Le nuove stime Ocse segnalano per il 2025 una crescita del Pil italiano più lenta delle attese a causa di debito elevato, incertezze globali e fattori esterni, ma anche del ruolo strategico del Pnrr.
Perché il Pil in Italia è cresciuto meno negli ultimi anni? L'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha aggiornato le previsioni per il prodotto interno lordo nazionale, delineando uno scenario cauto e caratterizzato da una crescita debole per il 2025. Secondo il nuovo Outlook, l'incremento previsto per l'economia del Paese è stato tagliato dallo 0,6% allo 0,5%, ben sotto le attese e distante dalla media delle economie avanzate.
La revisione, pur tenendo conto di un parziale rafforzamento previsto tra il 2026 e il 2027, riflette le persistenti difficoltà del tessuto produttivo italiano, fra ritardi strutturali e faticosa attuazione delle riforme. La voce degli esperti Ocse sottolinea come, pur in presenza di una certa stabilità nei conti pubblici e un mercato del lavoro che mostra segnali positivi, la ripresa appare fragile e fortemente condizionata da fattori interni ed esterni. In questo quadro, la prospettiva di una crescita sotto l'1% nel prossimo triennio pone interrogativi decisivi sulla competitività e la capacità di rilancio strutturale.
Il mancato slancio dell'economia nazionale trae origine da cause profonde e interconnesse. In prima linea, la giungla normativa descritta dagli analisti Ocse, ossia la complessità delle regole e il susseguirsi di modifiche legislative, che scoraggiano investimenti e innalzano i tempi per le nuove iniziative imprenditoriali. È stato stimato che questa situazione ha bruciato il 3% del Pil pro capite nell'arco di vent'anni, sottraendo risorse preziose allo sviluppo. L'instabilità dell'apparato normativo non solo complica l'operatività delle aziende, ma riduce l'attrattività del Paese agli occhi degli investitori internazionali.
Sul fronte della finanza pubblica, il debito resta elevatissimo, con una traiettoria stimata al 137,7% del Pil per il 2026. Benché il deficit dovrebbe scendere sotto il 3% già dalla fine del 2025, il debito accumulato limita i margini di manovra per politiche espansive e pesa sulla fiducia dei mercati. Una stretta fiscale troppo rapida, però, rischierebbe a sua volta di deprimere la domanda interna e rallentare la crescita.
A tutto ciò si aggiunge un contesto commerciale sempre più instabile. Le continue tensioni sui mercati internazionali, l'irrigidimento delle catene di approvvigionamento e la volatilità dei dazi, soprattutto dopo le politiche restrittive adottate dagli Stati Uniti, hanno colpito le esportazioni italiane, acutizzando la fragilità del quadro macroeconomico. Queste incertezze, unite a una domanda mondiale poco vivace, contribuiscono a mantenere la crescita sotto tono anche nei prossimi anni.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresenta il cardine attorno al quale ruotano le prospettive di rafforzamento dell'economia tricolore nel triennio a venire. L'accelerazione sui progetti previsti dal piano europeo, in vista delle scadenze fissate da Bruxelles, ha già iniziato a sostenere il livello degli investimenti pubblici. Secondo l'Ocse, proprio le misure implementate tramite il Pnrr continueranno a sorreggere il Pil fino al 2026, offrendo un sostegno decisivo a imprese e domanda interna.
L'effetto espansivo del Pnrr, tuttavia, rischia di attenuarsi con la fine del programma. Con il termine degli investimenti straordinari nel 2027, si prevede infatti una progressiva normalizzazione della crescita, che dovrebbe fermarsi comunque sotto l'1%. Questo evidenzia come la sostenibilità della ripresa dipenda dalla capacità del Paese di trasformare le risorse straordinarie in riforme strutturali durature:
Oltre agli ostacoli interni, le variabili internazionali stanno avendo un impatto significativo sull'attività economica nazionale. L'analisi Ocse mette in luce un calo dell'export dovuto a molteplici fattori: primo fra tutti, la contrazione della domanda nei principali mercati di sbocco dell'industria italiana, cui si sommano le barriere doganali imposte dagli Stati Uniti e le crescenti incertezze geopolitiche. L'aumento dei dazi sulle esportazioni italiane, introdotti dalle amministrazioni estere come risposta a strategie protezionistiche, rappresenta una penalizzazione sia per il manifatturiero che per l'agroalimentare.
A queste difficoltà si aggiunge la fiacchezza dei consumi domestici. Nonostante miglioramenti nei redditi reali delle famiglie, il quadro resta debole e ciò si riflette in una domanda interna stagnante. Questo doppio freno pesa sulle performance del Pil nazionale.
L'inflazione globale, sebbene più contenuta rispetto alle ondate degli anni precedenti, continua a rappresentare un rischio per la ripresa economica. L'Ocse indica nei prezzi ancora elevati dei prodotti energetici e alimentari un potenziale limite alla crescita, sottolineando la necessità di mantenere la vigilanza sia sulle politiche monetarie che sugli equilibri delle catene di approvvigionamento internazionali.
L'aggiornamento dell'Outlook permette di posizionare la situazione nazionale all'interno di un contesto globale anch'esso segnato da rallentamento. Mentre l'economia italiana viaggia verso una crescita limitata allo 0,5% nel 2025, l'Eurozona nel suo complesso mostra prospettive più vivaci, con una stima all'1,3% per il prossimo anno e una leggera erosione nel 2026 (1,2%) per poi riprendersi all'1,4% nel 2027:
|
Paese/Area |
Crescita Pil 2025 (%) |
|
Italia |
0,5 |
|
Eurozona |
1,3 |
|
USA |
1,8 |
|
Cina |
<5 |
|
India |
6,7 |
|
Germania |
0,3 |
|
Francia |
0,6 |
|
Regno Unito |
1,4 |
Negli Stati Uniti, nonostante una crescita fissata all'1,8% nel 2025, si prevede un deciso rallentamento rispetto al 2024, principalmente a causa dell'impatto dei dazi e di una politica monetaria meno accomodante. In Cina, pur in presenza di correzioni al rialzo rispetto a stime precedenti, la crescita resta sotto il 5%, frenata dal protezionismo e dal minore sostegno pubblico. Gli emergenti vedono comunque una dinamica più sostenuta, con l'India che si conferma locomotiva mondiale con il 6,7%.
Dalla lettura delle raccomandazioni Ocse emergono linee guida precise per rafforzare il potenziale di crescita nazionale. Tra i suggerimenti si ritrova la necessità di:
Un sistema normativo più affidabile e meno soggetto a ricorsi giudiziari, secondo l'analisi Ocse, rappresenta inoltre un vantaggio competitivo per attirare capitali internazionali, indispensabili per alimentare la crescita futura.