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Crescita economica Europa terzo trimestre 2025: bene Spagna e Francia, ferme Italia e Germania. Molto male Gran Bretagna

di Marcello Tansini pubblicato il
Crescita economica Europa terzo trimestr

Il terzo trimestre 2025 registra una crescita economica sostenuta per Spagna e Francia, trainate da turismo e servizi, a fronte della stagnazione di Italia e Germania. Peggiorano le condizioni in Gran Bretagna, mentre l’Eurozona riflette su riforme e prospettive future.

L’andamento del prodotto interno lordo dei principali Paesi dell’Unione europea nel terzo trimestre del 2025 evidenzia una crescente divergenza economica. Se da un lato la Penisola iberica e la Francia mostrano segnali di espansione economica sostenuta, dall’altro Italia e Germania confermano una situazione di sostanziale stallo, accentuando la percezione di un’Europa a più velocità.

L’analisi dell’Eurozona indica che il modesto incremento medio del Pil, pari al +0,2%, si accompagna a marcate differenze tra Stati: la Spagna traina il gruppo con una crescita dello 0,6%, la Francia si attesta a +0,5%, mentre la performance di Italia e Germania resta piatta. 

La situazione si aggrava ancor di più, guardando la situazione economica dalla Gran Bretagna, la grande ex dell'Ue con tanti e troppi rimpianti

Spagna e Francia: fattori alla base della crescita economica

Sia Madrid che Parigi emergono nell’attuale panorama europeo per le loro capacità di reazione a crisi globali e per la gestione delle principali leve economiche interne. Diverse le dimensioni che contribuiscono a questa resilienza.

In primo luogo, la robustezza della domanda interna, sostenuta da politiche fiscali attente e da una maggiore dinamicità nel mercato occupazionale, distingue entrambe le economie dal resto dell’Eurozona.

In Spagna, l’apporto di una politica migratoria orientata all’integrazione lavorativa e il pieno utilizzo dei fondi Next Generation EU risultano determinanti.

L’economia francese, invece, registra una stabilità che si riflette nella tenuta dei servizi e in una moderata espansione, resistente tanto alle turbolenze internazionali quanto alla debolezza del comparto manifatturiero.

Paese Crescita PIL T3 2025 Fattori trainanti
Spagna +0,6% Turismo, investimenti, immigrazione
Francia +0,5% Servizi, stabilità, domanda interna
Italia 0,0% Consumi deboli, crisi industriale
Germania 0,0% Manifattura, export penalizzato
  • Spagna: si distingue per la forte espansione del PIL grazie alla combinazione di turismo record, investimenti esteri, energia più accessibile e riforme del lavoro.
  • Francia: mostra una crescita costante guidata dal comparto dei servizi e dal recupero della fiducia.
  • Italia e Germania: restano ferme sulla crescita, penalizzate da debolezze strutturali e una minore resilienza industriale.
Il quadro complessivo impone una riflessione sulla necessità di politiche coordinate e investimenti strategici orientati alla convergenza e alla sostenibilità.

Il caso Spagna: turismo, investimenti e immigrazione come motori della crescita

Negli ultimi trimestri la Spagna si è imposta come eccezione positiva nel panorama europeo, con un incremento del PIL stimato per il 2025 vicino al 2,6-3%, secondo le principali fonti (Banca di Spagna, Ocse, S&P Global Ratings). Tra i pilastri che sostengono questo trend spiccano:

  • Turismo ai massimi storici: nel 2024 si è raggiunta una cifra record di oltre 94 milioni di visitatori, rendendo la Spagna il secondo Paese al mondo per afflussi turistici.
  • Investimenti pubblici e privati: l’utilizzo strategico dei fondi europei Next Generation, in particolare per infrastrutture e progetti di innovazione ecologica e digitale, ha rafforzato il tessuto produttivo.
  • Energia più competitiva: prezzi dell’energia inferiori alla media Ue grazie a un mix di fonti rinnovabili e a una rete elettrica efficiente, riducono i costi per imprese e famiglie.
  • Politiche migratorie inclusive: dal 2022 sono stati integrati oltre 600.000 nuovi lavoratori all'anno, perlopiù dall’America Latina. Questo ha ampliato la forza lavoro, accresciuto i consumi e favorito la produttività. La stabilità politica, con riforme mirate al mercato del lavoro, ha migliorato salari e livelli occupazionali.
Non mancano punti di attenzione: l’elevato debito pubblico e il mercato immobiliare sotto pressione, così come la dipendenza dai consumi pubblici, rappresentano rischi da monitorare. Tuttavia, la combinazione di turismo avanzato, investimenti e inclusione sociale posiziona Madrid come modello di crescita alternativo nel contesto Ue.

La performance della Francia: stabilità e contributo dei servizi

La Francia continua a distinguersi per la tenuta del settore terziario e la capacità di assorbire shock esterni mantenendo contenuta la volatilità economica. Il comparto dei servizi, in particolare, si conferma il maggiore motore della crescita, trainato da domanda interna, turismo e nuovi investimenti tecnologici. La strategia di Parigi si è focalizzata su:

  • Rafforzamento dei servizi: crescita di comparti ad alto valore aggiunto come finanza, consulenza, sanità e istruzione.
  • Politiche di stabilizzazione: interventi mirati a mantenere stabile il quadro macroeconomico, grazie anche a una maggiore resilienza del sistema bancario e fiscale.
  • Sostegno all’innovazione: incentivi per le startup e la digitalizzazione, che generano nuova occupazione e mantengono attrattivo il Paese per gli investimenti diretti esteri.
Le recenti tensioni politiche e la riduzione delle aspettative delle imprese sono fattori che potrebbero limitare la velocità di crescita nei prossimi trimestri. Resta centrale il contributo dei settori ad alta intensità di servizi, che negli ultimi anni hanno saputo compensare le difficoltà del manifatturiero e il rallentamento dell’export.

Italia e Germania: stagnazione tra crisi industriale e debolezza strutturale

Nel panorama dell’Eurozona continuano a emergere significative criticità nei due principali Paesi dell’area: l’Italia e la Germania. I dati diffusi dalla BCE e dalle autorità statistiche nazionali indicano un arresto nella crescita, dovuto sia a problematiche di lunga data sia a nuove difficoltà emerse nell’ultimo ciclo economico.

Per entrambe le economie la debolezza della domanda interna, il calo di competitività e la riduzione della produttività si sommano agli effetti avversi delle controversie commerciali globali e all’incertezza politica. Mentre la Spagna e la Francia si sono avvantaggiate della forte espansione dei servizi, Italia e Germania hanno subito la fragilità del comparto industriale, accentuata da rincari energetici e difficoltà di innovazione tecnologica.

In particolare:

  • L’Italia sconta ritardi storici in termini di produttività e basse competenze digitali, unite a un sistema imprenditoriale frammentato.
  • La crisi industriale tedesca, aggravata dalle tariffe USA, ha impattato direttamente sulle esportazioni e sull’intero tessuto produttivo.
  • Gli effetti delle recenti misure di politica monetaria espansiva sembrano non bastare a rilanciare consumi e investimenti in questi due Paesi.
La divergenza che emerge rispetto alle dinamiche registrate da Francia e Spagna apre interrogativi sulla solidità strutturale delle principali economie continentali e sull’efficacia delle politiche economiche finora adottate.

Italia: produttività ferma e sfide su investimenti e innovazione

L’Italia si conferma nella coda delle grandi economie europee per quanto riguarda la produttività e la capacità di innovazione. Nonostante una lieve ripresa dell’occupazione negli anni recenti, la crescita del valore aggiunto resta stagnante, soprattutto a causa di investimenti troppo bassi in ricerca, sviluppo e beni immateriali. Secondo il primo Rapporto annuale sulla produttività del CNEL, la crescita media annua della produttività è stata solo dello 0,2% negli ultimi trent’anni, contro l’1% della Germania, lo 0,8% della Francia, lo 0,6% della Spagna e una media europea dell’1,2%.

  • Bassi investimenti in innovazione: la spesa in ricerca, software e capitale organizzativo è inferiore rispetto ai principali partner Ue.
  • Difficoltà nell’adozione del digitale: solo il 16% dei lavoratori italiani possiede elevate competenze ICT, contro il 30% circa di Germania e Francia.
  • Sistema produttivo frammentato: la prevalenza di piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, rende difficile beneficiare di economie di scala e avviare processi di innovazione.
  • Peso del caro energia: i costi energetici rimangono tra i più alti d’Europa, penalizzando l’intera industria nazionale.
Nonostante i tentativi di rilancio tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l’effetto sulle dinamiche produttive appare limitato, soprattutto in assenza di una semplificazione normativa e di un ambiente più attrattivo per gli investimenti privati.

Germania: crisi dell’industria e impatto delle tariffe commerciali

Il motore manifatturiero tedesco vive una fase prolungata di difficoltà, causata da una combinazione di fattori esogeni e interni. Gli ordini industriali sono in calo per il quarto mese consecutivo, penalizzati dai dazi imposti dagli Stati Uniti (che incidono fino al 15% sui prodotti di punta dell’export tedesco) e dalla debolezza della domanda internazionale. Il breve aumento delle esportazioni all’inizio dell’anno si è rivelato un fuoco di paglia, dovuto semplicemente all’anticipo delle spedizioni per aggirare il rischio delle barriere commerciali.

  • Declino dei beni di consumo e di investimento: la produzione industriale registra cali significativi, in particolare nel settore automobilistico e nei settori a basso valore aggiunto.
  • Spesa pubblica e politiche keynesiane: il governo ha aumentato investimenti in infrastrutture e difesa per sostenere la domanda interna, ma tali misure risultano insufficienti senza riforme profonde.
  • Perdita di competitività strutturale: costi energetici elevati, burocrazia e lentezza nel processo di digitalizzazione indeboliscono il sistema produttivo anche rispetto ai vicini Ue.
Secondo Commerzbank, una ripresa sostenuta appare improbabile senza un deciso cambio di passo in termini di politiche industriali e fiscali, lasciando la Germania in una situazione di stallo che rischia di trascinare anche altri partner europei.

Senza dimenticare la Gran Bretagna: tra instabilità e peggioramento dei principali indicatori economici

L’economia del Regno Unito attraversa una fase complessa, caratterizzata da instabilità politica e da indicatori macroeconomici in deterioramento. Fattori come la bassa fiducia delle imprese, il rallentamento del mercato del lavoro e il persistente aumento dell’inflazione hanno reso il contesto nazionale più fragile rispetto ad altre economie avanzate.

Gli ultimi dati indicano una crescita inferiore alle aspettative nel secondo trimestre e una contrazione delle esportazioni, accentuata dalle tariffe imposte da partner commerciali storici. L’incertezza sui tassi di interesse da parte della Bank of England mantiene rigide le condizioni di finanziamento, mentre la debolezza del settore dei servizi e l’ampliamento del deficit commerciale complicano ulteriormente il quadro.

  • Difficoltà nell’attrarre investimenti esteri.
  • Domanda interna debole.
  • Tendenza all’aumento del debito pubblico.
Questi elementi contribuiscono a rafforzare la percezione di una posizione di retroguardia della Gran Bretagna nel contesto europeo, aggravando la polarizzazione della crescita tra i principali Paesi Ue.

Prospettive per l’Eurozona: riforme, competitività e scenari per il 2025

Guardando al futuro, la crescita moderata dell’Eurozona è messa a rischio da elementi come l’elevata incertezza internazionale, la competizione globale sempre più intensa, i dazi e le debolezze strutturali di alcune economie. Le principali istituzioni, tra cui la Banca centrale europea, sottolineano la necessità di avviare riforme strutturali e di favorire la competitività attraverso investimenti mirati in innovazione, sostenibilità e digitalizzazione.

La sfida sarà garantire stabilità finanziaria e armonizzazione delle politiche di bilancio, stimolando la domanda interna pur mantenendo sotto controllo i saldi pubblici.

I 3 piani e obbiettivi strategici principali:

  • Priorità alla riduzione dei divari tra Paesi membri.
  • Completamento dell’unione bancaria e dei mercati dei capitali.
  • Sostegno mirato all’integrazione dei mercati e al rafforzamento del tessuto produttivo.
La prospettiva per il 2025 vede dunque un’Eurozona chiamata a trovare nuovi equilibri e a rilanciare la propria crescita in uno scenario ancora denso di incognite, ma anche di opportunità per chi saprà affrontare con decisione i nodi irrisolti del passato.