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Atti comunali, quando e come si può accedere e quali si possono consultare. Condizioni, procedura, costi e tempi

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Interessi specifici, esigenze pubbliche

Nel quadro giuridico italiano, non esiste un solo modo per accedere agli atti amministrativi, ma almeno tre strade diverse.

L'accesso agli atti comunali è uno strumento per esercitare i propri diritti, vigilare sul corretto operato delle amministrazioni e ottenere informazioni per la vita quotidiana, per un contenzioso o per una verifica procedurale. Ma se questo principio è sancito dalla legge, la pratica può sollevare dubbi, ostacoli, zone grigie che meritano di essere esplorate nel dettaglio. Chi può richiedere un documento detenuto dal Comune? Quali atti sono consultabili? Esistono delle eccezioni? E cosa succede se la richiesta viene ignorata o respinta?

  • Interessi specifici, esigenze pubbliche, controllo diffuso
  • Iter da seguire, moduli da utilizzare e tempi da rispettare
  • Diritti del cittadino e limiti della pubblica amministrazione

Interessi specifici, esigenze pubbliche, controllo diffuso

Non esiste un solo modo per accedere agli atti amministrativi, ma almeno tre. Il primo l'accesso documentale. In questa forma si riconosce il diritto di visionare e ottenere copia di documenti comunali soltanto a chi dimostri un interesse diretto, attuale e concreto, legato a una propria situazione tutelata. È la modalità più usata in contesti come le controversie edilizie, le gare pubbliche, le concessioni e i procedimenti che coinvolgono chi presenta la domanda. Ma perché sia accolto è indispensabile motivare con precisione la richiesta e identificare l'atto oggetto dell'istanza.

Molto diversa, e più accessibile, è la seconda via: l'accesso civico semplice. In questo caso, chiunque può domandare la pubblicazione o la trasmissione di un documento che l'ente avrebbe dovuto già rendere pubblico, ma non lo ha fatto. Non occorre dimostrare interesse personale, né fornire una motivazione: basta segnalare l'omissione e richiedere che sia colmata, come accade ad esempio con i bilanci comunali, gli atti di nomina o le determinazioni dirigenziali soggette a obbligo di pubblicazione.

La terza forma è l'accesso civico generalizzato, introdotto nel nostro ordinamento nel 2016 e ispirato al Freedom of Information Act statunitense. Chiunque, anche senza fornire motivazioni o essere parte interessata, può chiedere qualunque documento in possesso dell'amministrazione, anche se non previsto tra quelli pubblicabili. Il fine di questo istituto è garantire un controllo esterno e diffuso sulla gestione della cosa pubblica.

Iter da seguire, moduli da utilizzare e tempi da rispettare

Una volta individuato il tipo di accesso più adatto , occorre presentare una richiesta formale. La domanda può essere consegnata a mano agli sportelli del Comune, trasmessa tramite posta ordinaria, inviata via e-mail o via Pec, oppure compilata online attraverso i portali predisposti. Molti enti mettono a disposizione moduli standardizzati che agevolano la presentazione della richiesta, ma è sempre possibile utilizzare un testo libero. Nell'accesso documentale è obbligatorio specificare l'interesse giuridico tutelato, descrivendo la connessione tra la propria posizione soggettiva e il documento richiesto. È altrettanto necessario identificare l'atto, per evitare che la richiesta venga respinta per genericità o difficoltà nella ricerca.

Nel caso dell'accesso civico semplice o generalizzato non è necessario spiegare il motivo della richiesta, né allegare documenti giustificativi. Basta indicare quali dati o documenti si desiderano ottenere. Le richieste possono essere indirizzate al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza o all'Ufficio Relazioni con il Pubblico. Una volta ricevuta, l'amministrazione ha 30 giorni di tempo per rispondere, salvo interruzioni dovute alla necessità di coinvolgere soggetti terzi (i cosiddetti controinteressati), che devono essere messi in condizione di presentare eventuali opposizioni.

La risposta dell'ente può consistere nell'accoglimento integrale della richiesta, con messa a disposizione dell'atto richiesto, oppure in una negazione parziale o totale, sempre accompagnata da motivazione scritta. È prevista anche la possibilità di differire l'accesso, cioè di posticiparlo a un momento successivo, quando sia necessario proteggere lo svolgimento del procedimento amministrativo o altri interessi legittimi.

Diritti del cittadino e limiti della pubblica amministrazione

L'accesso agli atti è concepito come un diritto gratuito, ma ciò non significa che ogni fase del processo sia esente da costi. La visione diretta dei documenti, quando avviene presso gli uffici, non comporta alcun onere. Se il cittadino richiede copia cartacea o digitale, il Comune può richiedere il rimborso delle spese di riproduzione, come le fotocopie, i supporti digitali o le spedizioni. In alcuni casi, soprattutto se si richiedono copie autentiche o certificazioni, possono essere applicati diritti di segreteria o imposte di bollo, sempre specificati nel regolamento comunale.

Il Comune, tuttavia, può rifiutare l'accesso quando la legge preveda limiti espliciti. Tra i motivi di esclusione ci sono la tutela della sicurezza nazionale, la riservatezza dei dati personali, la salvaguardia di segreti industriali e commerciali, la libertà e la segretezza della corrispondenza, nonché la protezione di interessi economici rilevanti di soggetti terzi. Quando l'amministrazione decide di opporsi all'accesso, ha l'obbligo di motivare la propria scelta. La genericità o l'assenza di motivazione rende illegittimo il rifiuto e apre la strada a una serie di rimedi giurisdizionali o amministrativi.

Chi riceve una risposta negativa può attivare diversi strumenti di tutela. Per l'accesso documentale, si può presentare ricorso al TAR entro 30 giorni dalla notifica del diniego. In alternativa può chiedere l'intervento del difensore civico che può sollecitare l'amministrazione a riesaminare il caso. Nel caso dell'accesso civico semplice o generalizzato, si può chiedere il riesame al RPCT, che ha 20 giorni per pronunciarsi. Se la questione coinvolge dati sensibili o altri diritti fondamentali, il RPCT può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali.

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