La manovra finanziaria 2026 affronta temi cruciali: tasse, pensioni, lavoro, fisco e regole per le imprese. Le nuove norme incidono su famiglie, banche e PA tra novità, conferme e nuovi provvedimenti in arrivo ma al di fuori della Legge di Bilancio, ma attesi in decreti ad hoc
Il percorso parlamentare della legge di Bilancio per il 2026 ha raggiunto la fase conclusiva con una certezza: nessuna modifica è più ammessa dopo l’approvazione dell’ultimo maxi-emendamento. La maggioranza ha scelto di blindare il testo, superando l’iter di emendamenti e mediazioni che aveva caratterizzato i mesi precedenti. La votazione finale alla Camera, prevista a ridosso della fine dell’anno, sancirà la versione definitiva della manovra, congelando qualsiasi possibilità di variazione su temi quali fisco, pensioni, lavoro e imprese. Questo assetto “sicuro” viene garantito dall’ampia fiducia ottenuta in Senato e dalla decisione politica di proteggere il bilancio da interventi dell’ultimo minuto. Si tratta di una strategia che mira a dare stabilità al quadro economico per il prossimo anno, al prezzo di rinviare le misure più controverse a futuri decreti separati.
Il cuore fiscale della manovra si articola in interventi mirati sia alle famiglie che al tessuto produttivo, con una costante attenzione all’equilibrio dei conti pubblici. Tra le novità fiscali di maggiore impatto figura la riduzione della seconda aliquota IRPEF dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro: una misura dal valore annuo di circa 2,9 miliardi nel 2026, destinata ad alleggerire il carico fiscale del ceto medio.
Un tassello cruciale è rappresentato dalla nuova "rottamazione quinquies" che rende più accessibile la definizione agevolata dei debiti fiscali, estendendo i periodi coperti, prevedendo rateizzazione fino a nove anni (con 54 rate bimestrali) e riducendo gli interessi dal 4% al 3% sui pagamenti dilazionati. L’intervento mantiene il limite temporale ai carichi affidati alla riscossione dal 2000 al 2023.
Altre misure di rilievo per contribuenti e imprese comprendono:
L’assetto previdenziale per il 2026 riflette i complessi negoziati avvenuti in Parlamento e le tensioni tra esigenze di sostenibilità e richieste sociali. Alcuni provvedimenti chiave sono stati oggetto di continui aggiustamenti fino all’ultimo momento utile, con conferme, proroghe parziali e veri e propri dietrofront.
L’incertezza nata attorno alle misure di pensionamento anticipato ha caratterizzato la parte conclusiva dell’esame parlamentare. Quota 103 (uscita con almeno 62 anni di età e 41 di contributi) ha visto un acceso dibattito politico, con la richiesta della Lega e di altre forze di una proroga anche nel 2026, ma la sua conferma non ha trovato piena collocazione nella versione definitiva della manovra. Analoga sorte per Opzione Donna, la cui proroga resta oggetto di specifici emendamenti: molte lavoratrici restano quindi in attesa dei decreti collegati per conoscere criteri e requisiti aggiornati. La possibilità di sommare rendite della previdenza complementare per raggiungere la soglia minima di assegno e accedere alla pensione di vecchiaia viene soppressa dal 2026. Rimangono infine più selettivi i criteri per le uscite anticipate, specialmente per lavoratori usuranti e precoci.
Nell’ottica di promuovere la previdenza di secondo pilastro, dal 1° luglio 2026 i nuovi assunti privati saranno automaticamente iscritti a forme di previdenza complementare salvo esplicita rinuncia entro due mesi. Gli accordi collettivi determineranno la destinazione del TFR, che andrà interamente ai fondi; la platea di aziende obbligate ad aderire si allarga progressivamente fino alle imprese con 40 dipendenti dal 2032. Per i lavoratori con retribuzioni particolarmente basse la partecipazione non sarà comunque obbligatoria. Sono inoltre sanciti tagli ai fondi per l’accesso anticipato dei lavoratori precoci e per chi opera in mansioni usuranti a decorrere dal 2033, in risposta alle esigenze di contenimento della spesa previdenziale indicate dal Ministero dell’Economia.
Il pacchetto di norme rivolte a imprese e lavoro si concentra su due fronti: incentivi e sostegno agli investimenti, da un lato, e misure per la modernizzazione industriale, dall’altro. Fra gli interventi più rilevanti:
La manovra 2026 introduce nuove misure in numerosi settori. In ambito abitativo, il finanziamento del Piano Casa scende a 200 milioni per il biennio 2026-2027, segnando un investimento ridotto rispetto agli anni precedenti. Nella sanità, previsti ulteriori 2 miliardi di euro per il fondo sanitario nazionale e fondi specifici a favore di sportelli di supporto psicologico presso aziende e università (2 milioni in due anni). Per le famiglie, diversi capitoli: ricalcolo dell’ISEE per favorire chi possiede solo la prima casa ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali, sostegno alle lavoratrici madri (integrazioni e sconti contributivi), rifinanziamento della social card e modifiche all’Assegno di Inclusione, con l’eliminazione della sospensione dopo la prima erogazione del beneficio.
Importanti novità anche per il settore pubblico e media:
La fotografia della manovra 2026 consegna al Paese un impianto legislativo ormai stabilito, a garanzia di una maggiore affidabilità finanziaria agli occhi dei mercati e delle istituzioni comunitarie. Il congelamento di emendamenti e la blindatura finale rappresentano una scelta di stabilità, con l’obiettivo di contenere il deficit e tracciare una traiettoria ordinata per la gestione delle risorse pubbliche. Tuttavia, le questioni più delicate vengono di fatto rinviate ai decreti successivi: fisco, pensioni e welfare continueranno a essere oggetto di revisione anche nel nuovo anno, in un dialogo costante fra esigenze sociali ed equilibri di bilancio. Questo approccio, se da un lato offre certezze a famiglie e imprese nel breve termine, dall’altro prefigura una “stagione dei decreti” destinata ad arricchire il quadro normativo e a rimodulare le regole dove necessario.