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Taglio dei buoni pasto in arrivo per quasi il 70% delle aziende con nuova legge. Si cercano soluzioni

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Commissioni dei buoni pasto

La normativa in vigore stabilisce che per ogni buono pasto emesso, la commissione a favore della società emettitrice non può superare il 5%.

L'approvazione della legge 193 del 16 dicembre 2024 introduce novità anche per il settore dei buoni pasto. Secondo una indagine condotta da Aidp (Associazione italiana direttori del personale), quasi il 66% degli HR manager teme una riduzione del welfare aziendale per via dell'aumento dei costi per le imprese. Ci sono diversi aspetti da approfondire:

  • Il nuovo tetto alle commissioni dei buoni pasto
  • Quali sono le soluzioni possibili per le aziende

Il nuovo tetto alle commissioni dei buoni pasto

La nuova legge introduce l'imposizione di un tetto massimo del 5% sulle commissioni che le società emettitrici di buoni pasto possono applicare agli esercenti commerciali. Questa misura, estesa anche al settore privato, uniforma le condizioni economiche tra pubblico e privato, garantendo maggiore equità nel mercato dei buoni pasto.

In precedenza, le commissioni applicate agli esercenti oscillavano tra il 5% e il 20% con ripercussioni sui margini di profitto di ristoranti, bar e supermercati. L'introduzione di questo limite è stata accolta da molte associazioni di categoria degli esercenti, che da tempo lamentavano l'eccessivo peso delle commissioni sul proprio fatturato.

Di fronte a questi cambiamenti, le società emettitrici di buoni pasto, trovandosi a fronteggiare una riduzione delle entrate derivanti dalle commissioni, possono ridurre gli sconti offerti alle aziende clienti. Di conseguenza, le imprese sono chiamate ad affrontare un aumento dei costi per mantenere invariato il valore dei buoni pasto distribuiti ai dipendenti.

Secondo Aidp, il 66% delle imprese prevede tagli o riduzioni nell'erogazione dei buoni pasto a causa dell'aumento dei costi associati. Va da sé che si tratta di una diminuzione del potere d'acquisto per molti lavoratori che incide sul benessere e sulla soddisfazione lavorativa.

Quali sono le soluzioni possibili per le aziende

L'introduzione del tetto sulle commissioni potrebbe rivelarsi un provvedimento anticoncorrenziale che limita la libera determinazione dei prezzi e mette a rischio la sostenibilità dell’intero settore. La riduzione delle commissioni imposta dalla nuova normativa rischia di alterare gli equilibri di mercato con conseguenze che penalizzano sia le società emettitrici sia le aziende che offrono i buoni pasto come parte del welfare aziendale.

Per compensare gli effetti negativi della riforma, l'associazione propone un'alternativa che potrebbe garantire un maggiore equilibrio: l’innalzamento della soglia di detassazione dei buoni pasto da 8 a 10 euro. Questo intervento permetter alle imprese di destinare più risorse al welfare aziendale senza aggravare i costi e migliorando il potere d’acquisto dei lavoratori. L'aumento della soglia di esenzione fiscale può essere una leva strategica per preservare il valore nominale dei buoni pasto e incentivare il loro utilizzo senza impattare sulla competitività del settore.

Mentre gli esercenti hanno accolto con favore il tetto alle commissioni, vedendolo come una misura necessaria per garantire la sostenibilità economica delle proprie attività, le società emettitrici di buoni pasto hanno espresso preoccupazione riguardo alla sostenibilità del proprio modello di business. In particolare, l'Asnseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto) ha evidenziato che l'imposizione del tetto del 5% sulle commissioni potrebbe generare costi nascosti per almeno 180 milioni di euro l'anno, con possibili ricadute negative sul welfare aziendale e sul potere d'acquisto dei lavoratori.

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