Quali sono i casi in cui, secondo la Cassazione, un ambiente di lavoro si può definire stressante e quando può scattare il risarcimento al dipendente
L'ambiente di lavoro influisce profondamente sul benessere psicofisico dei dipendenti. Negli anni recenti, il riconoscimento di condizioni lavorative che possano generare stress è stato al centro di un ampio dibattito sia a livello giuridico sia sociale.
Il concetto di ambiente lavorativo stressante si riferisce a situazioni nelle quali la quotidianità professionale è caratterizzata dalla presenza di fattori persistenti o episodici tali da compromettere la salute e la dignità personale.
La sentenza n.123/2025 della Corte di Cassazione rappresenta un passo importante nell'interpretazione della responsabilità datoriale legata agli ambienti lavorativi nocivi.
I giudici hanno stabilito che comportamenti stressogeni isolati o combinati con altre condotte possono ledere la salute del lavoratore, anche senza un intento persecutorio e hanno anche chiarito che laddove i comportamenti stressanti si rivelino causa di danno all'integrità psico-fisica del lavoratore, si può anche richiedere un risarcimento al datore di lavoro.
Queste condotte, infatti, incidendo sull'equilibrio psico-fisico del dipendente, creano una situazione di stress e depressione e costituiscono, per questo, una causa di violazione del dovere datoriale di tutelare la personalità morale e l'integrità fisica del lavoratore.
Dunque, la responsabilità può sorgere anche in assenza di intenti vessatori tipici del mobbing, laddove vi siano condizioni che, di fatto, generano disagio, sofferenza psichica o isolamento professionale. È sufficiente che l'ambiente risulti stressogeno, cioè fonte di pressione e malessere, per attribuire rilievo risarcitorio alla situazione.
L’ambiente di lavoro può essere qualificato come stressante quando risulta compromesso il "completo benessere fisico, psicologico e sociale" del lavoratore, secondo la definizione di salute stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e recepita dal diritto nazionale. I criteri identificativi, come consolidato nella giurisprudenza, abbracciano: