Il lavoratore può legittimamente rifiutare un cambio di mansione quando certificazioni mediche attestano che le nuove attività sono incompatibili con il suo stato di salute. Diritti e tutele
Il diritto di rifiutare un cambio di mansione per motivi di salute è un importante strumento di tutela per il lavoratore, ma deve essere esercitato nel rispetto di precise condizioni. La certificazione medica rappresenta l'elemento centrale per valutare la legittimità del rifiuto, insieme alla verifica dell'effettiva incompatibilità tra le nuove mansioni e lo stato di salute
Il Decreto Legislativo 81/2008 impone al datore di lavoro l'obbligo di tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti. Secondo tale normativa, è essenziale che ogni cambiamento di ruolo lavorativo non comprometta il benessere fisico e psichico del lavoratore.
Se un lavoratore presenta documentazione medica che attesta l'incompatibilità tra le sue condizioni di salute e la nuova mansione assegnata, il datore è obbligato a tenere in considerazione tale evidenza. Il rifiuto di un cambiamento di ruolo per motivi di salute può essere giustificato solo se supportato da documentazione clinica adeguata, certificata da un medico competente o dal medico curante del dipendente. Questo processo richiede una valutazione accurata e deve essere seguito da un dialogo aperto tra il datore di lavoro e il dipendente coinvolto, cercando soluzioni alternative che possano soddisfare entrambe le parti.
In situazioni complesse, il giudice del lavoro può intervenire su richiesta del lavoratore per valutare la legittimità del rifiuto al cambio di mansione. Il Tribunale del Lavoro svolge il ruolo di arbitro nel determinare se il lavoratore ha diritto a rifiutare il cambiamento sulla base delle evidenze presentate.
Il lavoratore ha il diritto di opporsi a un cambio di mansione nel caso in cui tale modifica risulti incompatibile con la propria condizione di salute. L’obbligo di adibire il dipendente a mansioni sicure e compatibili con il suo stato fisico ricade sul datore di lavoro, che deve richiedere una visita medica al fine di accertare l’idoneità del lavoratore per le nuove attività. Le valutazioni mediche possono determinare quattro tipi di giudizio:
Un dipendente può legittimamente rifiutare un cambio di mansione nei seguenti casi:
I casi medici riconosciuti come validi per giustificare il rifiuto di un cambio di mansione sono generalmente legati a patologie documentate che limitano la capacità del lavoratore di svolgere determinate attività nei modi richiesti dal nuovo incarico. Tra questi rientrano problematiche ortopediche, come patologie della colonna vertebrale, in particolare quando si tratta di attività che comportano movimentazione manuale dei carichi, o disturbi respiratori che rendono pericoloso l’esposizione a polveri o sostanze chimiche. È necessaria una certificazione medica, preferibilmente rilasciata dal medico competente dell’azienda, che attesti in modo chiaro l’incompatibilità della mansione con le condizioni di salute del dipendente.
Il lavoratore che si trova in queste situazioni ha il diritto di richiedere, secondo l’art. 41 del D.Lgs. 81/2008, una visita medica per valutare l’idoneità alla mansione. A seguito della valutazione, il medico esprimerà un giudizio che può prevedere l’idoneità con limitazioni o prescrizioni, oppure l’inidoneità temporanea o permanente. Nel caso di inidoneità, il datore di lavoro è obbligato ad adottare misure adeguate, come il ricollocamento in posizioni compatibili con lo stato di salute del lavoratore e, qualora ciò non sia possibile, l’adozione dei cosiddetti "ragionevoli accomodamenti", come modifiche dell’orario di lavoro o adattamenti delle postazioni di lavoro.
In aggiunta, malattie croniche come il diabete, l’asma grave o le cardiopatie sono frequentemente riconosciute come condizioni valide per opporsi a cambi di mansioni che comportino rischi specifici.
Quando il rifiuto del cambio di mansione è legittimo, il datore di lavoro non può adottare provvedimenti disciplinari nei confronti del lavoratore. Anzi, dovrà: