Il rallentamento in gran parte dovuto alla contrazione del settore automobilistico e industriale, due pilastri del business di STMicroelectronics.
STMicroelectronics, uno dei leader mondiali nel settore dei semiconduttori, si trova ad affrontare una crisi senza precedenti. L'azienda italo-francese, che ha stabilimenti in Italia, sta registrando un calo dei ricavi e degli utili, mettendo in discussione la stabilità del personale e la strategia industriale a lungo termine. Tra le ipotesi in discussione ci sono licenziamenti, cassa integrazione e blocco del turnover, mentre le istituzioni e i sindacati cercano di capire l’entità del problema e le possibili soluzioni per evitare impatti sociali devastanti. Facciamo il punto della situazione:
Il rallentamento è in gran parte dovuto alla contrazione del settore automobilistico e industriale, due pilastri del business di STMicroelectronics. Le difficoltà delle case automobilistiche, provocate dalla riduzione della domanda di veicoli e dal ritardo nelle transizioni tecnologiche legate all'elettrificazione, hanno inciso sulle forniture di chip prodotti dalla multinazionale. Allo stesso tempo, la crisi del comparto industriale, colpito da una congiuntura economica sfavorevole, ha ridotto gli ordini per componenti elettronici utilizzati in macchinari e infrastrutture.
Un altro fattore critico è l’aumento della concorrenza globale. L'azienda deve fronteggiare l’ascesa di colossi asiatici, in particolare della cinese DeepSeek, che sta guadagnando quote di mercato grazie a politiche aggressive sui prezzi e massicci investimenti statali. La competizione sul piano tecnologico e industriale rischia di rendere STMicroelectronics meno competitiva nel lungo periodo, soprattutto se non verranno attuate strategie efficaci per arginare la crisi.
L’azienda, per far fronte alla difficile situazione finanziaria, sta valutando un piano di riduzione dei costi, che potrebbe tradursi in una riduzione del personale su scala globale. Secondo alcune indiscrezioni, fino al 6% della forza lavoro complessiva, pari a circa 3.000 dipendenti, potrebbe essere coinvolto in misure di ridimensionamento.
In Italia, i due stabilimenti di Agrate Brianza e Catania, considerati asset strategici per la produzione di semiconduttori avanzati, rischiano di subire pesanti ripercussioni. Le opzioni al vaglio sono prepensionamenti, cassa integrazione e blocco delle assunzioni, oltre alla possibile chiusura di alcuni reparti meno strategici. Se queste misure venissero confermate, centinaia di lavoratori potrebbero trovarsi in una situazione di forte incertezza occupazionale.
I rappresentanti sindacali hanno già espresso preoccupazione per le possibili ricadute occupazionali, chiedendo chiarezza sul piano industriale dell’azienda. La Cgil, attraverso il segretario Maurizio Landini, ha denunciato il rischio che "una multinazionale con una forte partecipazione pubblica possa scaricare la crisi solo su un Paese", riferendosi alla quota di capitale controllata dai governi italiano e francese. Il timore è che, nonostante la presenza dello Stato tra gli azionisti, non vi siano interventi sufficienti per tutelare i posti di lavoro in Italia.
Vista la portata della crisi, anche il governo italiano è intervenuto per cercare di limitare l’impatto della ristrutturazione aziendale. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha avviato colloqui con la dirigenza di STMicroelectronics per comprendere le reali intenzioni della società e trovare strategie per mitigare eventuali licenziamenti.
Una delle ipotesi allo studio è quella di utilizzare fondi pubblici per sostenere la transizione tecnologica dell’azienda, favorendo investimenti in nuovi impianti e linee produttive per ridurre il rischio di tagli al personale. Il governo potrebbe anche valutare l’attivazione di ammortizzatori sociali straordinari, come incentivi alla formazione e alla riqualificazione professionale, per consentire ai lavoratori di ricollocarsi in altri settori tecnologici.
A livello europeo, STMicroelectronics potrebbe beneficiare di nuovi finanziamenti previsti dal Chips Act, il piano dell’Unione Europea per potenziare la produzione di semiconduttori nel continente e ridurre la dipendenza dai mercati asiatici.