Il car sharing in Italia affronta una fase di difficoltà, tra riduzione dell’offerta e cambiamenti nelle abitudini urbane. Analizziamo cause, differenze territoriali, innovazione e scenari futuri del settore.
Negli ultimi anni la mobilità condivisa si è imposta come una soluzione strategica nella gestione degli spostamenti urbani, rivoluzionando l’approccio tradizionale all’auto privata. In Italia, il noleggio di veicoli condivisi mostra segnali contrastanti: a fronte di una partecipazione sempre più attiva dei cittadini, la presenza dei servizi registra significativi cambiamenti. Il 2024 ha visto oltre 50 milioni di viaggi effettuati con mezzi condivisi, segno di un forte interesse verso soluzioni alternative, integrate e sostenibili. Tuttavia, diversi operatori hanno modificato strategie, affrontando nuove sfide e facendo i conti con una riduzione del numero di veicoli disponibili e una revisione dell’offerta.
I dati relativi all’ultimo biennio mostrano un incremento deciso della domanda di auto in condivisione, con un’utenza che coinvolge tutte le fasce di età e un’offerta di viaggi che punta a quota 60 milioni quest’anno. Questo entusiasmo, tuttavia, si scontra con una contrazione consistente della disponibilità di mezzi: il 2024 ha registrato l’attività di circa 96.000 veicoli, in calo del 15% rispetto ai valori di due anni fa. La diminuzione riguarda anche il numero di operatori coinvolti, scesi del 25% in appena dodici mesi, e la quantità di servizi attivi, ora 170 rispetto ai 230 di qualche anno prima.
Questo fenomeno riflette una situazione di disallineamento tra domanda crescente e offerta in diminuzione. Le ragioni sono molteplici: da una parte l’aumento degli oneri gestionali e amministrativi per i provider; dall’altra, l’emergere di forme di mobilità più agili come bici e monopattini in sharing, che hanno progressivamente eroso i numeri del settore auto. Enjoy, operatore storico nelle principali città italiane, ha segnalato una flessione del 17% del parco veicoli nei primi mesi del 2025, dimostrando la delicatezza dell’attuale congiuntura.
Nonostante ciò, il trend di utilizzo rimane positivo, segno che gli utenti riconoscono il valore della condivisione per spostarsi in modo rapido, conveniente e meno impattante sull’ambiente. Il settore, pur tra incertezze e criticità, resta centrale nelle politiche urbanistiche dedicate alla mobilità sostenibile.
L’analisi della diffusione mette in luce differenze marcate tra aree metropolitane e centri di minori dimensioni. Oltre il 50% dei viaggi in auto condivisa si concentra tra Roma e Milano, che rispettivamente con 13,2 e 12,6 milioni di corse guidano la classifica delle città più “sharing friendly”. Questo dato è reso ancora più significativo dal fatto che solo in quattro città italiane (Milano, Roma, Firenze, Bergamo e Torino) si registra un servizio di mobilità integrata che comprende auto, biciclette, monopattini e motorini.
Al contrario, nei capoluoghi di provincia medio-piccoli si sono riscontrate chiusure totali dei servizi, con realtà come Catanzaro, Reggio Calabria o Pesaro e Prato che hanno interrotto ogni offerta di sharing mobility. Questo squilibrio nell’accesso ai servizi impatta sulla diffusione della mobilità sostenibile e spezza la possibilità per molte comunità di beneficiare dei vantaggi legati alle soluzioni condivise.
La restrizione dell’offerta va ricercata in due fattori principali:
Un altro elemento da non trascurare è l’impatto della regolamentazione locale. Normative diverse tra comune e comune complicano le strategie di espansione degli operatori, richiedendo investimenti maggiori e rendendo in alcuni casi poco sostenibile la permanenza sul territorio.
Mentre le flotte di auto condivise si riducono, la loro composizione diventa sempre più “green”. I veicoli elettrici sono cresciuti del 18% nell’ultimo anno e coprono oggi il 35% delle flotte, mentre le ibride si attestano al 38%. Il passaggio a motorizzazioni a basse o nulle emissioni è una risposta sia agli obblighi normativi europei sia alle richieste di un pubblico sempre più attento all’ambiente.
Oltre alla motorizzazione, l’innovazione si manifesta nell’adozione di sistemi di gestione digitale per la prenotazione e il pagamento, nelle soluzioni di “vehicle sharing” a rotazione elevata giornaliera e nella sperimentazione di partnership con il trasporto pubblico locale per realizzare itinerari integrati e semplificare l’intermodalità degli spostamenti urbani.
A livello europeo, anche altri Paesi registrano una diminuzione delle auto in sharing, ma differenze normative e di pianificazione urbanistica hanno contribuito alla nascita di modelli di successo, soprattutto riguardanti il bike sharing station-based e la presenza radicata dell’intermodalità. In Germania, il car sharing a Berlino e Amburgo mostra risultati di rilievo, mentre in Francia e Spagna la ciclabilità è incentivata da misure pubbliche e dall’esistenza di servizi di biciclette condivise estremamente diffusi. Un esempio: il servizio di bike sharing parigino totalizza quasi da solo il volume dei noleggi dell’intera sharing mobility italiana.
Un elemento chiave emerso dal confronto è la presenza di politiche locali chiare e coordinamento tra enti pubblici e operatori privati, spesso rafforzati da incentivi economici e leggi ad hoc che facilitano sviluppo del settore e accessibilità per i cittadini.
Per invertire il trend negativo, gli analisti individuano alcune azioni prioritarie: