Negli ultimi anni le dimissioni in Italia sono aumentate, ma le ragioni sono mutate rispetto al passato: emerge una nuova attenzione a benessere, smart working e differenze tra generazioni.
A seguito della cosiddetta Great Resignation globale, anche il mercato del lavoro italiano ha sperimentato un'impennata nei tassi di abbandono del posto di lavoro. Questo fenomeno, inizialmente attribuito allo shock pandemico e a una rinnovata ricerca di equilibrio tra vita professionale e personale, si è progressivamente radicato, generando una riflessione più ampia sulle motivazioni che spingono un numero crescente di persone a rimettere il proprio incarico. Oggi, parlare di dimissioni record in Italia significa interrogarsi su nuove priorità, aspirazioni e condizioni che caratterizzano il panorama occupazionale del paese.
L'analisi statistica degli ultimi cinque anni mostra una crescita sia nel numero assoluto delle dimissioni sia nella frequenza con cui il tema viene affrontato dagli osservatori del lavoro. Secondo i dati comunicati da INPS e istituti di ricerca privati, il boom si è concentrato tra il 2021 e il 2022, con percentuali di crescita mai registrate prima in Italia. Nel 2021 si sono superati gli 1,9 milioni di casi, il 36% in più rispetto al 2020, mentre il picco massimo si è raggiunto nel 2022, con oltre 2,18 milioni di persone che hanno lasciato volontariamente il proprio impiego. Nel 2023 e nel 2024 le cifre hanno registrato una leggera diminuzione pur restando su livelli superiori a quelli pre-pandemici: 2.153.741 nel 2023 e oltre 2,1 milioni nel 2024, seguite da 465.044 solo nel primo trimestre del 2025.
Il seguente prospetto sintetizza l'andamento annuale:
Anni |
Dimissioni volontarie (milioni) |
2020 |
1,40 |
2021 |
1,90 |
2022 |
2,18 |
2023 |
2,15 |
2024 |
2,10* |
Questo trend mostra una condizione di assestamento, confermando che dimissioni record in Italia non si configurano più come un episodio eccezionale, ma come una realtà consolidata. Tale dinamica deve essere letta insieme all'aumento del tasso di ricollocazione: oltre il 70% dei lavoratori che abbandona il proprio posto di lavoro trova una nuova occupazione in meno di tre mesi, indice di un mercato più fluido e orientato al job hopping.
Rispetto agli anni precedenti, le ragioni che portano le persone a rassegnare le dimissioni sono decisamente mutate e si discostano dal semplice desiderio di abbandono in favore di una “nuova vita”:
I più recenti sondaggi dimostrano come l'adozione di forme flessibili di lavoro, lo smart working in particolare, abbia inciso sull'aumento delle dimissioni volontarie. Dal 2020 la percentuale di lavoratori che considera irrinunciabile la possibilità di lavorare a distanza è cresciuta progressivamente, con incidenze più elevate nelle regioni del Nord. Lo smart working, oltre a semplificare la conciliazione tra lavoro e impegni personali, amplia il raggio di ricerca di opportunità lavorative, favorendo così la mobilità:
Anche la pubblica amministrazione italiana sta sperimentando fenomeni di turnover senza precedenti. Se in passato il posto fisso era visto come un traguardo stabile e sicuro, oggi attrattività e tenuta del pubblico impiego sono in discussione:
L'analisi delle dimissioni record in Italia evidenzia nette differenze a seconda della fascia d'età e del genere. La generazione più giovane, in particolare la Gen Z, si mostra la più propensa al cambiamento, oltre che la più stressata: il 49% dichiara l'intenzione di cambiare impiego: