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Perché le case vuote sono sempre di più in Italia? Il boom del fenomeno delle abitazioni dormienti

di Marianna Quatraro pubblicato il
Fenomeno delle abitazioni dormienti

Il fenomeno delle case vuote in Italia sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti: numeri, caratteristiche, ragioni, squilibri tra offerta inutilizzata e domanda e soluzioni si intrecciano.

Negli ultimi anni, il panorama immobiliare italiano ha visto emergere un fenomeno rilevante: quello delle residenze improduttive, spesso chiamate anche abitazioni dormienti. Questa situazione mette sotto i riflettori una quota consistente del patrimonio residenziale che, pur esistendo fisicamente, rimane fuori dal mercato della locazione o dell'acquisto.

Secondo recenti report di settore, quasi un quarto degli immobili intestati a persone fisiche non viene utilizzato stabilmente né messo a disposizione di chi cerca un alloggio. Questa dinamica rivela un nodo irrisolto nel sistema abitativo italiano che, tra tensioni sociali e criticità economiche, alimenta una discussione sempre più attuale sull'utilizzo efficiente delle risorse e sulla coesione sociale dei territori urbani e rurali.

Quante sono e quali caratteristiche hanno le case vuote in Italia?

Il IV Rapporto Federproprietà-Censis ha offerto una radiografia dettagliata del fenomeno, quantificando il patrimonio delle cosiddette abitazioni dormienti. Si parla di circa 8,5 milioni di unità, pari al 25,7% delle abitazioni intestate a soggetti privati. Questa mole notevole di immobili si articola in varie categorie:

  • 5,8 milioni di abitazioni non primarie: vengono sfruttate solo per soggiorni saltuari, oppure restano del tutto non locate.
  • Quasi 1,4 milioni di case prive di allacciamenti: risultano scollegate dalle reti di energia e/o acqua e sono dunque difficilmente abitabili.
  • Circa 1,3 milioni di residenze dall'utilizzo indefinito: queste non vengono dichiarate nei redditi e spesso non hanno una funzione abitativa chiara.
La distribuzione sul territorio mostra forti differenze regionali. Ad esempio, in aree come la Calabria, Aosta, Sondrio e Savona, la proporzione di abitazioni dormienti supera di molto la media nazionale. Nel Sud e nelle isole, il fenomeno delle case fantasma è particolarmente marcato.
La maggiore parte di queste abitazioni rappresenta un giacimento di risorse abitative attivabili, ma attualmente inerti rispetto alle esigenze dell'attuale società italiana:

Tipologia

Numero stimato

Non primarie (soggiorni brevi/non locate)

5.800.000

Senza allacciamento energia/acqua

1.400.000

Utilizzo indefinito/non presenti in dichiarazioni

1.300.000

Questi dati riflettono una pluralità di situazioni e contesti, dalla seconda casa di vacanza alla proprietà inutilizzata o in attesa di ristrutturazione, fino alle abitazioni da tempo escluse dai flussi abitativi ordinari.

Le cause dell'aumento delle abitazioni vuote

La crescita del numero di residenze inutilizzate deriva da una combinazione complessa di fattori storici, economici e sociali. Di seguito vengono approfondite le cause predominanti emerse dalle principali indagini e dati ufficiali:

  • Timori dei proprietari verso la locazione: L'82,9% della popolazione teme di non rientrare in possesso dell'abitazione in caso di morosità dell'inquilino. Questa diffidenza è accentuata da esperienze negative passate, dalla lentezza delle procedure di sfratto e dall'assenza di strumenti efficaci di tutela dei diritti.
  • Pressione fiscale e regolamentazione: Alcuni proprietari temono un regime fiscale penalizzante oppure normative troppo stringenti nel caso mettessero a reddito la propria abitazione. Solo il 28,3% del campione si dice favorevole a una tassazione aggiuntiva per chi mantiene immobili vuoti, mentre la maggioranza (66%) si oppone.
  • Demografia e mobilità: Le aree interne e le zone rurali soffrono di spopolamento, lasciando molte abitazioni senza residenti effettivi. Il fenomeno investe aree dove la domanda di alloggi è bassa e la presenza di servizi minimi non è garantita.
  • Sofferenza del mercato delle locazioni tradizionali: Negli ultimi anni, la tendenza alla contrazione dell'offerta di affitti a lungo termine è stata accentuata dal passaggio a modelli più flessibili, come l'affitto breve per turisti, spesso più redditizi e meno rischiosi.
  • Aspetti tecnici e strutturali: Circa 1,4 milioni di dimore non sono collegate alle reti idriche o elettriche e risultano quindi in uno stato di abbandono tecnico che rende onerosa l'eventuale riabilitazione.
  • Convenienza economica percepita: In molte circostanze, il costo di ristrutturazione o di adeguamento energetico non viene considerato conveniente a fronte di eventuali rendimenti, soprattutto in aree a domanda debole.
Il quadro si completa con una componente psicologica: la casa, in Italia, è ancora percepita come un rifugio e un bene da conservare piuttosto che uno strumento di investimento dinamico. Questo sistema di valori si traduce nella decisione frequente di non agire, mantenendo così vuote abitazioni che potrebbero soddisfare esigenze abitative reali.

Il paradosso immobiliare: case vuote e domanda insoddisfatta di affitti

Uno degli aspetti più discussi riguarda il paradosso che si è creato tra un gran numero di immobili inutilizzati e la crescita della domanda di case in affitto a condizioni sostenibili, soprattutto nei grandi centri urbani. La carenza di alloggi disponibili a lungo termine acuisce le difficoltà di accesso all'abitazione per giovani, lavoratori fuori sede e famiglie a reddito medio-basso.

Secondo le analisi condotte dagli enti di ricerca:

  • Il patrimonio delle residenze inutilizzate rappresenta una riserva potenziale per alleggerire la pressione abitativa.
  • Circa l'80% degli intervistati si pronuncia a favore della reimmissione sul mercato delle cosiddette case dormienti per incrementare l'offerta di affitti.
  • Il problema non interessa solo le metropoli, ma anche città di provincia dove, in alcune zone, la presenza di case inutilizzate si accompagna a richiesta di soluzioni abitative a prezzi calmierati.
La distribuzione territoriale non sempre corrisponde tra presenza di domanda e disponibilità di alloggi: molte delle residenze non utilizzate si trovano infatti in aree dove la richiesta è modesta. Tuttavia, una parte significativa rimane ferma anche in quartieri o comuni con domanda in crescita, spesso per motivi legati alla sicurezza legale o a strategie di investimento familiare.

La paura dei proprietari e l'impatto sulle scelte di locazione

La diffusa riluttanza a concedere in affitto le proprietà è alimentata principalmente dalla paura di non riuscire a recuperare l'immobile in caso di morosità. Il sondaggio condotto da Federproprietà e Censis indica che questo timore coinvolge oltre l'82% degli italiani, con pochi scostamenti tra Nord, Centro e Sud. La questione della morosità si riflette sulla scarsa propensione a immettere nel mercato la propria abitazione, soprattutto se si tratta di un bene ereditato o con valore affettivo particolare.

Le principali conseguenze di questa situazione possono essere riassunte come segue:

  • Difficoltà oggettive nell'avvio delle procedure legali: il prolungarsi dei tempi di sfratto, anche in presenza di un titolo esecutivo, spesso scoraggia i locatori.
  • Incertezza economica: teme la perdita di redditività per spese legali e canoni non riscossi.
  • Tendenza agli affitti brevi: la ricerca di maggiore flessibilità e controllo sugli inquilini orienta i proprietari verso forme transitorie di locazione.
La questione della tutela dei diritti dei proprietari è oggetto di proposte specifiche: dall'introduzione di banche dati dedicate agli inquilini morosi fino all'accelerazione delle procedure in caso di controversia. Tuttavia, senza una risposta normativa efficace, il rischio è che questo clima di sfiducia continui a segregare un patrimonio immobiliare ingente, limitando di fatto le possibilità di aumentare l'offerta di case a prezzi accessibili.

La crescita degli affitti brevi come alternativa all'affitto stabile

Negli ultimi anni si è assistito ad un incremento delle locazioni di breve durata, che rappresentano una soluzione preferita da molti proprietari rispetto all'affitto a lungo termine. Questo fenomeno si basa su motivazioni economiche ma anche di gestione e controllo:

  • Il mercato degli affitti brevi è particolarmente florido nelle città a maggiore vocazione turistica e culturale (Roma, Milano, Firenze, Venezia).
  • Secondo i dati del Ministero del Turismo, oltre 691.000 sono le strutture attive in Italia per l'affitto breve, di cui il 71% sono appartamenti privati dati in locazione non imprenditoriale.
  • L'offerta di soluzioni temporanee viene preferita dagli host per la possibilità di cambiare rapidamente il destinatario dell'immobile e ridurre il rischio di inadempienze.
Non si tratta, tuttavia, di una dinamica omogenea: in molti casi, la diffusione di tale modello ha contribuito a ridurre la presenza di immobili disponibili a lungo termine, aggravando la difficoltà di accesso soprattutto nei centri storici e nelle aree a forte attrattività. Esistono poi divergenze di vedute sull'impatto reale di questa tendenza: secondo alcuni esperti, lo spopolamento di certe aree urbane preesisteva al boom degli affitti brevi, che ha semplicemente accelerato una trasformazione già in atto.

Soluzioni proposte: banche dati, procedure di sfratto e incentivi

Di fronte alla crescita delle abitazioni inutilizzate, numerose associazioni e studiosi hanno avanzato proposte concrete per incentivare il ritorno sul mercato delle case oggi ferme. Tra le principali misure discusse si segnalano:

  • Istituzione di una banca dati nazionale degli inquilini morosi: auspicata da associazioni di categoria e condivisa dall'84% della popolazione intervistata. Questa banca dati permetterebbe ai proprietari di valutare più agevolmente i rischi d'inadempienza prima di sottoscrivere un nuovo contratto di locazione.
  • Accelerazione delle procedure di sfratto: il 86,4% dei cittadini auspica tempi più rapidi ed efficaci per il rilascio degli immobili in caso di morosità. Proposals legislative sono in discussione per modificare gli iter processuali spesso estenuanti.
  • Riduzione della complessità burocratica e incentivi alle Case Green: la riqualificazione energetica viene vista come una leva per rendere più attraenti le abitazioni vuote, a patto che i contributi pubblici siano facilmente accessibili (attualmente giudicati troppo complessi dall'83% dei cittadini).
Accanto a queste misure specifiche, sono emerse soluzioni come la semplificazione delle normative sugli affitti e il miglioramento della tracciabilità fiscale delle locazioni. Non mancano posizioni divergenti da parte delle associazioni di proprietari: una parte della rappresentanza di settore sostiene che molte di queste case sono di fatto utilizzate per scopi leciti e non andrebbero considerate ferme.


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