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Crisi Stellantis, il peggio deve ancora avvenire. Il piano per le fabbriche italiane, licenziamenti e chiusure sono inevitabili

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Il futuro incerto del settore

Il piano di Stellantis per gli stabilimenti italiani riflette la strategia di adattamento a un mercato in rapido cambiamento.

La crisi che attraversa Stellantis, e in particolare i suoi stabilimenti italiani, è uno dei capitoli più delicati dell’industria automobilistica europea. Il colosso nato dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e PSA si trova ad affrontare ostacoli strutturali imposti sia dal rapido avanzamento delle case automobilistiche cinesi sia dalle pressioni per la transizione verso veicoli elettrici e sostenibili.

Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, ha tracciato un quadro di inevitabili ristrutturazioni, licenziamenti e riduzioni di produzione, che coinvolgeranno anche gli stabilimenti italiani. Le ripercussioni di questo piano sono motivo di preoccupazione per sindacati, lavoratori e istituzioni, che vedono a rischio migliaia di posti di lavoro e l’indotto automobilistico. Proviamo allora a capire:

  • Viaggio nella crisi degli stabilimenti italiani di Stellantis
  • Il futuro incerto del settore

Viaggio nella crisi degli stabilimenti italiani di Stellantis

Uno dei fattori chiave che sta guidando il piano di ristrutturazione di Stellantis è la concorrenza delle case automobilistiche cinesi nel mercato europeo. La Cina ha aumentato la produzione di veicoli elettrici a basso costo, riuscendo a esportare modelli competitivi che stanno guadagnando una quota di mercato considerevole in Europa. Se le auto cinesi riuscissero a conquistare una fetta del mercato europeo, la sovrapproduzione che ne deriverebbe metterebbe in seria difficoltà Stellantis, che potrebbe dover ridurre la capacità produttiva per restare sostenibile. In questa prospettiva, il gruppo ha ipotizzato un eccesso produttivo di 1,5 milioni di veicoli, equivalenti a circa sette stabilimenti europei, rendendo inevitabile un ridimensionamento della forza lavoro.

In Italia, Stellantis è presente con stabilimenti storici come quelli di Melfi, Cassino, Mirafiori e Termoli, che impiegano migliaia di lavoratori. Questi impianti stanno affrontando una fase critica, caratterizzata da riduzioni della produzione e dall’implementazione di programmi di cassa integrazione. L’Italia soffre di una competitività ridotta rispetto ad altri Paesi europei, in parte a causa di una dipendenza da componenti esteri e da una capacità produttiva che supera la domanda attuale. I piani di Tavares indicano che alcuni di questi stabilimenti potrebbero ridurre il personale o, nel peggiore dei casi, chiudere del tutto, se le condizioni di mercato non miglioreranno o se la produzione di veicoli elettrici non riuscirà a decollare come previsto.

Uno degli aspetti più preoccupanti di questa crisi è l’impatto sull’indotto automobilistico italiano, costituito da centinaia di fornitori di componenti e servizi che dipendono da Stellantis. Si stima che l’indotto automobilistico in Italia dia lavoro a circa 160.000 persone, e un ridimensionamento delle attività di Stellantis potrebbe avere un effetto domino su queste aziende. I licenziamenti diretti e la diminuzione della produzione nei siti italiani rischiano di compromettere la sopravvivenza di molti fornitori, creando tensioni economiche e sociali soprattutto nelle regioni industrializzate come Piemonte, Lombardia e Basilicata.

Per affrontare questa crisi e cercare di mantenere la competitività, Stellantis ha annunciato un piano di riduzione dei costi che include la diminuzione delle scorte di veicoli invenduti e l’ottimizzazione dei processi produttivi. Nel 2024, si stima che il gruppo produrrà circa 300.000 unità in Italia, un numero inferiore rispetto alla capacità complessiva. Le strategie di taglio delle scorte sono concepite come una misura temporanea, ma i sindacati temono che possano preludere a decisioni ancora più drastiche. L'azienda sta esplorando soluzioni per ridurre il numero di dipendenti, tramite incentivi all’uscita volontaria e il pensionamento anticipato.

Il futuro incerto del settore

La transizione verso l’elettrico, che dovrebbe rappresentare il futuro dell’industria automobilistica europea, è in realtà uno degli ostacoli per Stellantis e per i suoi stabilimenti italiani. La produzione di veicoli elettrici richiede un numero inferiore di componenti rispetto ai motori a combustione interna, il che comporta una riduzione della domanda per l’indotto tradizionale. L’Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei nella costruzione di infrastrutture di ricarica e nella predisposizione di incentivi all’acquisto di veicoli elettrici, rendendo il mercato interno meno attrattivo per Stellantis. Senza una spinta decisa e un supporto finanziario da parte del governo, la transizione verso l’elettrico potrebbe rivelarsi più problematica che altrove, con ripercussioni gravi sugli stabilimenti locali.

La crisi di Stellantis e la pressione per la transizione verde evidenziano la necessità di un piano industriale italiano che possa garantire la competitività del settore automobilistico. Investire in innovazione, digitalizzazione e sostenibilità diventa essenziale per ridurre la dipendenza dai grandi gruppi esteri e per rafforzare la filiera nazionale. L’Italia ha l’opportunità di ripensare il proprio modello industriale e di incentivare la crescita di nuove realtà nell’ambito delle tecnologie pulite e dell’automazione.

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