Quanto, come e per chi si prepara ad aumentare il costo del canone di locazione delle case: ecco perché e cosa prevedono leggi in vigore
Nel 2025 cambiano alcune regole sull’aumento dell’affitto per i contratti già in essere. Analizziamo di quanto può crescere il canone e in quali casi è consentito dalla legge, secondo le normative aggiornate.
Nel panorama delle locazioni abitative, l'aumento del canone è un tema che suscita numerose domande tra inquilini e proprietari. Molti si chiedono se e quando il proprietario possa legittimamente aumentare l'importo dell'affitto di un immobile già locato.
La normativa italiana è piuttosto chiara su questo punto: durante la vigenza di un contratto di locazione, il canone non può essere aumentato unilateralmente dal proprietario. Questa regola fondamentale protegge gli inquilini da richieste improvvise di maggiori pagamenti, garantendo stabilità e prevedibilità nei costi abitativi.
Esistono tuttavia due casi principali in cui il canone di affitto può essere legittimamente aumentato:
L'adeguamento viene calcolato su base annuale o biennale e l'indice di rivalutazione previsto a dicembre 2025, riferito a novembre 2025, è pari a +118,7% con un aumento dello 0,7% su base annua per i contratti con clausola di adeguamento annuale e del 12,3% su base biennale per i contratti con clausola di adeguamento ogni due anni.
Se consideriamo, per esempio, un canone di affitto di 850 euro, per adeguamento annuale dello 0,7% (variazione rispetto allo stesso mese dell'anno precedente), l'importo del canone mensile passa da 850 euro a 855,95 euro per locazioni ad uso abitativo e da 850 euro a 854,46 euro per locazioni a uso commerciale, mentre per adeguamento biennale, che non ha dunque subito modifiche di importo l'anno scorso, passa da 850 euro a 954,55 euro per locazioni di tipo abitativo e da 850 euro a 928,41 euro per locazioni di tipo commerciale.
Precisiamo che l'adeguamento del canone di locazione può avvenire solo se espressamente previsto dal contratto di affitto regolare cosa deve contenere ed esserci scritto con una clausola che preveda, appunto, la variazione del canone in base alle rilevazioni Istat.
Il secondo momento in cui è possibile aumentare il canone è alla scadenza naturale del contratto. Nel caso di contratti a canone libero (4+4), questo avviene dopo 8 anni, mentre per i contratti a canone concordato (3+2) dopo 5 anni.
Il locatore che intende aumentare il canone alla scadenza deve inviare una proposta di rinnovo con le nuove condizioni almeno 6 mesi prima della scadenza tramite raccomandata A/R o PEC. L'inquilino ha 60 giorni per accettare o rifiutare; in caso di mancata risposta, il contratto si considera terminato alla scadenza.
Ad esempio, per un contratto 4+4 stipulato il 1° dicembre 2017 con scadenza il 30 novembre 2025, il proprietario dovrebbe inviare la proposta di rinnovo con canone maggiorato entro maggio 2025. Se l'inquilino accetta, dal 1° dicembre 2025 scatterà il nuovo accordo; in caso contrario, dovrà liberare l'immobile.
È importante sottolineare che per i contratti in regime di cedolare secca, il proprietario rinuncia alla possibilità di applicare gli aggiornamenti ISTAT per tutta la durata del contratto, in cambio dei vantaggi fiscali offerti da questo regime.
Esistono specifiche situazioni in cui, per legge, i costi dei canoni di locazione per case già in affitto non possono aumentare e non devono essere adeguati all'andamento dei prezzi al consumo. Vediamo le principali eccezioni:
Chi sceglie il regime di tassazione agevolato della cedolare secca non può modificare l'importo del canone di locazione inizialmente stabilito al momento della stipula del contratto con gli inquilini, perché gli affitti con cedolare secca sono esenti dalla rivalutazione annuale.
La cedolare secca per case in affitto prevede due aliquote nel 2025:
Durante il periodo di validità del contratto (sia i primi 4 anni che i successivi 4 per i contratti liberi, o i primi 3 anni e i successivi 2 per quelli concordati), il proprietario non può aumentare il canone al di fuori dell'adeguamento ISTAT (se previsto contrattualmente).
Qualsiasi accordo tra le parti che preveda un aumento del canone durante la vigenza del contratto è considerato nullo dalla legge. L'inquilino che abbia versato importi maggiori rispetto a quelli stabiliti nel contratto registrato può richiederne la restituzione entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile.
Nei contratti a canone concordato, l'aumento ISTAT, quando previsto, non può superare il 75% dell'indice di riferimento (contro il 100% consentito per i contratti a canone libero). Questo rappresenta un'ulteriore tutela per gli inquilini che scelgono questa tipologia contrattuale.
È importante sottolineare che sono nulle le clausole che prevedono:
Gli inquilini devono essere consapevoli dei propri diritti in caso di richieste di aumento del canone che non rispettano le normative vigenti. In particolare:
La normativa sugli affitti per il 2025 mantiene un equilibrio tra gli interessi dei proprietari e la protezione degli inquilini. Le misure principali includono:
È importante sottolineare che qualsiasi aumento del canone deve rispettare le regole sopra descritte e avvenire nei tempi e nei modi previsti dalla legge, a tutela della stabilità abitativa e della trasparenza nel mercato delle locazioni.