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Pensioni già basse, ma continueranno a calare ancora. Ecco le simulazioni se non si interviene

di Marianna Quatraro pubblicato il
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Non si prospettano notizie positive per il calcolo degli importi di chi andrà in pensione da quest’anno in poi: i chiarimenti e le simulazioni

Come potrebbero ancora cambiare gli importi delle pensioni senza interventi importanti? Gli importi delle pensioni degli italiani sono ancora molto bassi e nella maggior parte non garantiscono a coloro che cessano di lavorare la possibilità di vivere in maniera dignitosa e ‘comoda’. 

I calcoli al momento non determinano, dunque, importi soddisfacenti per tutti a causa di diverse variabili ma peggio potrebbe andare ancora. 

  • Le pensioni sono già basse
  • E continueranno a calare ancora senza importanti interventi, le simulazioni

Le pensioni sono già basse

Le pensioni calano quest’anno. La rivalutazione annua degli importi è stata molto bassa, appena dello 0,8%. Ciò significa che un assegno di mille euro al mese aumenta di appena 8 euro. 

Le pensioni minime risultano di ‘appena’ 616,67 euro ed è, inoltre, previsto l’aumento di 8 euro mensili per 13 mensilità per gli over 70 che percepiscono l’assegno sociale.

Sulle somme già basse bisogna poi calcolare le ritenute erariali relative al 2024 (Irpef e addizionale regionale e comunale a saldo), nonché l’Irpef nazionale e le addizionali locali dell’anno corrente. Si tratta di una operazione che concorre a render ancor minori gli assegni previsti.  

E continueranno a calare ancora senza importanti interventi, le simulazioni

Se la situazione al momento non è certo positiva, peggio potrebbe andare i prossimi anni se non si definiranno importanti interventi strutturali per garantire importi adeguati ai pensionati.

Nei prossimi anni, infatti, cambierà la rivalutazione, molto probabilmente riducendosi ancora e l’inflazione dovesse mantenersi su un livello basso, e si preparano a calare anche i coefficienti di trasformazione. 

Si tratta di valori che concorrono al calcolo delle pensioni contributive, grazie ai quali il montante contributivo maturato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione annua.

Tali valori cambiano in base all'età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale, a partire dall'età di 57 anni fino ai 70 anni e maggiore è l'età del lavoratore, più alti sono i coefficienti di trasformazione.

I coefficienti di trasformazione vengono aggiornati ogni due anni in base alle variazioni delle aspettative di vita.

Più alta è la speranza di vita, più lungo sarà il periodo di erogazione delle pensioni e, di conseguenza, più bassi sono i coefficienti. 

Dopo il temporaneo aumento del biennio 2023-2024, legato alla riduzione della speranza di vita a causa degli effetti del Covid, i nuovi coefficienti tornano a calare e colpiscono tutti i lavoratori che andranno in pensione dal 2025 in poi, con il rischio di impoverire sempre di soprattutto i giovani. 

Secondo i calcoli della Cgil, i coefficienti di trasformazione più bassi quest’anno, si trasformeranno in una perdita lorda annua di oltre 326 euro su un assegno mensile di 1.250 euro di andrà in pensione quest’anno.

Un lavoratore che guadagna circa 30mila euro l’anno e va in pensione di vecchiaia nel 2025 a 67 anni, con i nuovi coefficienti, a parità di montante contributivo, percepisce un assegno del 2% inferiore a quello di chi è andato in pensione nel 2024. 

Considerando poi il caso di un lavoratore di 67 anni, con una retribuzione annua di 30.000 euro al termine del rapporto di lavoro e un montante contributivo accumulato di 283.971,65 euro, con il coefficiente precedente del 5,723% (a 67 anni), avrebbe ricevuto una pensione annua di 16.251,70 euro, pari a circa 1.250 euro al mese.

Andando, invece, in pensione nel biennio 2025-2026, con il nuovo coefficiente del 5,608%, avrà un importo ridotto a 15.925,13 euro, per circa 1.225 euro al mese.

Peggio va per chi decide di andare in pensione dopo i 67 anni, per cui si stimano perdite annue tra i 300 e i 400 euro.