Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Legge 104, se rifiuti un orario di lavoro l'azienda non ti puņ licenziare ma deve cercare prima alternative per Cassazione

di Marcello Tansini pubblicato il
Orario di lavoro

La sentenza 18063/ 2025 della Cassazione rafforza la tutela del lavoratore che beneficia della Legge 104. L'azienda, di fronte a un rifiuto di cambio orario, deve ricercare soluzioni alternative prima di licenziare.

Le evoluzioni giurisprudenziali nell'ambito della legge 104 con la sentenza 18063/ 2025della Cassazione hanno rimarcato come le esigenze di assistenza debbano essere oggetto di una attenzione ogniqualvolta un'azienda prevede modifiche sui turni di lavoro o propone riorganizzazioni interne che impattano sulla vita di lavoratori in possesso dei benefici previsti da tale legge.

L'attenzione mostrata da legislatori e giudici su questi temi dimostra una tendenza a rafforzare le tutele, e a esigere che i cambiamenti aziendali siano gestiti sempre nel rispetto dei diritti di chi svolge compiti di cura.

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: definizione e limiti previsti dalla legge

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (GMO) si configura quando il rapporto di lavoro viene risolto per ragioni estranee alla condotta del dipendente, come riorganizzazioni aziendali, crisi economiche o soppressione di reparti. Non si tratta, dunque, di un provvedimento disciplinare, ma di una scelta imposta da esigenze tecniche, organizzative o produttive. Il quadro normativo vigente impone, tuttavia, limiti precisi: tale forma di recesso costituisce sempre l'extrema ratio, sanzionabile se non supportata da motivazioni effettive:

  • La decisione imprenditoriale sulle modalità di svolgimento dell'attività resta, in linea tendenziale, insindacabile, ma il licenziamento che ne deriva deve essere basato su circostanze reali, non pretestuose.
  • Prima di risolvere il contratto, il datore di lavoro è tenuto a verificare con rigore se esistano soluzioni alternative al licenziamento, in ossequio al cosiddetto obbligo di repêchage, riconosciuto da consolidata giurisprudenza.
  • Particolare attenzione è richiesta quando il lavoratore sia titolare di permessi ex Legge 104, dovendosi effettuare controlli ancora più stringenti sulla reale impossibilità del mantenimento del posto di lavoro.
Se tali condizioni non vengono rispettate, il licenziamento può essere annullato dal giudice, anche su impugnazione del lavoratore:

Elemento

Requisito

Motivo

Oggettivo (es. riorganizzazione)

Prove richieste

Effettività delle ragioni addotte

Obbliga repêchage

Ricerca attiva di alternative

L'obbligo di repêchage rafforzato: cosa deve fare l'azienda prima di licenziare un lavoratore con Legge 104

Nel contesto della disciplina dei licenziamenti, la giurisprudenza ha attribuito grande importanza all'obbligo di repêchage, ossia il dovere del datore di valutare la possibilità di ricollocare il dipendente in altre mansioni prima di procedere con il recesso. Quando tra i beneficiari vi sono soggetti che fruiscono della Legge 104, tale obbligo si intensifica ulteriormente:

  • L'azienda deve svolgere una ricerca seria e concreta di ogni altra posizione disponibile, che possa essere compatibile sia con le esigenze organizzative sia con quelle assistenziali del dipendente;
  • Questa verifica non si esaurisce nell'offerta di un unico posto incompatibile, ma richiede una valutazione attenta anche di eventuali mansioni inferiori, sempre previo consenso del lavoratore;
  • Il datore di lavoro deve essere in grado di dimostrare, se contestato, che non vi fossero possibilità reali di ricollocamento, neppure in posizioni diverse e con orari differenti, quando questi siano determinanti per l'assistenza al familiare disabile;
  • Nel caso di mansioni inferiori, la legge consente la riassegnazione, purché ciò avvenga in buona fede e sia frutto di un accordo, documentabile e trasparente;
  • Omissis di una verifica accurata può traslare la scelta aziendale da necessità legittima a licenziamento illegittimo.
Le linee guida della Corte di Cassazione al riguardo sono chiare: occorre un processo decisionale trasparente fatto nel rispetto dei doveri di solidarietà, correttezza e buona fede, centrali nei rapporti di lavoro che coinvolgano situazioni di particolare vulnerabilità.

La sentenza Cassazione 18063/2025: il caso e la motivazione della Corte

Un episodio esaminato di recente dalla Suprema Corte ha ampliato i requisiti a carico delle aziende, quando si tratta di soggetti protetti dalla Legge 104. Nel caso oggetto della pronuncia n. 18063/2025, un lavoratore con oltre vent'anni di servizio, beneficiario dei permessi previsti per assistere la coniuge con grave disabilità, si era opposto al trasferimento su un nuovo orario di lavoro ritenuto incompatibile con gli obblighi di cura.

L'azienda, dopo aver proposto esclusivamente soluzioni organizzative rigidamente definite, ha risolto il rapporto con licenziamento per motivo oggettivo, senza verificare concretamente la possibilità di un'altra collocazione:

  • La Cassazione ha ritenuto l'operato aziendale difforme dai canoni di buona fede e correttezza, posto che la documentazione in atti aveva dimostrato l'esistenza di altri posti, successivamente coperti con nuove assunzioni e disponibili con orario compatibile con i bisogni del lavoratore.
  • La Corte ha rimarcato che il rifiuto del nuovo orario, in presenza di comprovate esigenze di assistenza, non costituisce giusta causa di licenziamento se il datore di lavoro non prova l'impossibilità concreta di ricollocamento.
  • Infine, il comportamento datoriale risulta censurabile quando non tiene effettivamente conto delle tutele rafforzate previste per i caregiver.
Il principio cardine enunciato, rispetto all'argomento Rifiuto turno per 104: il licenziamento è legittimo?, esige dunque che il datore documenti uno sforzo concreto nell'individuare ogni soluzione praticabile a tutela del dipendente fragile.

Rifiuto di un nuovo orario e ricerca di soluzioni alternative: le azioni richieste al datore di lavoro

Secondo quanto emerso dalla giurisprudenza, se un lavoratore in possesso dei permessi per assistenza rifiuta il nuovo orario proposto, il datore non può ritenere questo rifiuto come motivo sufficiente per il recesso dal rapporto. Al contrario, è chiamato a dimostrare il compimento di ogni iniziativa ragionevole per trovare una sistemazione alternativa:

  • Non basta proporre un'unica soluzione rigida e, in caso di rifiuto, ricorrere subito al licenziamento: occorre coinvolgere il lavoratore nella ricerca di altre posizioni, anche meno qualificate ma compatibili;
  • L'obbligo si estende anche alla verifica della presenza di posti in reparti differenti o con orari ancora in vigore che possono conciliarsi con le necessità di assistenza, come accaduto nel caso deciso dalla Cassazione;
  • Qualora il dipendente manifesti disponibilità a ricollocarsi altrove, il datore è tenuto a proporre esplicitamente tutte le possibilità realmente esistenti;
  • Solo una volta accertata e documentata l'impossibilità di trovare una sistemazione idonea, il recesso può definirsi inevitabile e conforme a legge.
Questo percorso si inscrive in una visione orientata alla gestione condivisa dei problemi organizzativi, nel rispetto dei principi di solidarietà e bilanciamento tra interessi datoriali e diritto all'assistenza dei lavoratori.

Demansionamento, ricollocamento e orario: diritti e doveri delle parti

L'elaborazione giurisprudenziale riafferma che i datori di lavoro devono valutare anche il demansionamento come soluzione alternativa al licenziamento per ragioni oggettive, soprattutto nei confronti dei beneficiari della Legge 104:

  • Secondo l'articolo 2103 del Codice civile, è possibile riassegnare il lavoratore anche a mansioni inferiori, se ciò consente la salvaguardia del posto, previo consenso e nel rispetto della professionalità;
  • Il lavoratore mantiene il diritto a un trattamento decoroso e alla tutela della dignità professionale, anche in ipotesi di passaggio a funzioni inferiori;
  • D'altro lato, il dipendente ha il dovere di collaborare sinceramente nel percorso di verifica delle alternative, manifestando tempestivamente le proprie disponibilità e limiti;
  • Soluzioni di ricollocamento e gestione dell'orario devono essere valutate in modo flessibile e concreto, senza ridurre il percorso a formalità cartacee o a proposte isolate.
La prassi e la giurisprudenza recente sottolineano la predominanza dell'aspetto umano nel bilanciare le esigenze lavorative con il rispetto delle fragilità assistite dalle norme.

Un licenziamento fondato su ragioni non adeguatamente comprovate o sul semplice rifiuto di una nuova turnazione da parte di chi fruisce della Legge 104 è passibile di annullamento giudiziale.

  • Il lavoratore può ottenere la reintegra nel posto precedentemente occupato, il pagamento delle retribuzioni non percepite e, in certi casi, anche un risarcimento per danno subito;
  • Dai più recenti orientamenti giurisprudenziali emerge inoltre il principio secondo cui la tutela rafforzata per i caregiver si applica non solo in sede di giudizio del lavoro, ma anche nell'ambito di procedimento disciplinare interno;
  • Le aziende rischiano sanzioni e aggravio di costi se non dimostrano, con elementi oggettivi e non solo dichiarazioni di principio, di avere effettivamente percorso ogni strada utile per evitare il licenziamento;
  • La Cassazione e i tribunali ribadiscono che la mera formalità delle offerte di ricollocamento non basta a superare l'obbligo di agire in buona fede nelle transizioni organizzative.
L'esigenza di tutela si accentua al crescere della vulnerabilità della persona, secondo una giurisprudenza sempre più attenta alle situazioni di disagio e diseguaglianza strutturali.


Leggi anche