Nei prossimi mesi i rendimenti si dovrebbero mantenere stabili ai nuovi livelli, a meno di eventi esterni come conflitti bellici o ostacoli nei rifornimenti energetici.
La riduzione dello spread e il raffreddamento del mercato del reddito fisso, a seguito di un attenuarsi dell'allarme inflazione in meno di quattro settimane, hanno provocato una riconfigurazione dello scenario di investimento nei titoli di Stato italiani. Btp compresi. Da rendimenti decennali che si avvicinavano alla soglia del 5%, si è passati a una prospettiva in cui l'obiettivo successivo sembra essere un rendimento del 4%.
La diminuzione del rendimento dall'inizio di novembre è superiore a mezzo punto percentuale, per un guadagno in conto capitale del 3-4% per gli investitori che avevano posizionato il proprio portafoglio nei massimi o vicino ai massimi di rendimento al 5%. La rivalutazione è stata favorita dall'effetto matematico che fa sì che i bond decennali italiani guadagnino circa il 7% in valore capitale per ogni punto percentuale di diminuzione dei tassi di riferimento di mercato. Approfondiamo alcuni aspetti:
A partire dal 10 ottobre e nelle successive 5 settimane, nonostante fasi altalenanti, si è osservata una tendenza al ribasso. Il 17 ottobre, quando Moody's ha confermato il rating Baa3 del debito italiano, lo spread era già sceso a 176 punti. Dai massimi di un rendimento al 5%, potevano già essere sottratti 30 centesimi in conseguenza del calo dello spread, che rappresenta l'extrarendimento del Btp decennale rispetto al Bund di pari durata.
Nelle ultime settimane si è registrato un trend che ha influenzato i mercati globali del reddito fisso: la diminuzione dei rendimenti offerti dalle emissioni governative. Considerando il caso degli Stati Uniti, dopo mesi di costante aumento, i rendimenti dei Treasury decennali statunitensi sono passati dal 3,79% del 3 gennaio scorso al 5% esatto del 19 ottobre. Analogamente, i titoli a 30 anni sono passati da un rendimento del 3,88% di inizio gennaio al 5,11% del 19 ottobre. Dal 19 ottobre al 22 novembre, i rendimenti dei titoli statunitensi si sono contratti: il decennale è passato dal 5% al 4,44%, mentre il bond a 30 anni è sceso dal 5,11% al 4,57%.
Per entrambe le emissioni, la diminuzione dei rendimenti è stata superiore a 50 centesimi. I tassi rimangono elevati per i titoli statunitensi a scadenza breve, tutti prossimi al 5,5%. Questo fenomeno, noto come inversione della curva dei rendimenti, suggerisce che non è imminente una riduzione dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve entro i prossimi 6-12 mesi, ma che, su un orizzonte temporale più ampio, i tassi diminuiranno.
È proprio l'aspettativa di una riduzione dei tassi a partire dalla seconda metà o dalla fine del 2024 che ha determinato una diminuzione di mezzo punto percentuale dei tassi statunitensi e, di conseguenza, una riduzione di circa 50 centesimi dei rendimenti delle emissioni governative a 10 anni di quasi tutti i Paesi sviluppati dell'Ocse, inclusa l'Italia.
In questo contesto si spiega la diminuzione di circa 70 centesimi del rendimento dei Btp italiani, di cui 20 centesimi sono attribuibili alla riduzione dello spread e gli altri 50, approssimativamente, alla contrazione di 50 centesimi che ha coinvolto i rendimenti di quasi tutti i bond a 10 anni emessi dai Paesi del G7, le economie avanzate del pianeta.
È verosimile che nei prossimi mesi i rendimenti si mantengano relativamente stabili a questi nuovi livelli, a meno di eventi esterni come conflitti bellici o ostacoli nei rifornimenti energetici. In Italia non sono previsti ulteriori esami imminenti, e i prossimi giudizi della Commissione europea sulla legge di bilancio, se negativi, potrebbero influenzare al rialzo i rendimenti solo a partire dalla prossima primavera.
Per quanto riguarda la prospettiva di un ribasso dei tassi, sia negli Stati Uniti che in Europa, le rispettive banche centrali, la Bce e la Fed, mantengono un atteggiamento molto prudente e considerano la lotta contro l'inflazione, con l'obiettivo di raggiungere un tasso di crescita dei prezzi del 2%, ancora in corso.
Di conseguenza, mantenere posizioni a medio-lungo termine in Btp sembra essere l'opzione più prudente. Questa considerazione è rafforzata dal fatto che, con la riduzione dell'inflazione verso l'obiettivo del 2%, il rendimento reale degli investimenti in titoli a reddito fisso è tornato positivo.