La stagione sciistica 2025-2026 parte tra dubbi e aspettative: la scarsa neve mette in crisi le località alpine, tra soluzioni d'emergenza, difficoltà operative e attese per un possibile cambio meteo imminente.
Le passioni e le aspettative degli appassionati di sport invernali sono, come ogni anno, concentrate sulle montagne italiane. Tuttavia, il 2025 si sta rivelando una stagione dai contorni incerti: l’assenza di precipitazioni nevose significative nelle aree alpine ed appenniniche sta generando preoccupazione tra gestori, turisti e comunità locali. Mentre molte località monitorano costantemente le condizioni meteorologiche, i dati sulle temperature record e le piogge anziché nevicate sono diventati protagonisti di questa fase di attesa. Il clima di questi giorni suggerisce una svolta imminente secondo alcuni esperti, ma fino ad oggi le nevicate persistono come un miraggio sulle cime più basse e persino su alcune quote elevate.
Nelle aree alpine, la persistente carenza di neve ha effetti concreti e diffusi sull’inizio della stagione. In molte stazioni, la data di apertura degli impianti è stata spostata più avanti, mentre le società di gestione si dichiarano subordinate alle future perturbazioni che possano cambiare rapidamente la situazione. Località rinomate come Airolo-Pesciüm, Carì e Campo Blenio hanno adottato soluzioni di emergenza o rimandato le aperture, evidenziando come le temperature troppo elevate impediscano persino l’utilizzo dell’innevamento artificiale. La situazione risulta analoga anche nelle Dolomiti e sulle piste del Terminillo, dove le prime nevicate di fine novembre sono state vanificate dalle piogge e dagli sbalzi termici.
Le conseguenze ricadono a cascata su tutti i soggetti coinvolti: dai lavoratori stagionali agli operatori turistici, dagli albergatori ai ristoratori. Le aziende di gestione delle seggiovie e degli impianti di risalita lamentano perdite economiche, oltre a una crescita dell’incertezza tra i visitatori che programmano le vacanze sulla neve. L’attuale situazione coinvolge anche numerosi territori, dal Ticino al Trentino, fino alla Marmolada, accomunati dalla difficoltà di assicurare il servizio completo di tutte le piste.
I più penalizzati sono, inoltre, i piccoli centri sciistici che, senza la garanzia di precipitazioni sufficienti, rischiano di ridurre drasticamente il periodo d’esercizio, con pesanti ripercussioni sull’economia locale e sull’occupazione stagionale. Tra i gestori emerge una crescente consapevolezza sull’urgenza di adottare nuovi modelli di gestione della risorsa neve e diversificare le offerte invernali per limitare i danni provocati dalla variabilità climatica.
Di fronte alle difficoltà, gli operatori si stanno attrezzando per garantire almeno una parziale attività. Alcune stazioni, come evidenziato dall’esperienza di Campo Blenio, hanno scelto di aprire soltanto il tappeto mobile, limitando i servizi per evitare sprechi e garantire la sicurezza. Simili approcci sono adottati da altri comprensori, che rimandano l’apertura delle piste principali e tengono sotto osservazione l’evolversi delle temperature e delle previsioni.
La questione dei prezzi è stata affrontata con sensibilità: la maggior parte delle località ha optato per il mantenimento delle tariffe degli scorsi anni, cercando di non gravare ulteriormente sui clienti. In alcuni casi, come ad Airolo, si è deciso di ricorrere a sistemi di prezzo dinamico con rialzi minimi per compensare almeno in parte i mancati incassi causati dai ritardi.
Al fine di assicurare la sopravvivenza del settore, l’investimento nella tecnologia e nell’innovazione è diventato un fattore chiave. Alcuni impianti stanno accelerando i progetti per la realizzazione di centrali fotovoltaiche e sistemi di innevamento più efficienti dal punto di vista energetico, come nel caso di Bosco Gurin, dove l’installazione di un impianto solare promette una riduzione significativa dei costi di produzione della neve. Questi interventi sono visti come passi concreti per conservare la competitività delle località italiane in un contesto di cambiamento climatico che impone nuove sfide operative ed economiche.
Negli ultimi anni, l’innevamento artificiale è tradizionalmente considerato una contromisura efficace ai periodi senza precipitazioni naturali. Tuttavia, la stagione attuale mette in evidenza i limiti tecnici ed economici di questa soluzione. Le temperature hanno spesso superato il valore soglia per l’attivazione dei cannoni da neve, rendendo impossibile mantenere una copertura adeguata delle piste, specialmente nelle ore notturne quando ci si attende contrasto termico utile alla produzione.
Sul Bondone, ad esempio, si è ricorso addirittura all’elicottero per trasportare neve artificiale da altre aree, provvedimento che ha scatenato reazioni sia a livello ambientale sia politico, sollevando interrogativi circa l’opportunità di queste soluzioni di emergenza. A ciò si aggiunge il costo energetico crescente, che pesa sulle gestioni e talvolta costringe a decisioni di chiusura temporanea per razionalizzare le risorse.
Le principali difficoltà si possono così sintetizzare:
Le difficoltà meteoclimatiche degli ultimi giorni stanno generando effetti visibili anche per gli utenti finali: i turisti. Nei grandi comprensori dolomitici come Arabba-Marmolada, la chiusura di piste a causa di neve insufficiente costringe centinaia di sciatori ad affollare gli impianti e le funivie anche per le discese, creando lunghissime attese fino a un’ora e suscitando proteste sui social e richieste di rimborso.
Sulla base delle segnalazioni dei visitatori, le principali problematiche riscontrate nei comprensori alpini sono:
Un altro fenomeno caratteristico del periodo è l’inversione termica, registrata in più stazioni nell’arco alpino e appenninico: in alcune notti, si verifica che la temperatura sia più bassa in pianura o in fondovalle che in quota. Questo scenario viene confermato da rilevamenti come quello di Punta Rocca (oltre 3.200 metri), dove si sono riscontrati valori sopra lo zero anche mentre altrove si registravano punte minime.
Secondo gli esperti meteorologi e le società impiantistiche, la speranza di una svolta è riposta nelle perturbazioni previste tra la seconda metà di dicembre e l’inizio del nuovo anno che potrebbero finalmente riportare la neve a quote significative. Sono attesi abbassamenti dello zero termico che dovrebbero facilitare l’attivazione degli impianti di innevamento e consentire la messa a punto delle piste per il periodo clou delle festività, in particolare le settimane dell’Epifania.
Nonostante l’ottimismo moderato, gli stessi operatori raccomandano prudenza nell’annunciare l’avvio della piena stagione: la situazione rimane delicata e i cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno più volte smentito le previsioni a breve termine. La capacità di adattamento e reazione in tempo reale si conferma un requisito essenziale sia per gli addetti ai lavori sia per utenti e viaggiatori in cerca di esperienze sicure e soddisfacenti sulla neve.