La settimana cortissima rivoluziona l’organizzazione del lavoro in Italia: dalle sue origini e modalità di applicazione, con esempi come Intesa Sanpaolo, ai vantaggi e limiti emersi nelle aziende che l’hanno già sperimentata.
Negli ultimi anni, il panorama del lavoro in Italia ha assistito a trasformazioni sostanziali, orientate verso maggiore flessibilità e attenzione ai bisogni familiari dei lavoratori. Una delle innovazioni più rilevanti è rappresentata dalla cosiddetta settimana cortissima, tema che sta assumendo crescente rilevanza nell’ambito delle politiche del lavoro per incoraggiare un bilanciamento efficace tra vita privata e professionale. Il concetto si basa sulla riduzione delle giornate lavorative settimanali, mantenendo invariata la retribuzione, con l’obiettivo di migliorare il benessere complessivo e la produttività dei dipendenti.
Questa nuova organizzazione del lavoro, che si distingue dalla tradizionale settimana lavorativa di cinque giorni, ha già raccolto attenzione grazie all’introduzione in alcune grandi aziende, segnando una svolta verso modelli di impiego più sostenibili. La crescita dello smart working ha contribuito a rendere più diffusi questi approcci, lasciando spazio a modelli ibridi che combinano presenza e lavoro da remoto. Organizzazioni di grandi dimensioni come Intesa Sanpaolo, insieme ad altre realtà di rilievo del tessuto industriale italiano, hanno sperimentato formule innovative in questo senso, ponendo le basi per una nuova cultura d’impresa orientata al benessere delle persone.
Una delle più significative applicazioni della settimana cortissima in Italia arriva dal recente accordo firmato tra Intesa Sanpaolo e tutte le principali organizzazioni sindacali, che introduce questa misura in via sperimentale a partire dal gennaio 2026 fino al dicembre 2029. L’accordo fa parte di un ampio pacchetto di iniziative a favore della genitorialità e del welfare aziendale e interessa circa 70 mila lavoratori all’interno del gruppo bancario.
Principali caratteristiche del modello “settimana cortissima” adottato da Intesa Sanpaolo:
All’interno dello stesso accordo sono previsti ulteriori strumenti a sostegno della genitorialità, come un bonus nascita di 1.200 euro destinato ai dipendenti che diventino genitori. Il pacchetto include anche:
Va sottolineato che l’accesso alla settimana lavorativa di quattro giorni non è generalizzato a tutti i dipendenti, ma pensato per rispondere a bisogni concreti legati alla cura dei figli piccoli, e rappresenta un esempio avanzato di welfare aziendale integrato rispetto al quadro normativo generale.
L’esperienza di Intesa Sanpaolo, così come di altre aziende quali EssilorLuxottica, Lavazza e Lamborghini, attesta un’espansione delle formule di riduzione dell’orario settimanale in Italia, specie nei contesti di maggiore dimensione e organizzazione interna evoluta. Tuttavia, la diffusione di questo modello rimane ancorata a specifiche condizioni operative e non risulta applicabile in modo uniforme a tutti i comparti produttivi.
Di seguito una panoramica dei principali settori interessati e le relative opportunità e criticità:
| Settori più idonei | Settori con maggiori limiti |
| Imprese di medio-grandi dimensioni Società con processi maturi Organizzazioni dotate di tecnologie avanzate Realtà con cultura orientata ai risultati |
Settori con forte esigenza di presenza continuativa Attività senza adeguata turnazione Imprese di piccola dimensione privi di risorse gestionali |
Vantaggi emersi dall’applicazione della settimana più breve:
L’impatto della settimana corta si fa sentire in particolare nelle organizzazioni che hanno già avviato percorsi di digitalizzazione e di revisione dell’organizzazione interna. Negli scenari più avanzati, la riduzione delle giornate lavorative può inserirsi in un più ampio insieme di iniziative per il miglioramento del welfare, con risvolti positivi sulla reputazione aziendale e sull’attrattività del settore privato rispetto al pubblico impiego.
L’esperienza dimostra che la settimana lavorativa semi-ridotta si configura come una strategia win-win sia per le imprese che per i lavoratori, laddove vi siano capacità gestionali adeguate. Negli ultimi anni, le direttive europee e la contrattazione collettiva nazionale hanno riconosciuto ampia autonomia alle aziende per sperimentare tali modelli organizzativi, incentivandone la diffusione dove rispondano a reali esigenze di sostenibilità sociale e produttiva.