Dal 2006 il tuo sito imparziale su Lavoro, Fisco, Investimenti, Pensioni, Aziende ed Auto

Statali e pensioni anticipate 2025, i motivi per cui si rimane al lavoro e non convengono più

di Marianna Quatraro pubblicato il
statali rimanere lavoro

Quali sono i motivi per cui gli statali scelgono di non andare più in pensione anticipata e restare a lavoro: i dati recenti

Quali sono i motivi per cui ormai gli statali decidono di restare a lavoro e non vanno più in pensione anticipata? Andare in pensione è l’obiettivo di tutti i lavoratori che per anni si sono impegnati e che agognano il momento, finalmente, di godere del meritato riposo. 

Eppure i tempi sono economicamente molto difficili tanto che sono sempre più i dipendenti che, pur potendo andare in pensione anticipata, scelgono di rimanere a lavoro. E i motivi di tale decisione possono essere diversi. 

  • Gli statali sempre meno in pensione anticipata, i dati recenti
  • I motivi per cui i dipendenti pubblici preferiscono rimanere a lavoro e non uscire prima

Gli statali sempre meno in pensione anticipata, i dati recenti

Stando a quanto riportano gli ultimi dati dell’Osservatorio dell’Inps sui flussi di pensionamento, nel primo trimestre del 2025 le pensioni anticipate prima dei 67 anni tra i dipendenti pubblici sono state solo 8.014, con un calo del 33,85% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, mentre per i privati sono state 26.683, il 19,43% in meno. 

Nei primi tre mesi dell’anno le nuove pensioni anticipate sono state in tutto 54.094. Per Quota 103 il governo ha stimato per il 2025 appena 6.000 beneficiari, contro i 17mila circa del 2024. 

Nel complesso le pensioni con decorrenza nel primo trimestre sono state 194.582, comunica l’Inps, con un importo medio pari a 1.237 euro. E forse bisogna partire proprio da questo dato per capire quali siano i motivi che spingono i lavoratori pubblici a restare a lavoro e non andar più in pensione anticipata. 

I motivi per cui gli statali preferiscono rimanere a lavoro e non uscire prima

Andare in pensione anticipata non conviene più a moltissimi dipendenti statali. Non si tratta più, infatti, di sistemi che agevolano i lavoratori dopo una vita intera di impegno e sacrificio permettendo di lasciare prima il lavoro per potersi finalmente collocare a riposo.

Il governo ha previsto, infatti, strette e penalizzazioni per cui è sempre più vantaggioso restare a lavoro per non perdere soldi e, anzi, guadagnare di più.  

Se, per esempio, si decide di andare in pensione prima nel 2025 con la quota 103 si viene penalizzati dal ricalcolo completamente contributivo del trattamento finale e si avrebbe molto meno rispetto all’assegno che si percepirebbe andando in pensione di vecchiaia con i normali requisiti richiesti di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi. 

Stesso discorso vale per l’opzione donna: è vero che le lavoratrici riuscirebbero ad anticipare la pensione di quasi 10 anni ma è altrettanto vero che in moltissimi casi rischierebbero di prendere fino al 30% in meno ogni mese rispetto alla pensione spettante al raggiungimento dei 67 anni. 

Considerando poi che per alcune amministrazioni pubbliche è possibile rimanere in servizio fino a 70 anni (entro il limite del 10% dei casi di nuove assunzioni autorizzate), è chiaro che molti dipendenti per aumentare la propria pensione finale ma anche guadagnare nel frattempo di più decidono di continuare a lavorare e non lasciare prima il lavoro.

A ciò si aggiunge anche il riconoscimento del bonus Maroni per chi decide di rimanere a lavoro invece che andare in pensione anticipata e si tratta di un incentivo perché permette di guadagnare più soldi in busta paga a fronte di eventuali tagli per le uscite anticipate.

Il bonus Maroni consiste in uno sgravio contributivo che rende disponibile direttamente in busta paga la quota di contributi a carico del lavoratore (9,19%) e pagare meno contributi permette di avere uno stipendio più alto, pur se accumulando meno contributi si penalizza comunque il trattamento finale. 

Inoltre, la misura è stata ampliata quest'anno 2025: non vale più, infatti, solo per coloro che maturano i requisiti per l'uscita con la quota 103 ma anche per coloro che raggiungono i requisiti per la pensione anticipata ordinaria, cioè 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno (41 anni e 10 mesi di contributi) per le donne e a prescindere dall’età anagrafica. 

Ciò significa che sono sempre più coloro che possono beneficiare di aumenti degli stipendi se restano a lavoro anche dopo aver raggiunto la pensione.

Precisiamo, però, che se a molti lavoratori statali non conviene più andare in pensione anticipata per le penalizzazioni e le riduzioni applicate sugli gli importi finali, soprattutto in base al costo della vita che invece è sempre alto, ci sono altri dipendenti che decidono di continuare a lavorare semplicemente perché ne hanno voglia, perché piace ciò che fanno e non vorrebbero rinunciarci fino a quando le proprie facoltà permettono di lavorare.