Il fenomeno della chiusura di imprese guidate da giovani in Italia racconta una realtà complessa: ostacoli fiscali, carenza di incentivi e difficoltà contrattuali mettono a rischio l'innovazione e il futuro del tessuto imprenditoriale nazionale.
Il panorama imprenditoriale italiano ha registrato una significativa riduzione delle realtà condotte da under 35 negli ultimi tredici anni. Secondo l’analisi condotta dall’Ufficio Studi Confcommercio, rispetto al 2011 il numero delle aziende guidate da giovani è diminuito di oltre il 30%, ben al di sopra del calo complessivo delle imprese nazionali attestatosi al 4,2%.
Questo fenomeno, che ha portato alla chiusura di circa 193mila imprese di giovani, incide fortemente sulla dinamica economica nazionale.
Diversi fattori concorrono alla riduzione delle imprese guidate da giovani nei principali settori produttivi. Uno degli ostacoli maggiormente segnalati riguarda l’eccessivo carico fiscale, che limita la propensione al rischio e scoraggia lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali. Un sistema di tassazione ritenuto troppo gravoso può erodere i margini di profitto e rendere poco sostenibile l’attività, soprattutto nelle prime fasi di vita dell’impresa.
Accanto a queste dinamiche, sono rilevanti anche criteri di accesso al credito troppo restrittivi: molte giovani realtà incontrano difficoltà nell’ottenere finanziamenti, spesso richiesti per investimenti tecnologici, formazione o nuove assunzioni. La rigidità degli strumenti bancari e la mancanza di storicità finanziaria rendono il percorso ancora più accidentato.
L’ambiente normativo e burocratico rappresenta un ulteriore elemento di criticità. Le procedure amministrative complesse e costose gravano sul dinamismo delle imprese giovani, rallentando la crescita e complicando la gestione quotidiana. In aggiunta, il fenomeno del dumping contrattuale e l’ampia diffusione di contratti pirata privano molte realtà di adeguate garanzie e tutele, distorcendo la concorrenza e indebolendo il tessuto imprenditoriale.
Non secondaria è la questione della formazione e delle competenze: il gap tra domanda e offerta di lavoro si traduce spesso in difficoltà di reperimento di personale qualificato. Secondo studi recenti, il Sud Italia – che concentra la quota maggiore di giovani – soffre più intensamente del fenomeno dei NEET (giovani che non studiano, né lavorano), aggravando la mancanza di ricambio generazionale all’interno delle aziende.
Infine, un contesto economico spesso caratterizzato da scarsa fiducia nei confronti del futuro e la limitata presenza di incentivi specifici strutturati su obiettivi di lungo periodo finiscono per penalizzare ulteriormente l’iniziativa imprenditoriale giovanile, sia nel passaggio generazionale che nella creazione ex novo di nuove realtà.
La perdita di 193mila imprese under 35 in tredici anni non rappresenta solo un aspetto numerico, ma si traduce concretamente in un ridimensionamento delle possibilità di crescita economica e di creazione di nuovi posti di lavoro. Analisi Confcommercio stimano che se la quota di imprese giovanili fosse rimasta invariata rispetto al 2011, il prodotto interno lordo avrebbe potuto beneficiare di un incremento valutato fra i 49 e i 65 miliardi di euro.
Queste realtà risultano strategiche per l’intero sistema Paese, poiché più propense all’assunzione di giovani e alle sperimentazioni tecnologiche rispetto alle imprese di altra fascia d’età. La loro diminuzione comporta:
Le aziende aperte e gestite da giovani rivestono una funzione strategica nella trasformazione del panorama imprenditoriale nazionale. Studi dell’Ufficio Studi Confcommercio sottolineano come queste imprese, grazie a una maggiore predisposizione verso l’investimento in digitale e soluzioni innovative, accelerano la diffusione di nuove tecnologie e abilitano processi di modernizzazione della produzione.
Il fenomeno emerge chiaramente nei settori legati all’economia verde, alla transizione energetica e alle start-up innovative. Giovani imprenditori, più propensi ad adottare strumenti digitali e percorsi di sostenibilità, rappresentano una risorsa essenziale per la competitività complessiva del sistema Italia. La loro presenza garantisce una più alta velocità di crescita rispetto alla media delle imprese tradizionali, supportando la tenuta occupazionale e favorendo l’inclusione lavorativa delle nuove generazioni.
All’interno delle filiere strategiche – come agrifood, farmaceutico, aerospazio e turismo – le imprese giovanili risultano essere tra le più dinamiche nel promuovere partnership, captare nuovi mercati e valorizzare il capitale umano, in particolare nei contesti regionali caratterizzati da elevata presenza di under 35.
Il loro contributo non si limita, dunque, solo alla dimensione economica, ma alimenta anche uno spirito di innovazione sociale e culturale che si diffonde nell’intero sistema Paese.
Per invertire la tendenza negativa nella natalità e nella sopravvivenza delle imprese giovanili, appare necessario implementare un insieme integrato di azioni e strumenti. Di seguito alcune direttrici prioritarie individuabili dalle analisi di settore: