Nel 2025 le PMI italiane confermano il loro ruolo strategico, trainando fatturato, produttività e occupazione. Dati, confronti e approfondimenti sul Mezzogiorno ne evidenziano forze e criticità.
L'analisi dell'Ufficio studi della CGIA di Mestre certifica le performance delle piccole e medie imprese italiane, protagoniste indiscusse nell'economia europea e nazionale. Attraverso dati approfonditi riferiti all'anno in corso, emerge un quadro in cui le PMI tricolore si distinguono non solo per diffusione, ma anche per efficienza, produttività e capacità di generare occupazione.
Nonostante alcune criticità di sistema, le imprese con meno di 250 dipendenti rappresentano oggi un fattore trainante per la competitività del Paese, sostenendo la crescita e l'occupazione grazie ad un patrimonio fatto di innovazione, flessibilità e radicamento territoriale. La seguente panoramica, basata sui dati diffusi da CGIA, mette in evidenza la centralità delle PMI italiane nel contesto europeo e la loro importanza strategica.
Il tessuto produttivo italiano si contraddistingue per la straordinaria presenza delle piccole e medie imprese, che dominano il panorama economico: oltre 4,7 milioni di aziende, pari al 99,9% del totale, formano la spina dorsale del sistema imprenditoriale. Questo dato pone il Paese tra i principali riferimenti continentali per capillarità d'impresa. Più di 14 milioni di lavoratori trovano impiego in questo segmento, confermando l'inestimabile valore sociale e occupazionale delle PMI. Basti pensare che le aziende di grande dimensione, seppur occupando oltre 4,4 milioni di addetti, rappresentano appena lo 0,1% del totale delle imprese presenti sul territorio.
La natura radicata delle PMI nei territori italiani favorisce una connessione diretta con le realtà locali, facilitando lo sviluppo di filiere corte e rapporti di fiducia tra imprenditori, lavoratori e comunità. Il sistema si caratterizza inoltre per una forte propensione all'innovazione artigianale e al design di qualità, un pilastro anche per settori ad alta specializzazione:
Il 2025 conferma il primato delle PMI italiane sotto diversi profili quantitativi e qualitativi. Secondo i dati più recenti, le imprese con meno di 250 addetti assorbono il 74,6% dell'occupazione totale nazionale, garantendo stabilità e inclusione lavorativa a milioni di persone. Il segmento delle PMI si impone anche per la produzione di ricchezza: il 62,9% del fatturato totale nazionale e il 61,7% del valore aggiunto sono generati proprio da queste realtà. Si tratta di cifre che testimoniano l'ampiezza e la vitalità del settore:
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Indicatori |
Valore PMI Italia |
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Numero imprese |
Oltre 4,7 milioni (99,9% del totale) |
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Occupati |
14,2 milioni (74,6% del totale nazionale) |
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Fatturato |
62,9% del totale nazionale |
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Valore aggiunto |
61,7% del totale nazionale |
Il confronto con le aziende maggiori mette in luce l'incidenza tendenzialmente ridotta delle grandi imprese, appena lo 0,1% del totale ma capaci di occupare il 23,6% della forza lavoro. Tuttavia, il vero punto di forza risiede nella flessibilità delle PMI, che permette loro di adattarsi tempestivamente ai mutamenti della domanda e alle trasformazioni di mercato. La diffusione su scala nazionale garantisce inoltre una distribuzione equa della crescita e una significativa coesione sociale.
L'analisi della CGIA mette in risalto anche come, nonostante le dimensioni generalmente inferiori alla media europea, le PMI nazionali abbiano saputo conquistare una posizione di vertice proprio nella creazione di valore, operando spesso in filiere ad alta specializzazione e contribuendo alla qualità del Made in Italy.
Il raffronto tra il modello italiano e quello tedesco permette di comprendere appieno il vantaggio competitivo espresso dalle PMI italiane. Sebbene entrambi i Paesi presentino una percentuale analoga di aziende di piccola e media dimensione rispetto al totale, le differenze emergono con chiarezza nell'incidenza su occupazione, fatturato e valore aggiunto. In Germania, le PMI occupano il 55,2% degli addetti e generano il 35,8% del fatturato nazionale, contro il rispettivo 74,6% e 62,9% registrato in Italia:
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Indicatore |
Italia |
Germania |
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Occupazione in PMI |
74,6% |
55,2% |
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Fatturato PMI |
62,9% |
35,8% |
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Valore aggiunto PMI |
61,7% |
46% |
Il dato più sorprendente riguarda la produttività delle PMI in senso stretto (10-249 addetti): in Italia essa supera quella delle pari categoria tedesche di circa 4.229 euro per occupato (+6,6%), dimostrando una capacità di adattamento superiore e una più efficace gestione delle risorse umane. Tale risultato smentisce stereotipi consolidati che attribuivano la leadership produttiva europea alla Germania, specialmente nel manifatturiero.
Permangono, tuttavia, alcuni scarti: le microimprese italiane (<9 addetti) presentano un gap di produttività del 33% rispetto alle equivalenti tedesche. La produttività, si legge nell'analisi, risulta strettamente proporzionale alla dimensione aziendale: all'aumentare degli occupati, migliora anche la performance economica. Nonostante ciò, la versatilità e il radicamento territoriale garantiscono alle PMI italiane una competitività più ampia, superando anche storici ostacoli strutturali.
Nel Mezzogiorno si concentra una delle più importanti dimostrazioni di quanto le PMI siano un presidio insostituibile per l'occupazione e la coesione sociale. Secondo i dati CGIA, a Vibo Valentia il tasso di occupati nelle piccole e micro realtà imprenditoriali raggiunge il 100%, seguito da Isernia con il 98,5% e da Trapani e Agrigento (98,3%):
Il panorama nazionale, nonostante il predominio delle PMI, presenta alcuni limiti strutturali che incidono sulla competitività. Il più evidente è la carenza di grandi operatori industriali: fenomeno scomparso a partire dagli anni Ottanta, quando l'Italia vantava player globali nell'industria chimica, metallurgica, elettronica e farmaceutica. Oggi la mancanza di tali attori limita le possibilità di attrarre investimenti esterni, favorire l'accesso ai mercati internazionali e sviluppare grandi progetti di ricerca e sviluppo.
Le microimprese (0-9 addetti) soffrono di un marcato ritardo competitivo rispetto all'Europa centrale, soprattutto se paragonate a quelle tedesche: