HP affronta una svolta epocale: 6mila licenziamenti globali tra innovazione tecnologica e ristrutturazioni. Analizziamo i motivi, gli effetti sull’Italia e le possibili ripercussioni nel settore tecnologico e sul lavoro futuro.
Negli ultimi mesi, il settore della tecnologia sta affrontando un dilemma che coinvolge profondamente il rapporto tra innovazione, efficienza e occupazione. HP, storica multinazionale nel campo dell’informatica, si trova in una fase di profonda trasformazione: la spinta verso l’adozione dell’intelligenza artificiale nei suoi processi produttivi attraversa ogni livello dell’organizzazione e segna una discontinuità rispetto al passato. Nella visione dei vertici aziendali, l’obiettivo dichiarato è quello di aumentare la produttività e far crescere l’azienda, ma questo percorso impone scelte difficili, che incidono direttamente sulle persone.
L’annuncio di HP mette al centro una delle maggiori riduzioni di personale degli ultimi anni nel mondo IT. Il gruppo, che conta circa 58.000 dipendenti a livello mondiale, ha dichiarato l’intenzione di eliminare tra i 4.000 e i 6.000 posti di lavoro entro il 2028, pari a circa il 10% della forza lavoro complessiva. Questo piano segue già una precedente ristrutturazione che, a febbraio, aveva interessato altri 2.000 lavoratori. I licenziamenti coinvolgeranno diversi settori aziendali, dal product development al customer support, fino alle operazioni interne. Non si tratta di tagli improvvisi ma di una pianificazione strutturata, pensata per applicarsi progressivamente nell’arco dei prossimi tre anni.
Secondo le stime aziendali, questa operazione comporterà oneri di ristrutturazione di circa 650 milioni di dollari, con una proiezione di risparmi annuali attesi di circa 1 miliardo di dollari. I destinatari principali del taglio saranno i lavoratori «white collar» impiegati in ruoli che, secondo l’azienda, possono essere o automatizzati o riorganizzati grazie all’IA.
La distribuzione geografica esatta dei licenziamenti non è stata dettagliata; tuttavia, la scelta di intervenire su segmenti eterogenei conferma la natura trasversale del cambiamento. Anche altre multinazionali hanno adottato analoghe strategie, ma HP si distingue per la chiarezza con cui attribuisce la riorganizzazione alla trasformazione tecnologica interna e non a crisi temporanee del mercato.
| DIPENDENTI GLOBALI | c. 58.000 |
| LICENZIAMENTI STIMATI | 4.000 – 6.000 |
| PERCENTUALE SUL TOTALE | 10% |
| TEMPISITCHE | Entro il 2028 |
La decisione di HP non è legata a un calo delle vendite né a una momentanea difficoltà di bilancio. Al contrario, gli ultimi dati mostrano una solidità economica, con ricavi superiori ai 55 miliardi di dollari nell’ultimo anno e margini generalmente saldi. La spinta principale deriva da un bisogno strategico di prepararsi a un mercato sempre più AI-oriented, in cui efficienza e rapidità sono determinanti. La dirigenza sottolinea infatti che l'intenzione non è solo il contenimento dei costi a breve termine, ma un complessivo re-engineering aziendale: ovvero una revisione profonda di tutti i processi aziendali, dal supporto tecnico alla produzione, dalla logistica alle funzioni amministrative.
L’intelligenza artificiale, in questa svolta, viene vista come leva strategica: capace, secondo i piani aziendali, di trasformare radicalmente le modalità operative, automando funzioni oggi svolte da personale dedicato. Il CEO Enrique Lores ha dichiarato pubblicamente che, grazie ai progetti pilota condotti negli ultimi anni, è emersa la necessità di ripensare integralmente i processi sfruttando la generative AI. I segmenti più coinvolti sono quelli dove l’automazione permette risultati migliori in termini di rapidità, personalizzazione e riduzione dell’errore umano.
I costi di questa trasformazione sono notevoli: 650 milioni di dollari su tre anni, con la prospettiva di risparmi strutturali sul lungo termine. Questa cifra rappresenta solo una porzione dell’investimento complessivo che HP sta destinando all’adozione di soluzioni smart in ambito software e gestione dati. Non si tratta di una semplice sostituzione uomo-algoritmo: la scelta risponde inoltre alla necessità di presidiare un mercato in cui la domanda di prodotti AI-ready e di servizi integrati cresce esponenzialmente e in cui la pressione sugli utili è costante, anche a causa dell’aumento dei prezzi di componenti e logistica.
In sintesi, l’approccio di HP si inserisce in un trend globale di automazione cognitiva: dove la riduzione di personale non nasce da una crisi, ma da una visione di evoluzione organizzativa strutturale.
L’azione della multinazionale americana trova paralleli evidenti con altre realtà tecnologiche di primo piano, che negli ultimi anni stanno riformulando la composizione della forza lavoro a favore dell’automazione e dell’adozione di AI. Aziende come Amazon, Google, Microsoft e IBM sono ricorse a tagli robusti spiegando la mossa come frutto della modernizzazione dei processi e della necessità di restare competitivi in un ambiente caratterizzato da margini sempre più sottili.
Questo scenario si riflette in una crescente attenzione agli investimenti in AI (si stima che Microsoft investirà 80 miliardi di dollari in data center per AI solo nel 2025) e in una drastica riduzione delle nuove assunzioni nei ruoli entry level, come mostrano le ricerche di SignalFire. Il panorama vede dunque meno nuove opportunità per i giovani talenti tecnologici e un ridisegno delle mansioni richieste dalle aziende.
Nel corso del biennio 2023–2024, la strategia di “efficientamento tramite AI” è stata citata da molti CEO, come Andy Jassy di Amazon o Allison Kirby di BT Group, come presupposto imprescindibile per il taglio del personale, ribadendo che l’organizzazione futura delle aziende ruoterà attorno alla capacità di integrare soluzioni cognitive in ogni funzione.
Il piano di “snellimento” portato avanti dalla multinazionale americana ha ripercussioni anche su chi opera nelle filiali europee, Italia inclusa. Pur non essendo fornita una suddivisione specifica dei licenziamenti su base nazionale, è chiaro che la logica trasversale dei tagli può incidere anche sulle strutture locali.
I lavoratori italiani impegnati in settori coinvolti dalla digitalizzazione spinta, come sviluppo dei prodotti e customer support, condividono gli stessi rischi dei colleghi internazionali di vedere le proprie mansioni inglobate da nuove soluzioni di automazione e gestione intelligente dei dati.
Il quadro di riferimento nel nostro paese, tuttavia, è influenzato da regolamentazioni più stringenti e dalla presenza di tutele contrattuali proprie del diritto del lavoro italiano.
Le procedure di licenziamento collettivo prevedono l’avvio di tavoli negoziali tra l’azienda e le organizzazioni sindacali, che mirano a tutelare i dipendenti attraverso strumenti come la Cassa Integrazione Straordinaria e, in alcuni casi, politiche di ricollocamento.
Non mancano, tuttavia, timori presso le rappresentanze dei lavoratori sull’efficacia di questi strumenti in scenari di ampia trasformazione tecnologica e sul rischio che si assista a un ridimensionamento delle opportunità professionali disponibili.