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I grandi marchi e aziende italiani e mondiali acquistati dai cinesi nel 2025 in una ascesa incontenibile

di Marcello Tansini pubblicato il
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L'avanzata cinese nel mondo degli affari prosegue nel 2025: marchi storici italiani e internazionali entrano nell'orbita di Pechino. Dai casi simbolo come Pirelli alle nuove strategie d'investimento, uno scenario di opportunità e sfide globali.

Negli ultimi anni si è assistito a una rapida crescita dell'interesse degli investitori cinesi verso alcune delle realtà industriali più prestigiose sia in Italia che nel mondo. Questa dinamica, frutto dell'intensificarsi delle relazioni economiche tra la Cina e l'Occidente, ha portato a una sequenza di operazioni che hanno coinvolto aziende di rilevanza globale in settori come automotive, energia, alimentare, moda, lusso ed elettronica. Il fenomeno degli acquisti di grandi aziende europee da parte di investitori della Repubblica Popolare non rappresenta solo una questione di capitali e controllo societario, ma ridefinisce la geopolitica industriale e pone nuove questioni di governance, tutela del know-how e impatto sui territori. In aggiunta, il tema si intreccia con la competizione tecnologica internazionale e la strategia di crescita dei brand cinesi, pronti a capitalizzare sull’identità e sulla qualità delle produzioni locali per affermarsi come nuovi protagonisti nell’economia globale.

Principali aziende italiane acquistate dai cinesi: casi emblematici e settori coinvolti

Il panorama societario italiano conta numerose realtà che sono passate, in tutto o in parte, sotto il controllo di gruppi del Dragone. L’Italia, secondo dati Reuters, risulta il secondo Paese europeo, e il quinto a livello globale, per entità di investimenti cinesi. Queste acquisizioni si inseriscono in una strategia ampia che mira non solo all’espansione di controllo societario, ma anche a ottenere competenze tecnologiche, estensione commerciale e presidio di filiere rilevanti. Un elenco, senza pretesa di esaustività, testimonia la varietà degli ambiti interessati:

  • Automotive e componentistica: Fiat-Chrysler, Pirelli, Benelli, De Tomaso Automobili
  • Alimentare e beverage: Riso Scotti, Salov (Sagra), Fiorucci
  • Energia e infrastrutture: Ansaldo Energia, Cdp Reti, Snam, Terna, Eni, Enel
  • Lusso e moda: Buccellati, Krizia, Cerruti, Desmo, Miss Sixty, Golden Goose
  • Elettrodomestici e tecnologia: Candy, Mediaworld
  • Altri settori: Ferretti Group (yacht), Cifa (macchinari edilizia), AC Milan (sport)
Le modalità e gli effetti di queste operazioni possono essere esemplificati nelle storie di imprese iconiche.

L'esempio di Bialetti, Pirelli e altre acquisizioni recenti

Bialetti, simbolo tricolore legato alla moka espresso, è stata acquisita nel 2025 dal fondo Nuo Capital, con l’intento di rilanciare il brand a livello globale e rafforzarne la presenza in Asia. L’accordo prevede il mantenimento del management italiano e una strategia incentrata sulla valorizzazione del patrimonio storico e innovazione di prodotto. Pirelli, uno dei più grandi produttori mondiali di pneumatici, è entrata a far parte dell’orbita ChemChina nel 2015 attraverso un’operazione da oltre 7 miliardi di euro, che ha accelerato l’espansione nei mercati asiatici e favorito la digitalizzazione industriale.

Non meno rilevante il caso Candy, acquisita da Haier che ha dato vita a una piattaforma europea nel segmento degli elettrodomestici intelligenti, con conseguente razionalizzazione degli stabilimenti italiani. In ambito lusso e moda spiccano Buccellati, passata al gruppo Gangtai con risultati altalenanti, e Krizia, controllata dal gruppo Shenzhen Marisfrolg che ha rilanciato la maison su scala globale. Nel settore energia e grandi infrastrutture, Shanghai Electric ha acquisito una quota di Ansaldo Energia, mentre Bright Food è intervenuta nel capitale di Riso Scotti e Salov portando innovazione nell’offerta e impatto nei consumi asiatici.

Moda, alimentare, energia: settori strategici sotto la lente cinese

L’interesse degli investitori d’Oriente per aziende attive nella moda, nel food e nell’energia ha confini trasversali. Nel tessile e nel lusso, la strategia si orienta all’acquisizione di brand storici per sostenere la penetrazione commerciale sui mercati emergenti e favorire la produzione e distribuzione internazionale. Produttori di accessori, come la stessa Bialetti e marchi di calzature di fascia alta, sono stati identificati come vettori di crescita per soddisfare una domanda domestica cinese divenuta esigente e attenta alla qualità e all’identità.

In ambito alimentare, operazioni come quelle su Riso Scotti e Salov hanno permesso di importare il know-how italiano nelle filiere locali, scommettendo su prodotti salutistici e ricette adattate alle preferenze asiatiche. Nel settore energia, la presenza nei capitali di grandi utility come Snam, Terna ed Enel riflette una strategia geopolitica che mira a garantire sicurezza degli approvvigionamenti ed espandere competenze tecniche. Questo approccio multipolare consente, ai gruppi orientali, di assimilare rapidamente best practice, investire in tecnologie avanzate ed elevare lo standard della produzione domestica.

Motivazioni e strategie: perché la Cina punta sulle aziende italiane e globali

Le strategie cinesi di acquisizione in Europa e Italia nascono da molteplici motivazioni. La crescita sostenibile prevista nel Piano Made in China 2025 promuove l’internalizzazione e il passaggio dalla produzione di massa a quella ad alto valore aggiunto, anche attraverso l’ingresso nei settori in cui l’Occidente esprime leadership consolidata. Investire all’estero consente ai gruppi cinesi di acquisire know-how avanzato, brand heritage e reti di distribuzione che difficilmente potrebbero costruire in tempi brevi.

Un altro fattore centrale è il desiderio di diversificare gli asset e mitigare i rischi geopolitici e commerciali. Controllare aziende europee e globali offre accesso diretto a mercati maturi e garantisce capacità di influenzare gli equilibri settoriali. L’acquisizione di marchi iconici rafforza, inoltre, la reputazione delle società acquirenti presso i consumatori internazionale e domestici, che sempre più associano lusso e qualità a una nuova generazione di brand locali affiancati dai grandi nomi occidentali.

Infine, queste strategie rispondono all’obiettivo – espresso apertamente dalle autorità politiche e industriali del Dragone – di modernizzare l’industria nazionale e posizionarsi come motore globale nei settori high-tech, fashion e food.

Impatto delle acquisizioni cinesi sull'industria e il Made in Italy

L’arrivo di capitali provenienti da Pechino ha effetti contraddittori sul tessuto industriale italiano. Da un lato, numerose aziende in crisi hanno trovato nuova linfa per rilanciare la produzione all’estero, innovare prodotti, ampliare la distribuzione e investire in digitalizzazione. Esempi recenti, come Bialetti e Ferretti Group, dimostrano che la gestione cinese può garantire stabilità occupazionale nel breve periodo, nuovi sbocchi internazionali e valorizzazione del brand heritage.

D’altro canto, permangono preoccupazioni legate alla tutela delle competenze strategiche e alla perdita di controllo su filiere chiave. Alcuni casi vedono un progressivo spostamento delle attività a monte o a valle verso la Cina, con effetti sul sistema produttivo locale e rischi di indebolimento del tessuto manifatturiero. Il fenomeno alimenta dibattiti anche sul piano normativo, con governi e Unione Europea che valutano forme di golden power a tutela delle infrastrutture sensibili.

La coesistenza tra presenza cinese e identità industriale italiana si riflette nella necessità di nuovi modelli di governance, attenzione agli standard di qualità e trasparenza delle filiere, temi sempre più richiesti dai consumatori. La sfida attuale è conciliare apertura agli investimenti esteri con il mantenimento di presidio tecnologico e culturale, tutelando le eccellenze che fanno grande il Made in Italy sui mercati mondiali.

Le acquisizioni cinesi nel contesto europeo e mondiale: numeri e tendenze

A livello continentale, la presenza di capitali cinesi appare in costante ascesa: l’Italia si posiziona ai vertici della classifica per investimenti, seguita da Regno Unito, Germania e Francia. Queste operazioni sono spesso finalizzate alla creazione di grandi player globali in settori strategici, attraverso merger, partnership industriali e acquisizioni totali o parziali di controllo. L’offerta pubblica di acquisto di JD.com su Ceconomy, che gestisce Mediaworld e Saturn, rappresenta solo l’ultimo tassello di una strategia di penetrazione su scala continentale.

Paese Ranking investimenti cinesi UE Settori principali
Italia Moda, energia, alimentare, automotive
Regno Unito Tecnologia, finanza
Germania Automotive, elettronica

Secondo dati internazionali, oltre 870 miliardi di dollari di investimenti cinesi sono stati diretti all’estero, di cui circa 400 nel comparto energia e oltre 130 in trasporti e infrastrutture. Il quadro segnala come, attraverso una politica industriale integrata, la Cina miri a scalare posizioni nella competizione globale rafforzando la presenza nei segmenti chiave dell’economia europea e mondiale.

Sfide, preoccupazioni e prospettive future per i grandi marchi internazionali

L’aumento di investimenti cinesi nei grandi marchi occidentali pone nuove sfide di trasparenza, tracciabilità e gestione identitaria. Il contesto attuale vede, da un lato, consumatori e investitori più attenti a etica, sostenibilità e qualità produttiva; dall’altro, una crescente pressione su governi e organismi di vigilanza per definire limiti normativi e strumenti di controllo sugli asset industriali. La concorrenza sul piano del prezzo e della qualità, con l’ascesa di brand cinesi nei segmenti premium e lusso, impone alle aziende europee una riflessione sulla propria capacità di innovare e comunicare valore oltre la mera etichetta.

Dal punto di vista delle prospettive, molto dipenderà dalla capacità delle imprese italiane ed europee di consolidare il patrimonio industriale e accedere a nuovi mercati senza perdere l’identità che le ha rese celebri. In questo scenario fluido, la collaborazione tra capitali cinesi e gestione locale, regolata da policy chiare, potrà rappresentare un’opportunità o un rischio a seconda della visione di lungo periodo perseguita da ciascun stakeholder.