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Infortuni sul lavoro: tutti i casi in cui il datore di lavoro è esente da responsabilità civile

di Marcello Tansini pubblicato il
Infortuni sul lavoro

I casi in cui il datore di lavoro può essere esente da responsabilità civile per infortuni, analizzando l'evoluzione normativa, il ruolo del comportamento del lavoratore e le interpretazioni della Cassazione.

Nei contesti occupazionali italiani, la disciplina sulla responsabilità civile legata agli infortuni sul lavoro rappresenta una delle tematiche di maggiore complessità e attualità. Il quadro normativo impone obblighi stringenti ai datori di lavoro, che sono chiamati a garantire condizioni di sicurezza idonee nei luoghi di impiego, al fine di prevenire eventi nocivi nei confronti dei dipendenti. Tuttavia, la determinazione della responsabilità non avviene in modo automatico in caso di sinistro. Recenti orientamenti della giurisprudenza – in particolare la pronuncia della Cassazione penale n. 22843/2025 – indicano con chiarezza che l'attribuzione della colpa datoriale dipende dall'analisi approfondita delle condotte, dei rischi e degli obblighi formativi. Solo un'attenta verifica delle circostanze permette di accertare quando si possa concretamente escludere la responsabilità dell'impresa.

Evoluzione normativa e giurisprudenziale: dalla tutela assoluta al concetto di area di rischio

L'assetto normativo degli infortuni lavorativi in Italia si fonda su discipline consolidate, tra cui spicca il D.Lgs. n. 81/2008, che ha riformato la materia della salute e sicurezza ponendo una responsabilità primaria in capo al datore. Storicamente, la giurisprudenza aveva adottato un'impostazione iperprotettiva, secondo la quale ogni incidente occorso durante le mansioni ricadeva automaticamente nella sfera di controllo aziendale.

La Cassazione penale, con la recente sentenza 22843/2025, ha ribadito questi approdi sottolineando che la responsabilità dell'impresa non viene meno anche quando l'incidente sia frutto di scelte imprudenti del dipendente, purché queste si collochino nello spazio di rischio insito nell'organizzazione aziendale. Infatti, l'area di rischio delimita il perimetro entro cui permane l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza: solo quando l'evento esce radicalmente da tale area può verificarsi l'esonero da responsabilità. Questa evoluzione elimina la presunzione di colpevolezza automatica, promuovendo analisi caso per caso sulla prevedibilità delle condotte e sull'adeguatezza delle misure predisposte dall'organizzazione.

Comportamento abnorme del lavoratore e rottura del nesso causale: criteri e limiti

L'accertamento della responsabilità in occasione di infortuni sul lavoro richiede un'analisi rigorosa del nesso causale fra la condotta del datore e l'evento lesivo. Secondo la giurisprudenza, la responsabilità datoriale è esclusa solo in presenza di un comportamento abnorme del lavoratore, ossia di azioni totalmente eccentriche o estranee all'attività affidata e non prevedibili né prevenibili in via ordinaria. In pratica:

  • Condotta abnorme: si considera tale quella posta in essere in modo autonomo, fuori dalle mansioni assegnate, oppure che si traduce in scelte operative radicalmente diverse e imprevedibili rispetto a quanto richiesto dalle procedure aziendali.
  • Prevedibilità del rischio: la Cassazione ha chiarito che la colpa del dipendente non “scagiona” il datore qualora la condotta, pur imprudente, sia espressione di modalità di esecuzione prevedibili nelle normali dinamiche aziendali, come l'uso di un macchinario senza adeguata formazione.
Possiamo anche fare degli esempi:

Esempi di comportamenti abnormi

Esempi di comportamenti prevedibili

Uso di attrezzature non autorizzate, in modo del tutto estraneo all'attività

Errore nell'uso di un macchinario affidato senza adeguata formazione

Iniziativa autonoma di accedere a zone interdette senza motivazione

Imprudenza connessa a mansioni comunemente svolte

La pronuncia della Cassazione n. 22843/2025 ha innovato l'interpretazione tradizionale, stabilendo che l'interruzione del nesso causale vi è solo nel caso di una scelta completamente estranea alle mansioni (es. un addetto alla manutenzione che si arrampica autonomamente su un'impalcatura non autorizzata) o assolutamente anomala e non prevedibile nella dinamica aziendale. Diversamente, l'imprudenza, se legata all'attività lavorativa e inserita nell'area di rischio, non basta a esonerare l'azienda dalla responsabilità.

Obblighi di formazione, informazione e vigilanza del datore di lavoro

La tutela dei lavoratori trova fondamento nell'adeguata applicazione dei protocolli di formazione e informazione sul rischio professionale. Il D.Lgs. 81/2008, agli articoli 36 e 37, individua in modo chiaro gli obblighi in capo al datore: questi è tenuto a istruire i dipendenti, con particolare attenzione ai neoassunti, sui pericoli specifici delle attività svolte e sulle regole di sicurezza:

  • Formazione obbligatoria: va garantita prima dell'assegnazione anche temporanea alle mansioni pericolose. Non è sufficiente l'affiancamento a un collega esperto: la formazione deve essere specifica, aggiornata e documentata.
  • Informazione: il datore deve trasmettere ai lavoratori tutte le informazioni sui rischi connessi alle attività e sulle misure di prevenzione adottate in azienda.
  • Vigilanza: è richiesto un costante controllo sull'osservanza delle procedure di sicurezza da parte di tutti i dipendenti.
Secondo la nuova giurisprudenza (Cass. 22843/2025), l'inadempimento anche di uno solo di questi obblighi impedisce al datore di invocare l'esclusione della responsabilità per comportamenti imprudenti del lavoratore; anzi, la mancata formazione si configura come causa determinante della responsabilità civilistica e penale. Si sottolinea che la vigilanza non deve essere “assoluta”, ma congrua rispetto alla natura delle attività e all'organizzazione aziendale. Il datore che documenta di aver adempiuto con efficacia a questi doveri potrà dimostrare, nei rari casi previsti dalla legge, l'assenza di responsabilità.

I casi specifici di esclusione della responsabilità civile datoriale secondo la Cassazione

La sentenza della Cassazione n. 22843/2025 ha chiarito che la responsabilità datoriale può essere esclusa soltanto in presenza di determinate condizioni rigorose, che vanno verificate caso per caso:

  • Comportamento imprevedibile e del tutto autonomo: la responsabilità è esclusa quando l'evento dannoso deriva da un'iniziativa personale del lavoratore completamente avulsa dalle mansioni assegnate e non riconducibile alle modalità operative aziendali.
  • Azioni contrarie a espliciti divieti: nelle ipotesi in cui il dipendente agisca contro precise regole di sicurezza conosciute e reiteratamente ribadite in azienda, senza alcuna motivazione legata alle proprie mansioni.
  • Estraneità dall'area di rischio: l'infortunio deve essere conseguenza di una scelta del lavoratore estranea alle prevedibili dinamiche produttive e, dunque, al di fuori dell'area di rischio valutata dal datore.
Tuttavia, la sola imprudenza nell'uso ordinario di attrezzature non consente l'esclusione della responsabilità aziendale. La giurisprudenza recente conferma che l'affiancamento occasionale non può sostituire la formazione obbligatoria e che il datore rimane responsabile se l'infortunio si verifica durante attività rientranti nelle mansioni, anche se svolte con leggerezza o inesperienza.