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Le possibili conseguenze per Campari e i suoi dipendenti dopo sequestro di 1,3 mld di azioni per tasse non pagate

di Marcello Tansini pubblicato il
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Il sequestro di 1,3 miliardi di azioni Campari per presunta evasione fiscale scuote la storica azienda italiana. L'inchiesta tocca governance, operazioni societarie e coinvolge direttamente dipendenti e gruppo.

In seguito a uno dei procedimenti fiscali più rilevanti degli ultimi anni in Italia, Lagfin S.C.A, la società che detiene la maggioranza del noto gruppo degli aperitivi si trova coinvolta in un sequestro preventivo di azioni per un valore superiore a 1,29 miliardi di euro. Tale misura colpisce la holding di diritto lussemburghese che detiene la partecipazione di controllo, portando l’attenzione pubblica sull’intricata relazione tra operazioni di riorganizzazione societaria e obblighi tributari. L'impatto della vicenda va ben oltre gli aspetti giudiziari, prefigurando ripercussioni su governance, rapporti tra gli azionisti, gestione delle attività e serenità interna. Le possibili conseguenze riguardano diversi ambiti: dal sistema di controllo societario fino alla percezione della solidità finanziaria del gruppo e al clima di lavoro dei dipendenti.

Il quadro dell’indagine e il sequestro delle azioni Campari

L’indagine, avviata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano sotto la direzione della Procura di Monza, si concentra su presunti comportamenti fraudolenti messi in atto durante una complessa operazione di riorganizzazione interna. Il sequestro, pari a circa il 16% del capitale sociale, riguarda azioni ordinarie della principale società del gruppo, detenute da Lagfin S.C.A. con sede in Lussemburgo. Questo provvedimento cautelare è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari sulla base dell’ipotesi di "dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici" e "responsabilità amministrativa delle persone giuridiche", riferendosi al mancato adempimento degli obblighi fiscali relativi a plusvalenze prodotte all’atto del trasferimento all’estero di asset strategici. Tra i soggetti iscritti nel registro degli indagati figurano figure apicali della holding e manager responsabili della succursale italiana. La misura è stata messa in atto a Borsa chiusa e non sembra, almeno nell’immediato, minare la posizione di controllo sul gruppo operativo né compromette direttamente la continuità aziendale.

Origini e natura della presunta evasione fiscale: la questione dell’exit tax

L’attenzione della magistratura si focalizza sull’interpretazione e applicazione della cosiddetta exit tax, imposta progettata per tassare le plusvalenze maturate in Italia al momento della migrazione della sede fiscale o di asset strategici all’estero, secondo la normativa art. 166 TUIR. Nel caso specifico, si contesta che, all’atto della fusione per incorporazione tra la holding lussemburghese e la sua controllata italiana – titolare della quota maggioritaria della società quotata – non siano state dichiarate plusvalenze per oltre 5,3 miliardi di euro. Questa base imponibile avrebbe dovuto originare un’imposta stimata attorno a 1,3 miliardi. Il meccanismo dell’exit tax è stato introdotto per contrastare l’elusione fiscale derivante dal trasferimento di attività o residenze fiscali fuori dai confini nazionali, proteggendo così la capacità contributiva generata in Italia. Gli inquirenti sostengono che, attraverso una serie di operazioni formali, si sarebbe aggirato l’obbligo di assoggettare le plusvalenze alla tassazione italiana, celando lo spostamento effettivo degli asset a una società estera mentre la gestione restava ancorata alla casa madre fuori Italia.

Le operazioni societarie al centro dell’inchiesta: fusione e trasferimento di asset

L’indagine prende le mosse dalla fusione per incorporazione effettuata nel 2018 tra la lussemburghese Lagfin e la società italiana Alicros, ex holding di controllo. Questa riorganizzazione prevedeva la concentrazione dei pacchetti azionari in una sola entità, consolidando in Lussemburgo il controllo della maggioranza azionaria della compagnia, senza mai interrompere l’operatività della filiale italiana. Secondo l’ipotesi accusatoria, la complessità delle operazioni messe in atto avrebbe mascherato lo spostamento di asset all’estero, omettendo la dichiarazione delle relative plusvalenze. Da un lato, la nuova organizzazione sarebbe stata giustificata con esigenze di semplificazione societaria; dall’altro, gli inquirenti ritengono che le operazioni abbiano avuto come effetto principale quello di consentire il passaggio della titolarità delle azioni e la sede fiscale in Lussemburgo, eludendo la normativa sull’exit tax. La gestione effettiva delle attività finanziarie sarebbe comunque rimasta sotto il coordinamento della società estera.

Le posizioni e le reazioni dei soggetti coinvolti: Campari, Lagfin e gli inquirenti

Le parti coinvolte hanno assunto posizioni significativamente diverse rispetto alle accuse: da un lato, Lagfin – tramite comunicati ufficiali – ha ribadito di aver sempre agito nel rispetto della legge italiana ed europea, sottolineando che la contestazione si riferisce esclusivamente a fatti riguardanti la holding e non direttamente la società operativa né il gruppo che produce storici marchi del beverage. La stessa holding evidenzia che il sequestro non mette in discussione la propria posizione di controllo, detenendo oltre l’80% dei diritti di voto. Dall’altro lato, la Procura e la Guardia di Finanza sostengono la tesi secondo cui la struttura dell’operazione avrebbe di fatto consentito di sottrarre al fisco italiano una base imponibile rilevantissima. I manager indagati, tra cui figures di assoluto rilievo come il presidente della holding, hanno dichiarato di essere pronti a difendersi nelle opportune sedi, segnalando la volontà di affrontare ogni aspetto legale e tributario con trasparenza.

Impatto del sequestro sulla governance e sui diritti di voto in Campari

L’effetto immediato della misura cautelare ha riguardato la disponibilità di una quota significativa di azioni ordinarie, circa il 16% del capitale, in capo alla holding. Nonostante il valore del pacchetto sequestrato, Lagfin mantiene il controllo assoluto della società grazie alla quota complessiva che supera il 51% del capitale e una percentuale ben superiore di diritti di voto, superiore all’80%. L’assetto di governance del gruppo, di conseguenza, non ha subito modifiche sostanziali: la gestione ordinaria prosegue regolarmente e la partecipazione alle assemblee permane invariata. Tuttavia, questa situazione di tensione potrebbe alimentare interrogativi tra gli investitori istituzionali e influenzare la percezione della stabilità della governance a lungo termine.

Potenziali implicazioni per i dipendenti e per il gruppo Campari

L’azienda ha ribadito in modo chiaro che la misura non impatta direttamente la società né le sue controllate, attribuendo la questione a una controversia ristretta all’ambito della holding azionista. Questa dichiarazione ha contribuito a rassicurare i lavoratori e a stabilizzare il clima interno. Tuttavia, è evidente che simili vicende possono generare preoccupazione anche di natura reputazionale soprattutto per quanto riguarda la continuità operativa, le strategie di espansione e le dinamiche interne del gruppo. Gli stakeholders interessati, inclusi i collaboratori, restano in attesa degli sviluppi giudiziari per valutare eventuali ricadute di medio e lungo periodo. Il gruppo dispone di una presenza globale e di una articolazione produttiva solida, elementi che dovrebbero offrire una protezione significativa rispetto a possibili effetti adversi derivanti dalla vicenda giudiziaria in atto.

Considerazioni sulle possibili evoluzioni della vicenda giudiziaria e fiscali

La controversia sulla exit tax e il relativo sequestro rappresentano un precedente significativo nei rapporti tra grandi gruppi industriali, amministrazione fiscale e magistratura. Si apre ora un articolato contenzioso che potrebbe protrarsi per diversi anni, con ripercussioni potenzialmente rilevanti per le strategie societarie di riorganizzazione internazionale. Il procedimento giudiziario dovrà chiarire la legittimità delle operazioni e stabilire eventuali responsabilità penali e tributarie, tenendo conto dell’interpretazione delle normative relative alla fiscalità internazionale e dei precedenti giurisprudenziali. Nel frattempo, il settore osserva con attenzione le mosse delle parti e dell’Autorità Giudiziaria: da una parte la difesa della posizione aziendale e la tutela della continuità del gruppo, dall’altra la ricerca di trasparenza e del rispetto delle regole fiscali nazionali nel contesto di una economia dalla dimensione ormai globale.