Partite IVA e piccole attività affrontano una crisi di potere d'acquisto tra salari fermi, inflazione e politiche fiscali controverse. Mattarella interviene, mentre PMI e autonomi cercano soluzioni.
Negli ultimi anni, studi e analisi delle associazioni di categoria hanno segnalato la perdita progressiva del potere d'acquisto di lavoratori autonomi e PMI, a fronte di una congiuntura che non mostra segnali stabili di miglioramento. Un'indagine di Confesercenti riporta una decurtazione fino a 9.800 euro dal reddito medio degli autonomi dal 2007 a oggi, una cifra che descrive con eloquenza la portata della crisi.
Questa erosione consiste in una doppia penalizzazione: da una parte la compressione delle entrate, dall'altra la crescita dei costi legati alla gestione, all'approvvigionamento e alla fiscalità. L'aumento generalizzato dei prezzi e la stagnazione dei compensi hanno generato una perdita tangibile di benessere e sicurezza economica per centinaia di migliaia di realtà imprenditoriali disseminate sul territorio.
Piccole e medie imprese, insieme ai lavoratori autonomi, costituiscono da sempre l'ossatura portante del sistema produttivo nazionale. Questi attori operano in settori chiave come la manifattura, il turismo, i servizi, il commercio e l'artigianato, offrendo occupazione e integrando il tessuto sociale delle comunità locali, sia nei grandi centri che nelle aree più periferiche. Sono motore di sviluppo territoriale, fonte di formazione e di trasmissione di competenze, in particolare per i giovani che cercano di inserirsi nel mercato del lavoro al di fuori dei grandi gruppi industriali.
Grazie alla loro capillarità, le PMI rappresentano il primo baluardo contro lo spopolamento delle zone interne e contribuiscono a mantenere viva la rete sociale nelle periferie urbane. L'intervento di Confesercenti e la sua recente assemblea annuale hanno acceso i riflettori sulla gravità della situazione, sollecitando istituzioni e politica a riconoscere il valore delle realtà imprenditoriali minori. Come ricordato dal presidente Mattarella, difendere queste attività significa salvaguardare un sistema che garantisce crescita diffusa, occupazione resiliente e coesione della società.
L'interrelazione tra inflazione, stagnazione salariale e perdita di potere d'acquisto rappresenta la radice più profonda dell'attuale crisi delle microimprese e dei professionisti. Negli ultimi anni, mentre il costo della vita è aumentato in modo continuo, i redditi di autonomi e PMI sono rimasti statici o addirittura in calo reale. Secondo gli ultimi dati, l'incremento dei prezzi ha superato abbondantemente i tassi di crescita dei guadagni, provocando una compressione della disponibilità economica delle famiglie e delle piccole imprese.
Salari reali tra i più bassi dell'Europa occidentale, un quadro normativo spesso penalizzante e la diffusione dei cosiddetti contratti pirata, che hanno sottratto miliardi al settore terziario, hanno accentuato le disuguaglianze. In questo scenario, non solo aumenta la quota di lavoratori poveri, ma anche quella di imprenditori costretti a lavorare senza poter trarre un giusto profitto dalla propria attività. Un meccanismo che alimenta il rischio di chiusure, impoverimento diffuso e riduzione delle opportunità per le nuove generazioni.
Salari e redditi devono essere finalmente adeguati alle attese definite dalla Costituzione, ha affermato il presidente della Repubblica nel recente messaggio inviato all'assemblea di Confesercenti.
L'intervento ha avuto una risonanza significativa nella società e nel dibattito politico, rimettendo al centro il valore del lavoro come principio fondante della convivenza civile. Mattarella ha riconosciuto la funzione delle piccole imprese e degli autonomi come motore di crescita, fattore di sviluppo economico diffuso e presidio di coesione sociale, ricordando il ruolo di argine contro lo spopolamento delle aree interne e la disgregazione delle relazioni nelle periferie. Al centro delle sue parole, il richiamo diretto all'articolo 36 della Costituzione, secondo cui ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e comunque sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
Non si tratta solo di una questione economica, ma anche di fedeltà ai principi costituzionali: un Paese che tollera una fascia ampia di lavoratori poveri tradisce lo spirito della Carta. Mattarella invita sia la politica, chiamata a creare regole giuste e meno opprimenti, sia le imprese stesse, a non considerare il lavoro una variabile sacrificabile, ma il centro del patto sociale.
Il capo dello Stato sottolinea infine che i sostegni pubblici ai settori produttivi debbano essere vincolati anche al rispetto di standard di dignità retributiva: senza una retribuzione adeguata non può esistere reale progresso economico e sociale.
Le misure fiscali adottate recentemente dal Governo hanno suscitato numerose discussioni tra le parti sociali e le associazioni rappresentative di autonomi e PMI. Tra le iniziative più rilevanti si annoverano la riforma dell'Irpef e la detassazione degli aumenti dei contratti nazionali, ma tali provvedimenti sono stati giudicati da molti come parziali e insufficienti. Secondo quanto dichiarato dal leader sindacale Landini, la detassazione è stata riservata solo ai lavoratori privati con redditi annuali inferiori a 28.000 euro, escludendo lavoratori pubblici e altre fasce vulnerabili.
Inoltre, la questione della fiscal drag - il drenaggio fiscale che ha colpito dipendenti e pensionati - resta irrisolta, aggravando le difficoltà di coloro che hanno visto aumentare il carico tributario senza una reale crescita delle entrate. Viene inoltre richiesta una rivalutazione automatica delle detrazioni e degli scaglioni fiscali in base all'inflazione.
Alla base delle controversie sindacali, il mancato adeguamento dei contratti pubblici e privati e la difficoltà di allocare le risorse necessarie per un incremento salariale effettivamente percepibile. Il dibattito si concentra anche sulla necessità di combattere l'evasione, evitare condoni, riformare strutturalmente la fiscalità e prevedere forme di equo compenso per autonomi e professionisti.
Nel quadro delle tensioni attuali, associazioni e sindacati hanno presentato una serie di richieste ai decisori pubblici a favore di un sistema più equo e inclusivo. Tra le principali proposte: