Non è l'ambiente esterno il nemico principale: gli ambienti chiusi, come case, uffici e mezzi di trasporto, sono più contaminati di strade e piazze.
Dapprima rilevate nei mari e nei pesci, poi nei sali alimentari e perfino nel sangue umano, le microplastiche emergono come una minaccia invisibile sospesa nell'aria che respiriamo. La loro presenza non è più circoscritta alle acque oceaniche o ai fondali inquinati. Al contrario, le micro e nanoplastiche stanno diventando protagoniste di una nuova emergenza sanitaria: quella che riguarda l'aria, i polmoni, e la nostra vita quotidiana. Anche in Italia, l'allarme cresce, soprattutto nei centri urbani dove l'inquinamento atmosferico già condiziona la qualità della vita. La plastica, insomma, non si limita più a soffocare mari e spiagge: è entrata nei nostri corpi, attraverso il respiro:
Ma non è solo la quantità a preoccupare. È la capacità di queste particelle di penetrare in profondità nel tratto respiratorio, fino ad arrivare agli alveoli polmonari, a renderle insidiose. Le nanoplastiche, ancora più piccole delle microplastiche, sono persino capaci di attraversare le membrane cellulari, raggiungendo il circolo sanguigno e depositandosi in organi distanti dal punto di ingresso. Sono state rinvenute tracce di plastica nei polmoni, nel cervello, nel fegato, nella placenta e persino nelle arterie umane. Secondo uno studio condotto su 304 pazienti, la presenza di frammenti plastici nelle arterie era associata a un rischio quattro volte maggiore di infarto, ictus o morte improvvisa. Non si tratta più solo di inquinamento ambientale. Si tratta di inquinamento biologico, interno, cronico.
L'inalazione e l'accumulo di microplastiche non comportano un danno meccanico come quello di una polvere qualsiasi. Il danno è biochimico, sistemico e complesso. Queste particelle, una volta introdotte nell'organismo, sono in grado di scatenare reazioni infiammatorie persistenti, inducendo stress ossidativo e danneggiando direttamente il dna cellulare. Nei polmoni, possono compromettere l'attività dei macrofagi, cellule immunitarie fondamentali. Ma i problemi si estendono ben oltre il sistema respiratorio.
Alcune particelle, soprattutto quelle a base di PET e PVC, fanno da vettori per altri inquinanti atmosferici, come il biossido di azoto, il benzene o i metalli pesanti. Significa che la plastica non solo danneggia per sua natura, ma agisce come cavallo di Troia per molecole tossiche che, una volta trasportate all'interno dei tessuti umani, amplificano i loro effetti nocivi. Le plastiche possono anche contenere additivi chimici come ftalati, bisfenolo A o ritardanti di fiamma, che si comportano da interferenti endocrini. In parole semplici, possono alterare l'equilibrio ormonale, interferire con lo sviluppo del feto, ridurre la fertilità e favorire l'insorgenza di malattie autoimmuni e neurodegenerative.
Studi ancora in fase di validazione suggeriscono un legame tra la presenza cronica di microplastiche nell'organismo e disturbi come l'ansia, i deficit cognitivi e la depressione, probabilmente per via dell'infiammazione sistemica che coinvolge anche il sistema nervoso. E a completare il quadro c'è un altro elemento: le microplastiche sembrano favorire la resistenza agli antibiotici, un problema già considerato una delle principali emergenze sanitarie globali. Alcuni batteri utilizzano le superfici plastiche come base per moltiplicarsi e scambiarsi materiale genetico, acquisendo resistenze farmacologiche in tempi accelerati.
Anche in Italia l'aria è contaminata da microplastiche. L'inquinamento atmosferico urbano contribuisce alla dispersione di frammenti plastici, che provengono non solo dall'abrasione degli pneumatici, ma anche dall'usura dell'asfalto, dalla degradazione dei materiali edili, dall'erosione delle vernici e dai capi d'abbigliamento sintetici. Nei giorni con bassa ventilazione, le concentrazioni nell'aria aumentano.