiche. L’importo dovuto è calcolato sul valore di mercato del bene alla data della domanda di rivalutazione, secondo le quotazioni ufficiali pubblicate dai mercati finanziari riconosciuti.
Obiettivi e gettito previsto per lo Stato dalla nuova misura
L’introduzione di questa disciplina ha una doppia finalità:
- Consentire l’emersione di una parte significativa del patrimonio aureo privato, stimato tra 133 e 166 miliardi di euro secondo fonti ufficiali e analisi tecniche.
- Garantire risorse immediate alle casse pubbliche, necessarie a finanziare la manovra di bilancio, senza colpire direttamente lavoro e pensioni.
Le simulazioni condotte dagli uffici parlamentari pongono il gettito atteso tra 1,67 e oltre 2 miliardi di euro, assumendo anche una partecipazione minima del 10% dei detentori. Queste risorse costituirebbero una voce rilevante nel quadro del bilancio statale ed eviterebbero interventi più penalizzanti in settori sensibili dell’economia, come i dividendi infragruppo o l’imposizione sugli affitti brevi.
Implicazioni fiscali e vantaggi per i possessori di oro fisico
Dal punto di vista fiscale, la misura offre numerosi benefici agli aderenti:
- Permette di ottenere piena regolarizzazione e tracciabilità patrimoniale per il proprio oro, eliminando il rischio di futuri accertamenti e contestazioni.
- L’imposta sostitutiva ridotta consente un risparmio concreto rispetto al regime ordinario (12,5%–10% contro il 26% sull’intero valore dell’oro privo di documentazione).
- Alla successiva vendita del bene, il contribuente pagherà la tassazione prevista solo sull’eventuale plusvalenza, e non più sull’intero importo.
Oltre ai vantaggi tributari, questo strumento rappresenta una semplificazione significativa sia per chi deve pianificare la successione dei propri beni, sia per coloro che intendono vendere oro o monetizzarlo senza incorrere in gravosi oneri fiscali, tipici delle precedenti normative.
Rischi, criticità e dubbi sull’equità della misura fiscale
Non mancano, tuttavia, perplessità e punti critici. Tra le osservazioni principali vi sono:
- Il rischio che la misura agevoli la regolarizzazione di oro di illecita provenienza, offrendo de facto una sorta di “sanatoria” anche su patrimoni non solo non documentati ma a volte oggetto di traffici informali.
- Il timore di una percezione iniqua da parte del pubblico, specie tra chi detiene piccoli quantitativi o ha già regolarizzato la propria posizione secondo i regimi vigenti.
- La difficoltà di censire con accuratezza l’oro esistente fuori dal circuito bancario e di stimarne il valore reale.
Infine, c’è chi paventa la possibilità che misure simili vengano estese in futuro anche ad altri asset non produttivi o che l’aliquota agevolata possa in seguito aumentare, alimentando incertezza normativa tra i risparmiatori. Le associazioni di consumatori evidenziano, inoltre, il rischio che, senza adeguata informazione e assistenza, i cittadini meno esperti rimangano esclusi dai benefici della regolarizzazione.