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L'olio non è come pubblicizzato, l'accusa ad una famosa marca italiana. La sentenza e risposta dell'azienda

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Vicenda dell'olio

La vicenda ha avuto inizio nel 2017, quando in Francia venne segnalata una partita di olio d’oliva che presentava un difetto di rancido.

Il marchio Carapelli Firenze, storico produttore di olio d’oliva, è finito al centro di una controversia che ha sollevato dubbi sulla qualità del suo extravergine. Una sentenza emessa dal Tribunale di Firenze ha condannato l’azienda a pagare una sanzione di 230.000 euro, in seguito a verifiche che hanno rivelato come alcuni lotti del suo olio d’oliva non rispetterebbero gli standard richiesti per essere classificati come extravergine. Entriamo nei dettagli:

  • Le origini dell'indagine, l'intervento delle autorità francesi
  • Le motivazioni della sentenza e l'impatto sul mercato

Le origini dell'indagine, l'intervento delle autorità francesi

La vicenda ha avuto inizio nel 2017, quando in Francia venne segnalata una partita di olio d’oliva a marchio Carapelli che presentava un difetto di rancido. Le autorità transalpine hanno avviato un’indagine e richiesto l’intervento dell’Ispettorato Centrale della Tutela della Qualità e Repressione Frodi dei Prodotti Agroalimentari italiano, per eseguire analisi più approfondite. I tecnici incaricati hanno prelevato diversi campioni dello stesso lotto e li hanno sottoposti a test di laboratorio, i cui risultati hanno confermato che il prodotto non rispetterebbe i parametri chimici e organolettici richiesti per la classificazione come olio extravergine d’oliva.

A seguito di queste verifiche, il Ministero delle Politiche Agricole ha emesso un’ingiunzione nei confronti di Carapelli e imposto una sanzione amministrativa. L’azienda ha presentato ricorso, contestando le analisi e la decisione delle autorità, ma il 30 gennaio 2025 il Tribunale di Firenze, con una sentenza firmata dal giudice Susanna Zanda, ha rigettato il ricorso, confermando la multa e aggiungendo 14.000 euro di spese legali a carico della società.

Le motivazioni della sentenza e la risposta del produttore di olio

Secondo quanto stabilito dal Tribunale, l’olio analizzato non presenterebbe le caratteristiche necessarie per essere definito extravergine. In particolare, i test chimici e organolettici avrebbero evidenziato alterazioni che compromettevano gusto, aroma e acidità, parametri fondamentali per la qualità di un olio d’oliva. Il mancato rispetto di questi requisiti è una violazione delle rigide normative europee, che regolano la classificazione degli oli per tutelare i consumatori e garantire la trasparenza del mercato.

Questa sentenza ha rilanciato il dibattito sulla necessità di controlli più severi nel settore oleario. L’Italia è tra i maggiori produttori mondiali di olio d’oliva, e la qualità del suo prodotto è un elemento del Made in Italy agroalimentare.

Di fronte alla sentenza, Carapelli Firenze ha ribadito la propria estraneità a qualsiasi pratica fraudolenta e ha dichiarato che il proprio olio d’oliva soddisfa gli standard qualitativi richiesti. L’azienda ha contestato le analisi effettuate, sostenendo che metodi di valutazione differenti possano portare a risultati discordanti, e ha sottolineato che ogni fase della produzione viene sottoposta a controlli interni ed esterni per garantire la qualità del prodotto.

Carapelli ha inoltre voluto rassicurare i consumatori e ribadito il proprio impegno nella produzione di olio extravergine d’oliva certificato.

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