Nonostante le incertezze di mercato, Poste Italiane continua a essere uno dei titoli più stabili e redditizi di Piazza Affari.
Il Ministero dell'Economia sta valutando di cedere un'ulteriore quota di Poste Italiane e rafforzare la privatizzazione dell'azienda, già avviata anni fa con l'ingresso in Borsa. L'obiettivo di questa operazione è duplice: ottenere liquidità per le casse dello Stato e proseguire nel percorso di apertura al mercato di una delle società italiane più solide.
L'operazione può comunque subire ritardi a causa delle recenti turbolenze finanziarie. Il contesto macroeconomico presenta incertezze legate sia all'andamento dei tassi di interesse, sia alle tensioni geopolitiche che influenzano i mercati globali. Il governo può così rivedere i tempi del collocamento e attendere un momento più favorevole per massimizzare l'incasso derivante dalla vendita delle azioni.
L'idea di ridurre la quota pubblica di Poste Italiane non è nuova. Il Tesoro detiene una partecipazione del 29,3%, di cui il 14% potrebbe essere ceduto in Borsa. In base alla capitalizzazione di mercato dell'azienda, che si aggira attorno ai 21 miliardi di euro, la vendita di questa tranche potrebbe garantire un incasso di circa 2,94 miliardi di euro. Approfondiamo alcuni aspetti:
I numeri dell'azienda confermano questa solidità: nel 2023, l'utile netto ha raggiunto i 2 miliardi di euro, con un aumento del 4,1% rispetto all'anno precedente. Dal 2017 a oggi, la crescita media annua dell'utile è stata del 17%, segno di una gestione efficace e di un business model ben strutturato.
A rendere Poste Italiane ancora più interessante per gli investitori è la strategia di remunerazione degli azionisti. Il dividendo distribuito dal gruppo è tra i più generosi sul mercato e, secondo le previsioni degli analisti, potrebbe crescere ancora. Nel 2026, la società potrebbe offrire un rendimento da dividendi pari all'8%, un valore appetibile per chi cerca investimenti stabili e profittevoli nel medio-lungo periodo.
Poste Italiane sta ampliando il proprio perimetro di attività con acquisizioni strategiche. Tra le operazioni spicca l'acquisizione di una quota del 9,8% di Telecom Italia. L'investimento in Tim può aprire nuove opportunità di business nel settore delle telecomunicazioni, ma impone una valutazione sui possibili rischi finanziari e regolatori.
Se l'operazione di collocamento in Borsa offre un'opportunità di investimento occorre valutare alcuni fattori di rischio. Uno dei principali aspetti da considerare è l'esposizione di Poste Italiane ai titoli di Stato italiani. La società detiene circa 133 miliardi di euro in obbligazioni sovrane, un elemento che la rende sensibile alle fluttuazioni dello spread e alle decisioni di politica monetaria della BCE. Un aumento dei rendimenti obbligazionari ridurrebbe il valore del portafoglio titoli della società.
Un altro tema su cui gli esperti invitano alla prudenza riguarda il peso della politica nelle strategie dell'azienda. Poste Italiane, essendo ancora controllata dallo Stato, può subire influenze nelle decisioni strategiche, soprattutto in vista di altre privatizzazioni. L'ingresso nella compagine azionaria di Tim è stato ad esempio interpretato da alcuni osservatori come una scelta più politica che industriale, finalizzata a garantire una presenza italiana più forte nel settore delle telecomunicazioni.
Infine, alcuni analisti ritengono che il valore attuale del titolo rifletta già in larga parte i miglioramenti della performance aziendale. Per questo motivo, diverse banche d'affari, tra cui Barclays, suggeriscono un atteggiamento di cautela nell'aumentare l'esposizione sul titolo, nonostante il suo profilo solido e redditizio.