In Italia oltre 10 milioni di persone soffrono di dolori cronici che possono rappresentare un importante problema a lavoro: quali sono i diritti e gli aiuti possibili
Vivere con dolori che non regrediscono nel tempo comporta sfide significative sia dal punto di vista personale che professionale. Oggi, in Italia, la questione della tutela dei lavoratori che soffrono di dolori persistenti è sempre più rilevante, grazie anche a recenti innovazioni legislative e a una maggiore attenzione della giurisprudenza e dei contratti collettivi. Il tema coinvolge non solo chi soffre di malattie rare, oncologiche o neuropatiche, ma anche milioni di persone affette da condizioni come fibromialgia, discopatie e sindromi dolorose croniche non oncologiche.
L'aggiornamento normativo e l'evoluzione dei diritti contrattuali stanno fornendo nuove prospettive e garanzie, indispensabili per assicurare dignità, inclusività e pari opportunità nel mondo del lavoro.
In Italia, secondo le stime più affidabili, oltre 10 milioni di persone convivono quotidianamente con un dolore persistente, rappresentando una delle principali cause di riduzione della qualità della vita e dell’efficienza lavorativa.
Le tipologie più comuni includono dolori muscolo-scheletrici (come lombalgie e discopatie), neuropatie, fibromialgia, dolore post-traumatico e le conseguenze di patologie oncologiche o degenerative.
Tra queste, le lombalgie croniche, le malattie reumatiche, la fibromialgia, la cefalea cronica e il dolore neuropatico compaiono tra le condizioni più diffuse e “invisibili”, spesso sottovalutate sia dalle persone che dai sistemi di tutela sociale.
L’impatto sulle attività lavorative è notevole: il dolore non solo limita la capacità di svolgere mansioni manuali o ripetitive, ma determina assenteismo, ridotta produttività e difficoltà nella gestione delle relazioni lavorative. Le sintomatologie come affaticamento, difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno o rigidità motoria possono escludere il lavoratore da ruoli chiave, dal lavoro su turni o dalle mansioni ad alto rischio.
Un’altra caratteristica è spesso la difficoltà di accesso tempestivo alle cure adeguate: troppo spesso i pazienti arrivano alle strutture di terapia del dolore solo dopo molti anni, con un quadro clinico già evoluto. L’associazione NOPAIN, che dal 2007 promuove la cultura della terapia del dolore, denuncia inoltre il persistere di diseguaglianze territoriali nell'accesso alle cure e nella possibilità di ottenere riconoscimenti amministrativi che facilitino la qualità della vita lavorativa.
Di fronte a queste difficoltà, la recente attenzione normativa e contrattuale intende favorire l’inclusione dei lavoratori con disabilità algiche nella vita professionale, promuovendo equità di trattamento e strumenti di welfare adeguati.
Il quadro normativo nazionale ha vissuto importanti aggiornamenti negli ultimi anni, culminati con l’approvazione definitiva della legge che garantisce la conservazione del posto di lavoro e l’accesso a permessi per curarsi rivolti a chi soffre di patologie croniche, invalidanti o rare.
Secondo la nuova normativa, i lavoratori del settore pubblico e privato, così come gli autonomi con percentuale di invalidità superiore al 74%, possono richiedere un congedo per un massimo di 24 mesi, continuativo o frazionato, senza perdita del posto di lavoro (seppur senza retribuzione né contribuzione pensionistica diretta per il periodo di assenza). Il diritto di “salva-lavoro” ha rappresentato una risposta alle richieste delle associazioni di pazienti, specie nell’ambito oncologico, ma estende le sue tutele a tutte le condizioni croniche e rare a forte impatto invalidante.
La legge prevede ulteriori diritti prioritari, quali l’accesso agevolato allo smart working al termine del congedo e permessi retribuiti aggiuntivi per visite mediche, terapie e controlli, estesi anche ai genitori di figli minorenni affetti da simili patologie. Le ore di permesso aggiuntive si sommano a quelle già garantite dai singoli CCNL. Il lavoratore autonomo, invece, può sospendere l’attività per un massimo di 300 giorni l’anno in caso di incarichi continuativi.
L’introduzione delle nuove norme rappresenta una risposta a un vuoto normativo che in passato aveva esposto alcuni lavoratori a licenziamenti datoriali, spesso allo scadere dei limiti di assenza (il cosiddetto comporto di 6 mesi ancora previsto da molti CCNL).
I lavoratori con dolori cronici, così come coloro che sono affetti da malattie invalidanti e rare, possono usufruire di diverse tipologie di permessi e congedi, oltre all’accesso prioritario allo smart working come misura di adattamento indispensabile. Ecco cosa prevedono concretamente le ultime disposizioni:
Chi soffre di dolore cronico può accedere a diversi strumenti di riconoscimento e aiuto, a partire dall’invalidità civile e, quando ricorrono i presupposti, alle misure di sostegno al reddito e all’adattamento professionale. L’invalidità viene valutata sulla base dell’impatto funzionale della patologia – per esempio per discopatie gravi, fibromialgia avanzata, neuropatie post-traumatiche – tramite commissioni medico-legali presso le ASL o l’INPS.
Il riconoscimento dell’invalidità civile (percentuale a partire dal 34%, ma con agevolazioni lavorative più estese oltre il 74%) consente:
I dolori cronici più rilevanti in ambito professionale includono discopatie lombari, neuropatie, fibromialgia, patologie reumatiche, esiti di traumi e, non da ultimo, l’obesità cronica oggi riconosciuta per legge come patologia a sé.
La gestione del dolore si basa su un approccio multidisciplinare che include terapie farmacologiche (analgesici, antidepressivi, oppioidi se necessario e sotto controllo specialistico), trattamenti fisioterapici, psicoterapia mirata e tecniche di rilassamento. La fitoterapia e la medicina integrata possono essere utilizzate in affiancamento, specie in condizioni come la fibromialgia o la sindrome da stanchezza cronica.
Dove previsto dalla Rete di Terapia del Dolore, sono disponibili anche percorsi personalizzati per il potenziamento muscolare, trattamenti con ausili robotici e programmi di supporto psicologico di gruppo o individuale.
Altre misure concrete: