La riforma introduce l'obbligo per i medici di famiglia di prestare servizio non solo nei propri studi, ma anche nelle Case della Comunità.
Una svolta epocale si prepara a rivoluzionare il Servizio Sanitario Nazionale. Un documento esclusivo, esaminato in anteprima da Milena Gabanelli per Dataroom sul Corriere della Sera, svela i dettagli di una riforma destinata a modificare profondamente il rapporto tra medici di famiglia e Sistema Sanitario Nazionale. Se la proposta dovesse entrare in vigore, i medici di base non saranno più liberi professionisti convenzionati, ma dipendenti pubblici a tutti gli effetti, con orari stabiliti e una presenza più strutturata all’interno delle Case della Comunità.
Questa riforma è sostenuta dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalle Regioni, che già nel 2021 avevano evidenziato l’inadeguatezza dell’attuale inquadramento giuridico dei medici di base nella gestione delle patologie croniche, dell’assistenza domiciliare e della programmazione sanitaria territoriale. L’intervento legislativo mira a risolvere i limiti strutturali emersi con particolare forza durante la pandemia, quando il coinvolgimento dei medici di base nelle operazioni sanitarie è risultato inefficace a causa della loro autonomia organizzativa.
La bozza di riforma, lunga 22 pagine, introduce un cambiamento storico: tutti i nuovi medici di famiglia verranno assunti come dipendenti del SSN, mentre quelli già in servizio potranno scegliere tra mantenere la convenzione o passare al nuovo regime. Questo nuovo inquadramento permetterà di garantire un servizio più strutturato e continuativo, superando l’attuale frammentazione assistenziale.
Secondo il testo della riforma, il rapporto di libera professione sarà eliminato, lasciando solo il regime di dipendenza per i nuovi ingressi per garantire maggiore stabilità e il potenziamento delle Case della Comunità, strutture previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, finanziate con 2 miliardi di euro, dove i medici di base lavoreranno in team multidisciplinari.
Uno dei punti centrali della riforma riguarda l’organizzazione del lavoro. Oggi il numero minimo di ore garantite da un medico di base varia tra 5 e 15 ore settimanali, a seconda del numero di assistiti. Con il nuovo modello, l’orario sarà fisso e obbligatorio, stabilito in 38 ore settimanali, suddivise tra assistenza diretta ai pazienti e attività programmate sul territorio.
In particolare, il nuovo schema prevede: