Quando un ospedale può impedire le visite di parenti e amici. Normative in vigore, diritti dei pazienti, situazioni particolari come emergenze sanitarie o restrizioni speciali
Le visite ai pazienti ricoverati in ospedale sono sempre state un punto di discussione rilevante, specialmente in considerazione del loro impatto sia sul benessere fisico che psicologico del paziente.
Attualmente, la normativa prevede un minimo di 45 minuti al giorno per le visite ai pazienti, e agli accessi si applicano misure di sicurezza rigorose. In alcuni reparti, come terapia intensiva o Rsa, si possono richiedere ulteriori dispositivi di protezione, ad esempio camici monouso o calzari, per ridurre al minimo il rischio di contaminazione. La durata e l'orario delle visite, invece, sono stabiliti internamente da ciascun ospedale.
Anche le norme di civile convivenza rivestono un ruolo importante. Ad esempio, il rispetto degli orari stabiliti e il numero limitato di visitatori sono misure fondamentali per garantire la sicurezza ospedaliera e il riposo dei pazienti. In molti casi, l'accesso è regolamentato a seconda delle esigenze specifiche dei pazienti, come nel caso dei minorenni o delle persone con disabilità. Le normative includono inoltre disposizioni particolari per i caregiver, specie in presenza di pazienti con gravi condizioni di salute, partorienti o anziani sopra gli 85 anni.
In presenza di situazioni eccezionali che richiedono misure straordinarie per tutelare la sicurezza dei pazienti, del personale sanitario e dei visitatori stessi, le visite in ospedale possono essere vietate. Tra queste condizioni rientrano le epidemie o pandemie, come evidenziato durante l’emergenza Covid-19, quando molte strutture hanno ristretto o totalmente sospeso l’accesso ai reparti per prevenire la diffusione del virus.
Altre circostanze includono il ricovero in terapia intensiva o in reparti con pazienti affetti da malattie infettive altamente contagiose. In questi casi, il rischio per la salute pubblica rende necessario limitare il contatto con l’esterno. Per esempio, pazienti in isolamento o sotto quarantena devono essere protetti da eventuali esposizioni esterne, così come i visitatori devono essere tutelati da possibili contagi all’interno dei reparti specializzati.
Un altro ambito particolare riguarda gli interventi chirurgici e il periodo post-operatorio immediato nelle cosiddette recovery room. Qui, il divieto di visita viene imposto per consentire ai pazienti di ricevere cure intensive senza interferenze esterne e per prevenire complicazioni. Anche il pronto soccorso, in situazioni di emergenza come i codici rossi, può limitare l’accesso di accompagnatori e visitatori.
Altre restrizioni possono emergere per garantire la sicurezza interna in condizioni di emergenza, come eventi straordinari che richiedano l'evacuazione o la messa in sicurezza dell'ospedale. Inoltre, i direttori sanitari possono decidere divieti temporanei nel caso di sovraffollamento o carenze logistiche, onde garantire standard adeguati di assistenza e prevenzione.
Infine, dispositivi normativi regionali possono specificare ulteriori eccezioni, come nel caso delle Rsa, dove l'accesso ai familiari può essere sospeso per proteggere degenti particolarmente vulnerabili. In tutte queste situazioni, devono comunque essere tutelati i diritti essenziali dei pazienti, come l’accesso a un caregiver quando necessario.
In caso di divieto di visita a un paziente ricoverato, è fondamentale conoscere i propri diritti e i mezzi legali disponibili per opporsi. La normativa nazionale garantisce ai familiari e agli amici un diritto minimo di visita, salvo situazioni eccezionali. Il primo passo da compiere è rivolgersi alla direzione sanitaria dell’ospedale per richiedere chiarimenti in merito alle motivazioni del divieto e verificare che queste siano conformi alle disposizioni di legge vigenti.
Se ciò non produce risultati soddisfacenti, è possibile formalizzare un reclamo scritto al direttore sanitario, specificando le circostanze e allegando eventuali documenti a supporto del proprio diritto. Nel caso in cui il paziente abbia particolari necessità, come previsto per minori, disabili gravi o anziani sopra gli 85 anni, il reclamo deve sottolineare tali condizioni per richiedere un accesso prioritario o la presenza di un caregiver dedicato.
Qualora anche il reclamo formale non porti a una soluzione, si può ricorrere all’assistenza di un avvocato. Il legale sarà in grado di inviare una diffida ufficiale alla struttura, richiedendo il ripristino immediato del diritto di visita e minacciando, se necessario, un’azione legale nelle sedi opportune. Va sottolineato che alcune violazioni del diritto di visita possono essere inquadrate come illegittimità, ed è possibile ottenere risarcimenti per eventuali danni morali o materiali subiti.
In casi di estrema urgenza, dove il divieto di visita rischia di compromettere la salute o il benessere psicologico del paziente, si può richiedere un provvedimento d’urgenza al tribunale competente. Questa richiesta potrebbe includere una valutazione medica per dimostrare la necessità del contatto familiare a supporto del paziente.