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In quali casi l'ambiente di lavoro può essere definito stressante e scatta risarcimento per Cassazione (n.123 4 gennaio 2025)

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Quali sono i casi in cui, secondo la Cassazione, un ambiente di lavoro si può definire stressante e quando può scattare il risarcimento al dipendente

L'ambiente di lavoro influisce profondamente sul benessere psicofisico dei dipendenti. Negli anni recenti, il riconoscimento di condizioni lavorative che possano generare stress è stato al centro di un ampio dibattito sia a livello giuridico sia sociale.

Il concetto di ambiente lavorativo stressante si riferisce a situazioni nelle quali la quotidianità professionale è caratterizzata dalla presenza di fattori persistenti o episodici tali da compromettere la salute e la dignità personale. 

Cosa prevede la sentenza n.123 del 4 gennaio 2025 della Corte di Cassazione sull’ambiente di lavoro stressante

La sentenza n.123/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un passo importante nell'interpretazione della responsabilità datoriale legata agli ambienti lavorativi nocivi. 

I giudici hanno stabilito che comportamenti stressogeni isolati o combinati con altre condotte possono ledere la salute del lavoratore, anche senza un intento persecutorio e hanno anche chiarito che laddove i comportamenti stressanti si rivelino causa di danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, si può anche richiedere un risarcimento al datore di lavoro.

Queste condotte, infatti, incidendo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, creano una situazione di stress e depressione e costituiscono, per questo, una causa di violazione del dovere datoriale di tutelare la personalità morale e l'integrità fisica del lavoratore.

Dunque, la responsabilità può sorgere anche in assenza di intenti vessatori tipici del mobbing, laddove vi siano condizioni che, di fatto, generano disagio, sofferenza psichica o isolamento professionale. È sufficiente che l'ambiente risulti stressogeno, cioè fonte di pressione e malessere, per attribuire rilievo risarcitorio alla situazione. 

Quando l’ambiente di lavoro può definirsi stressante: criteri normativi e giurisprudenziali

L’ambiente di lavoro può essere qualificato come stressante quando risulta compromesso il "completo benessere fisico, psicologico e sociale" del lavoratore, secondo la definizione di salute stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepita dal diritto nazionale. I criteri identificativi, come consolidato nella giurisprudenza, abbracciano:

  • Frequenza e durata dei comportamenti disfunzionali
  • Intensità delle pressioni o azioni lesive della dignità
  • Impatto documentato sulla salute, anche tramite certificazione medica
  • Valutazione delle cause, considerando sia azioni ripetute che episodi isolati di rilevante gravità

Gli obblighi del datore di lavoro e la responsabilità ex art. 2087 c.c.

Il Codice Civile impone al datore di lavoro la necessità di adottare ogni misura conforme a esperienza, tecnica e specificità lavorativa per prevenire danni all’integrità psico-fisica dell’impiegato. Tra i principali obblighi previsti troviamo:
  • Analisi e valutazione dei rischi nel Documento di Valutazione dei Rischi, compresi i rischi di stress lavoro-correlato
  • Predisposizione di strumenti e protocolli di supporto e formazione specifica del personale
  • Azione correttiva tempestiva in presenza di campanelli d’allarme, come lamentele di disagio o conflitti interni
  • Rispetto dei principi di correttezza e buona fede nell’organizzazione del lavoro

Il diritto al risarcimento: quando scatta, prova del danno e iter giudiziario

Il dipendente può, inoltre, avere diritto al risarcimento se l’ambiente di lavoro è fonte comprovata di stress, risultante da azioni o inazioni che ledano lo stato di benessere personale. Ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria:
  • Il lavoratore deve dimostrare il danno subito e il nesso di causalità con la situazione lavorativa
  • La prova può essere fornita tramite certificazioni mediche, testimonianze, documentazione che attesti lo svolgimento di mansioni in contesto stressante
  • Il datore deve invece provare di avere implementato tutte le misure di prevenzione raccomandate dalla legge
L’iter giudiziario prevede che, in caso di esito favorevole al ricorrente, il risarcimento tenga conto sia del danno patrimoniale (riduzione della capacità lavorativa) sia di quello non patrimoniale (sofferenza psico-fisica, compromissione della dignità). 
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